Il Sole 24 Ore, 4 gennaio 2020
Il ricco impero dei Pasdaran iraniani
Sono quasi uno Stato nello Stato. Il Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica, o Pasdaran – della cui squadra di élite il generale Qasem Soleimani ucciso ieri era il comandante – è un’organizzazione paramilitare dal potere sempre più ampio, alimentato anche dal controllo di un vasto impero economico.
Spesso considerati custodi di un’ortodossia religiosa e di una cultura sociale che guarda al passato, i Pasdaran sono in realtà fautori di una modernizzazione autoritaria, che passa anche attraverso lo sviluppo dell’attività economica.
Alcuni calcoli – risalenti in realtà a qualche anno fa – indicano che da un decimo a un terzo dell’economia iraniana è nelle mani dei Pasdaran, direttamente o attraverso società controllate. È un impero costruito lentamente, attraverso la rete di veterani, chiamati a gestire – tra l’altro – i patrimoni di coloro che sono fuggiti dal Paese dopo la rivoluzione e la caduta del presidente Abolhassan Banisadr; e alimentato da ricche commesse pubbliche.
Informazioni precise mancano. Anche perché la rete controllata dai Pasdaran è in buona parte informale e in buona parte fa capo, in ultima istanza, ai singoli leader. Al gruppo paramilitare sono riconducibili in ogni caso holding attive in tutti i comparti dell’economia: nel settore tradizionale delle costruzioni e delle infrastrutture, ma anche in comparti strategici sul piano militare: nelle telecomunicazioni – ma la partecipazione nella Tci, la compagnia telefonica, è stata recentemente ceduta – nella gestione di porti e aeroporti cruciali per il commercio internazionale, nei cantieri navali (attraverso la Sadra), nell’automotive (attraverso la Bahman, che costruisce su licenze Mazda e ha recentemente stretto accordi con la Cina).
La più importante controllata è la Ghorb – il cui nome ufficiale è Khatam-al-Anbiya o Sigillo del profeta – un conglomerato attivo in molti settori, tra i quali quello petrolifero, per il quale ha ricevuto appalti miliardari (in dollari) dal ministero del Petrolio. Non mancano, tra le numerosissime aziende direttamente o indirettamente detenute dal gruppo paramilitare, imprese del settore militare, probabilmente attive anche nel settore missilistico e in quello nucleare. Non manca una ricca attività di carattere sociale, che aumenta influenza e consensi per le Guardie rivoluzionarie.
Il controllo di porti e aeroporti ha reso i Pasdaran particolarmente attivi, secondo alcune fonti, nel contrabbando di cui deterrebbero il monopolio, soprattutto nel commercio di droghe, alcol, sigarette e persino antenne paraboliche satellitari; oltre ovviamente al petrolio.
Le sanzioni di Trump, decise nel 2017 e sostenute da un voto bipartisan, sono state quindi molto criticate proprio perché creano il rischio di alimentare i ricavi illeciti dei pasdaran. Gli stessi canali usati dalle Guardie rivoluzionarie per il contrabbando sono stati utili per finanziare la “politica estera” parallela dell’organizzazione paramilitare, che sostiene gruppi terroristici o comunque eversivi in Iraq, e Yemen, e il regime di Assad in Siria.
La grande espansione del potere economico dei Pasdaran è avvenuta soprattutto durante la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad, e ha generato qualche tensione all’interno del Paese, con evidenti rischi di frizioni e divisioni politiche e sociali. Il potere enorme e crescente delle guardie rivoluzionarie ha spinto il presidente Hassan Rouhani a parlare delle Guardie rivoluzionarie come di un «governo armato», che «spaventa» il settore pubblico. Il governo in carica ha quindi cercato di contrastare il contrabbando e Rouhani nel 2018 è stato affiancato persino dall’ayatollah Ali Khamenei, ex leader delle Guardie, nella richiesta a tutte le forze armate del Paese, compresi i Pasdaran, di vendere le partecipazioni in attività economiche. La cessione di Tci sarebbe stata conseguenza diretta di questo invito. Secondo il giornale americano Iran Times, però, la quota potrebbe essere stata ceduta ad alcuni generali delle Guardie rivoluzionarie.