La Stampa, 4 gennaio 2020
La decisione sul caso Gregoretti si gioca su un paio di voti
C’era un «interesse pubblico evidente» e «della vicenda si è occupato il governo in modo collegiale», esattamente come accadde con la nave Diciotti. Matteo Salvini si difende così, nella memoria presentata alla giunta per le elezioni del Senato, dall’accusa di sequestro di persona mossa nei suoi confronti dal tribunale dei ministri di Catania. La vicenda riguarda il divieto di sbarco imposto la scorsa estate dall’ex ministro ai migranti a bordo della nave Gregoretti. Il richiamo alla vicenda della Diciotti è velenoso, perché di fatto rappresenta un atto di accusa al premier Giuseppe Conte e al leader M5s Luigi Di Maio che difesero Salvini lo scorso inverno e che invece adesso lo scaricano. Il tentativo di Salvini è quello di sfruttare le fibrillazioni che scuotono i 5 stelle in questi giorni, perché la battaglia al Senato sarà veramente sul filo del rasoio.
Sarà l’aula di palazzo Madama a decidere se il leader leghista deve essere processato o no, ma il primo passaggio è il voto in Giunta per le elezioni, in teoria previsto per il 20 gennaio, e in quell’organismo tutto si deciderà per uno o due voti. Sarà decisivo l’atteggiamento dei renziani e la compattezza dei 5 stelle. Salvini infatti può contare, allo stato, su dieci voti certi e per spuntarla gliene servirebbero dodici.
L’ex ministro ha dalla sua i commissari di Lega, Forza Italia e Fdi - appunto, dieci senatori in tutto - mentre la maggioranza per ora dovrebbe essere a nove voti (sei di M5s, uno del Pd, uno di Leu e l’ex 5 stelle Gregorio De Falco). Il problema è che Italia Viva ancora non ha chiarito come voterà, la linea ufficiale è «dobbiamo prima leggere le carte». Ma è soprattutto la tenuta dei 5 stelle a preoccupare la maggioranza.
Lo smarcamento dei renziani, in realtà, viene considerato poco probabile dagli alleati di governo. Giuseppe Cucca, Iv, vice-presidente della Giunta, spiega: «Personalmente deciderò in base alle carte, che non ho avuto ancora tempo di leggere». Certo, ammette, «dalla relazione dei magistrati non mi pare ci siano molte cose diverse rispetto alla Diciotti...». E sulla Diciotti i tre senatori di Iv (che allora erano nel Pd) votarono a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini. Un altro dirigente renziano ammette: «L’analogia con la Diciotti è evidente, e per coerenza non potremo votare in modo diverso...».
Al contrario, il voto del senatore Michele Giarrusso è considerato a rischio. Lui continua a ripetere che deve prima «leggere le carte» e sono in molti, in casa Pd, a temere che alla fine possa votare a favore di Salvini. Inoltre, non è ancora chiaro cosa sceglierà di fare il senatore Meinhard Durnwalder, Svp, che nel caso della Diciotti votò a favore di Salvini. Anche lui per ora si limita a dire che deve «leggere le carte», ma se dovesse confermare il voto dello scorso anno, basterebbe un solo "dissidente" 5 stelle perché la Giunta decida in modo favorevole al leader della Lega.
Per questo Salvini prova a giocarla sul piano della «coerenza» rispetto all’anno scorso. L’ex ministro nella memoria spiega: «Risulta evidente che, secondo una prassi consolidata, della vicenda si è occupato il governo in modo collegiale, al fine di investire gli Stati membri dell’Ue della questione della distribuzione dei migranti salvati dalla nave Gregoretti». Intanto, nel Pd qualcuno parla di spostare il voto della Giunta a febbraio, ma il presidente Maurizio Gasparri è contrario: «Se vogliono andare contro il regolamento lo dicano».