il Giornale, 4 gennaio 2020
L’incredibile storia del «Mozart nero»
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Non era raro che nelle Antille del XVII secolo, colonia francese, i padroni si unissero (più o meno ufficialmente) con le schiave: quello di Guadalupe fu un caso emblematico tanto che nel 1738 si chiese a Versailles di mettere fine alle relazioni tra i coloni bianchi e le donne di colore indigene. La storia che stiamo per raccontare, seguendo le orme di un libro eccezionale appena pubblicato, parte proprio da Guadalupe quando dalla relazione tra Georges de Bologne Saint-Georges e l’isolana Anne Nanon nacque Joseph Bologne Chevalier de Saint-Georges, figura la cui biografia ha davvero dell’incredibile: spadaccino, colonnello, violinista e compositore. A portarla alla luce, per la prima volta in Italia, è Luca Quinti in Il Mozart nero (Diastema, pagg. 276, euro 20).
Abile cavaliere sin dall’età di sette anni, il piccolo Joseph approdò in Francia in seguito a una vicenda legale che coinvolse il padre accusato di omicidio e condannato in contumacia. A Parigi, quale nero libero, Joseph venne introdotto nell’Académie Royale technologique d’escrime et d’équitation divenendo uno dei più abili schermidori, poi scudiero e gendarme della guardia: «Venne ritenuto l’uomo da battere da ogni aspirante spadaccino», spiega Quinti ricordando le parole del miglior fiorettista italiano dell’epoca Giuseppe Gianfaldoni: «Non posso credere che esista uno spadaccino pari a lui».
Ma Joseph Bologne Chevalier de Saint-Georges, come dicevamo, fu molto altro: fu il Mozart nero, il primo compositore di colore nella storia della musica occidentale. Quinti ci spiega al suo approdo a Parigi, Saint-Georges era già in grado di suonare e l’incontro con il violinista François-Joseph Gossec gli permise di introdursi nei fastosi salotti musicali della Parigi del ’700. Non solo, Gossec arruolò Saint-Georges nella sua orchestra come violino di fila divenendo rapidamente primo violino e direttore: «Puntò ad elevare il livello tecnico aumentando considerevolmente il numero delle prove» ed «ebbe la possibilità di presentare alcune sue composizioni».
Il libro di Quinti è davvero una miniera inesauribile di aneddoti riguardanti la biografia di questo Carneade della musica. Nel 1774, Saint-Georges fu contattato da Pierre Choderlos de Laclos, autore assai in voga per Les liaisons dangereuses, con il compito di musicare l’Ernestina dell’ex attrice Marie Jeanne Riccoboni. L’opera venne clamorosamente stroncata, ma il «Mozart nero» si rituffò nella musica strumentale dedicandosi, contemporaneamente a Mozart (quello «bianco»), nella composizione di sinfonie concertanti. Saint-Georges e Mozart, dunque, eseguirono contemporaneamente le loro sinfonie concertanti: ci fu competizione tra i due? Quinti non si sbilancia, ma è certo che si frequentarono durante il soggiorno parigino di Mozart: «Vissero sotto lo stesso tetto. È probabile che i due abbiano avuto occasione di conoscersi e ascoltarsi a vicenda, dato che si esibivano in serate alterne presso la sede del Concert Spirituel». Tornò poi ancora all’opera con La Chasse e L’Amant anonyme, ma in seguito alla chiusura dell’attività della sua orchestra, al «Mozart nero» non restò che dedicarsi alla musica in un’altra sua «casa», la massoneria, della quale faceva parte dal 1780. Dopo una parentesi militare di corte a Londra al servizio di Luigi Filippo, Saint-Georges torna in Francia e all’attività musicale con la sua quarta opera, La Fille Garçon, e a un’opera per bambini (Le Marchand de marron), ma imperversava la rivoluzione francese: nel 1791 fu nominato comandante di una compagnia della guardia nazionale venendo poi promosso al grado di colonnello di una legione composta da mille uomini di colore. Nel 1793 venne temporaneamente arrestato e imprigionato per i suoi legami con l’aristocrazia francese e la casata Orleans. Ma la Francia post-rivoluzionaria aveva in serbo per il «Mozart nero» solo una fine indigente: tornò a fare musica con i vecchi colleghi musicisti sopravvissuti al Terrore, ma in condizioni di povertà trascurò un’ulcera alla vescica che lo uccise nel 1799.
Il libro di Quinti è davvero una rivelazione, dalla prima all’ultima pagina. Benché dimenticato dopo la sua morte, la musica di Saint-Georges fu conosciuta e citata nientemeno che da Mozart e Beethoven. Ha proprio ragione il violinista Domenico Nordio che, nella prefazione del libro, definisce il «Mozart nero» come «uno di quei tanti artisti di valore che avrebbero avuto il merito di essere ricordati, ma che la storia la scelto di dimenticare».