la Repubblica, 4 gennaio 2020
Fa più caldo, le stazioni sciistiche salgono di quota
Salire sempre più in alto per sfuggire al riscaldamento globale. Le stazioni sciistiche corrono ai ripari e progettano nuovi impianti oltre i 2.000 metri. Suscitando la reazione negativa degli ambientalisti. Una battaglia che sembra solo agli inizi e che riguarda da vicino anche l’Italia e il versante est delle Alpi.Uno dei progetti che fa discutere è quello di Orelle, importante località nell’area a cavallo tra la valle della Maurienne e quelle del comprensorio delle 3 Vallées, il più vasto del mondo. Le Monde racconta di un progetto per portare gli impianti e gli sciatori a 2.600 metri con un piano di trasformazione che si estende per 85 ettari in un’area oggi incontaminata. Un progetto simile sta per essere discusso nella valle del Moncenisio, poco oltre il colle sopra Susa. Anche qui si ipotizzano impianti a 2.500 metri.
Il motivo di questa autentica fuga verso l’alto è ben spiegato da diversi articoli scientifici usciti negli ultimi anni sulle conseguenze del riscaldamento globale sulle Alpi. Li sintetizza in una pubblicazione Christoph Marty dell’Istituto di ricerca sulla neve e le valanghe di Davos, in Svizzera. Già oggi molte delle località sciistiche degli anni Sessanta e Settanta sono fuori gioco. Il criterio è preciso: si considerano località invernali a rischio, dove cioè la stagione potrebbe andare in fumo per mancanza di piste aperte, quelle in cui non si raggiungono i 30 centimetri di neve al suolo per almeno 100 giorni. Oggi, seguendo quel criterio, il limite di sopravvivenza delle stazioni sciistiche è a 1.300 metri sulle Alpi austriache e svizzere. È di 1.200 metri sull’arco alpino che fa da confine tra Italia e Francia nella sua parte a Nord. Sale già oggi a 2.000 metri sull’arco alpino tra Italia e Francia più vicino al mare.
Dietro ciascuna di queste cifre ci sono effetti economici consistenti. Nessun fondo di investimento decide già oggi di puntare su località che sono al di sotto di questi limiti di altezza. Nei fatti condannando al progressivo decadimento le stazioni escluse dall’area di neve certa.
Nei prossimi decenni il riscaldamento globale potrebbe creare danni ben maggiori all’economia bianca. Perché per ogni grado di aumento della temperatura media il numero delle nevicate è destinato a ridursi di un terzo e il livello di sopravvivenza dei comprensori sciistici sale di conseguenza di 150 metri. «Lo scenario peggiore – osserva Valentina Acordon della Società Meteorologica italiana – prevede che entro il 2100 la temperatura media possa salire di 4 gradi». Questo significa che il limite di sopravvivenza delle stagioni si alzerebbe di 600 metri rispetto a quello di oggi. Sulle Alpi svizzere e austriache arriverebbe a 1.900 metri, sulla parte a nord dell’arco di confine tra Italia e Francia il limite sarebbe a 1.800 metri, escludendo moltissime località. Sulle Alpi più vicine al Mediterraneo la linea di sopravvivenza salirebbe addirittura a 2.600 metri.
In un primo tempo, quando le nevicate hanno cominciato a diradarsi, molte località sciistiche hanno tentato di correre ai ripari utilizzando i cannoni dell’innevamento artificiale. Soluzione che per un certo periodo è riuscita a limitare i danni. Ma ora anche quella strada ha dimostrato di essere un’illusione. I cannoni della neve artificiale funzionano solo quando la temperatura esterna è molto bassa. Ma non di rado il riscaldamento globale porta, anche d’inverno, lo zero termico sopra i 2.000 metri. Per questo la fuga verso l’alto sembra diventata l’unica soluzione. In una intervista al GuardianOlivier Simonin, direttore di un albergo in Val d’Isere, prevede che nel 2050 «il trenta per cento delle entrate del nostro resort deriverà da attività non direttamente legate allo sci». Si studia il modo di far divertire i turisti con altri sport. Ma basterà? Probabilmente no. Lo sci sarà comunque il perno di un’economia che ogni anno attira sull’arco alpino circa 120 milioni di turisti e che ospita il 35 per cento degli alberghi per sciatori in tutto il mondo. Un giro d’affari notevole. Prima di alzare bandiera bianca e rinunciare agli introiti e ai posti di lavoro, meglio provare a emigrare verso le alte cime.