Avvenire, 4 gennaio 2020
Svizzera, pagare chi lavora mentre va al lavoro
Quando inizia davvero la giornata di lavoro? Un tempo non così remoto rispondere era facile: quando si entra in fabbrica o in ufficio. O, più precisamente, quando si timbra il cartellino. Da tempo però questa non è più la quotidianità lavorativa della maggioranza della popolazione, che l’ufficio ce l’ha in tasca (nello smartphone) o nello zaino (nel computer portatile) e quindi può lavorare da dovunque e in qualsiasi momento. Il che può essere una sciagura o una fortuna, a seconda di quella che potremmo definire la qualità umana delle persone con cui si lavora. Per i dipendenti pubblici federali svizzeri è certamente una fortuna, che si aggiunge a una condizione lavorativa resa già di per sé più che invidiabile da stipendi che, secondo le tabelle 2020, partono da un minimo di 4.864 franchi lordi al mese (circa 4.500 euro) che diventano quasi 10mila per i salari di fascia “media” e sono accompagnati da diverse indennità, compresa quella da 373 euro al mese per il primo figlio e 241 per ognuno dei successivi. Da quest’anno lo statale svizzero può anche chiedere di essere pagato per lavorare mentre viaggia verso l’ufficio. Una modifica della “Direttiva sulle Forme di lavoro mobile nell’Amministrazione federale” prevede infatti il «riconoscimento del tempo di tragitto come tempo di lavoro», chiarendo che «se il compito, la durata e le condizioni del viaggio rendono possibile l’adempimento del lavoro durante il tragitto, è possibile autorizzare le ore di lavoro compiute, le quali sono da conteggiare integralmente».
Questa possibilità può essere concordata tra l’ufficio federale e il dipendente e si aggiunge alle altre proposte di smart working già disponibili per lo statale svizzero. Anche l’Italia dal 2018 ha reso possibile il “lavoro agile” nella Pubblica Amministrazione ma solo l’8% degli enti pubblici lo sta sperimentando.
Mentre appena al di là dei nostri confini introducono il pagamento del «lavoro mentre si va al lavoro», noi siamo ancora tristemente alle prese con i periodici arresti dei “furbetti del cartellino”. Pochi chilometri sembrano separare due mondi del lavoro che sembrano vivere in ére (almeno legislative) diverse.