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 2020  gennaio 04 Sabato calendario

IL VIZIETTO DEI PRESIDENTI USA: BOMBARDARE PRIMA DELLE ELEZIONI – TRUMP, CHE AVEVA PROMESSO IL DISIMPEGNO AMERICANO, ORA PUNTA SUL PATRIOTTISMO PER RICOMPATTARE L’ELETTORATO CONSERVATORE E ANDARE SICURO VERSO LA RIELEZIONE. ANCHE PERCHÉ I SUOI AVVERSARI FANNO I PACIFISTI MANCO SOLEIMANI FOSSE UN SINCERO DEMOCRATICO - IL PRECEDENTE: NEL 1998 BILL CLINTON FECE PIOVERE BOMBE CONTRO L’IRAQ DI SADDAM HUSSEIN PRIMA DEL DIBATTITO SULL’IMPEACHMENT, CHE FU RINVIATO… – VIDEO -

Né George Bush né Barack Obama si erano sognati di uccidere Qassem Soleimani. Il timore che l' esecuzione dell' eroe dell' Iran militarista e integralista potesse portare a una vera e propria guerra con Teheran fermò sia il presidente della guerra afghana e irachena, sia quello della guerra siriana. Che a troncare la vita di Soleimani, e con lui quella del generale iracheno Abu Mahdi al-Mihandis, sia stato proprio Donald Trump, che da civile aveva condannato sia Bush che Obama per le loro «eterne guerre», non deve però stupire più di tanto.

Trump, che aveva promesso di governare da «colomba», scopre pian piano quanto invece gli può tornare utile agire da falco, soprattutto in un anno elettorale, e quando il processo di impeachment sta per inaugurarsi al Senato.

L' ANELITO PATRIOTTICO L' attacco contro il sanguinario Machiavelli del Medio Oriente ha infatti le carte in regola per suscitare nel pubblico americano un anelito patriottico, e possibilmente contribuire a produrre per il suo autore una vittoria elettorale il prossimo novembre. Donald Trump come George Bush, dunque, bandiera in mano, Patria sulle labbra, e migliaia di soldati (almeno 3.500) che partono alla volta del Medio Oriente.

Gli Stati Uniti hanno anche preallertato le loro truppe di stanza a Vicenza: potrebbero essere dispiegate in Libano a difesa dell' ambasciata Usa a Beirut dai 130 a oltre 700 militari. Eppure Donald insiste: «Non voglio la guerra. Voglio la pace». Lo ha detto poche ore dopo aver dato il via all' attacco contro Soleimani. Ma se non vuole la guerra, forse Trump crede davvero ai consigli del genero Jared Kushner, il quale è convinto che per riportare l' Iran al tavolo dei negoziati bisogna «stritolarlo».

E stritolare è effettivamente quello che Trump ha tentato di fare con Teheran sin dal sua insediamento, quando ha gettato alle ortiche il trattato faticosamente negoziato da Barack Obama e i leader di cinque altre nazioni con l' Iran perché questi rinunciasse alla corsa al nucleare. Ritiratosi dal trattato, e alla ricerca di un «un nuovo accordo più forte», Trump ha continuato ad agire da solo, imponendo severissime sanzioni economiche contro il Paese degli ayatollah, con l' effetto di metterlo in ginocchio economicamente e generare proteste nelle strade. La sua politica della «massima pressione» è dunque andata facendosi sempre più severa.

I DUBBI A WASHINGTON Ma se molti sono d' accordo che sia stato giusto uccidere «l' uomo più malefico del Medio Oriente», come Soleimani era soprannominato, è anche forte la sensazione che l' atto non sia stato condotto nel modo migliore e che difficilmente porterà a nuovi negoziati. Ancor più forte è il dubbio che il presidente abbia in mente una chiara strategia di lungo termine: «Uccidere Soleimani è un atto moralmente giustificato ha commentato l' analista repubblicano Max Boot, già consigliere di George Bush -, ma dove vuole arrivare il presidente? Ha deciso quale sarà il prossimo passo? Quale impatto strategico di lunga durata sta cercando?» D' altronde Trump al solito ha operato segretamente: non ha informato gli alleati, non ha informato i membri del Congresso, e ha colto tutti di sorpresa.

I repubblicani difendono comunque il suo operato, contenti che un acerrimo nemico di Israele e degli Usa sia stato eliminato. I democratici stessi sono soddisfatti della fine di Soleimani, ma protestano per la tendenza autocrate di Trump di procedere fingendo che il Congresso non esista.

Non ci sono dubbi: con la clamorosa missione militare e con l' invio di altre migliaia di soldati in Kuwait, Trump ha voluto spostato il discorso politico su temi in cui il Paese tende a unirsi patriotticamente.

Quanto durerà questo anelito rimane però un mistero. C' è già chi ricorda il film Wag the dog, in cui un presidente in difficoltà lancia una finta guerra per distrarre l' opinione pubblica. E c' è chi ricorda come Bill Clinton bombardò l' Iraq di Saddam Hussein nel dicembre del 1998, alla vigilia dell' inizio del dibattito alla Camera sul suo impeachment. Difficile peraltro non ricordare che a giorni dovrebbe inaugurarsi al Senato il processo vero e proprio contro Trump, dopo che la Camera ha spiccato contro di lui due mandati di accusa per abuso di potere e ostacolo del Congresso sulla faccenda dell' Ucraina.