Corriere della Sera, 4 gennaio 2020
Samantha May Kerr, la calciatrice più pagata
Molto più a Nord di Ibrahimovic, nel campionato semi-professionistico femminile che condivide lo sponsor banchiere con i maschi (Barclays) e nella squadra che per prima in Inghilterra ha creduto nel calcio delle ragazze (il totem John Terry salvò il club dal fallimento e tutt’oggi ne è proprietario), Samantha May Kerr detta Sam, nata in un sobborgo di Perth da un papà indiano di Calcutta e una mamma australiana, omosessuale dichiarata e bomber di razza, è il colpo di mercato della FA Super League.
Il Chelsea di Emma Hayes, la manager che nell’estate del Mondiale in Francia ci ha intrattenuti con idee dirompenti dalle colonne del Guardian (tipo rimpicciolire le porte), spenderà per la fuoriclasse 600 mila dollari a stagione per due anni e mezzo, con possibilità di arrivare a 2 milioni grazie ai bonus. Kerr, che debutterà domani in casa contro il Reading al Kingsmeadow di Kingston Upon Thames, fuori Londra (4.500 posti sold out), diventa quindi la calciatrice più pagata del pianeta, totalmente fuori mercato per la Juventus Women che con la riforma della Champions appena varata dalla Uefa di Ceferin (e soprattutto Uva) – formula allargata a 16 squadre divise in quattro gironi dalla stagione 2021-22 – aveva pensato all’attaccante delle Matildas per tentare il salto di qualità in Europa.
Proveniente dalle Red Stars di Chicago (dove gioca la fidanzata centrocampista Nikki Stanton), 34 reti in 40 presenze, bomber più prolifica del campionato statunitense, rivalutata dal Mondiale a dispetto della sconfitta con l’Italia e dell’eliminazione negli ottavi con la Norvegia, a 26 anni Sam è l’attaccante moderna perfetta per il calcio fisico e veloce di una Premier femminile dominata dal terzetto di testa racchiuso in un fazzoletto di punti: Arsenal (27), Manchester City (24), Chelsea (23). La storia di Kerr, così precoce (esordio a 15 anni nel Perth Glory, a 17 regina della Coppa d’Asia con l’Australia, down under ben più celebre dei colleghi Viduka e Cahill) e così forte (il Guardian l’ha votata miglior giocatrice del mondo davanti alla stella inglese del Lione Lucy Bronze, alle superstar americane Rapinoe e Morgan e alle strapagate francesi Henry e Renard), più talentuosa del Pallone d’oro Ada Hegerberg e più potente del gioiellino olandese Vivianne Miedema, sottolinea la voglia di centralità del calcio femminile europeo, una volta buen retiro invernale delle campionesse d’oltre Oceano, e il divario – ancora abissale – con le dilettanti della serie A italiana zavorrate dai limiti salariali (tetto di 30 mila euro a stagione) e dall’assenza di tutele contrattuali e contributi pensionistici, limiti che rendono il nostro campionato poco appetibile per le straniere, come dimostra il ritorno in Inghilterra di Eniola Aluko. La prima e unica italiana (Cristiana Girelli dov’è?) nella classifica delle top-100 all star del Guardian, solo 53esima, è Barbara Bonansea, attaccante della Juventus e della Nazionale, una doppietta proprio contro l’Australia di Sam Kerr nel debutto dell’Italia al Mondiale dopo vent’anni di dolorosissima assenza.
L’Italia viaggia con un ritardo di quattro lustri sul resto del mondo: i quarti al Mondiale restano il miracolo sportivo del 2019. Ma il professionismo, tappa obbligata, da noi è ancora un debole traversone che si perde sul fondo.