Fulvio Abbate per Dagospia, 3 gennaio 2020
TOLO TOLO, CACCHIO CACCHIO - "PERCHÉ MAI ZALONE HA SCELTO DI ANDARE IN AFRICA AL POSTO DI VELTRONI?" - FULVIO ABBATE LO FA A PEZZI: ''UN FILM MODESTO, CHE NON FA RIDERE, MA SOPRATTUTTO SCRITTO IN MODO APPROSSIMATIVO, DA DILETTANTE GIÀ SBARAGLIATO DAL RICATTO MORALISTICO, UN PATETICO CALENDARIO MISSIONARIO CON I "NEGRETTI" IN LACRIME, ORINANDO SUL POLITICAMENTE CORRETTO…" - IL CAMEO DI VENDOLA - ''PERCHÉ ZALONE HA VOLUTO FARSI COSÌ MALE? - VIDEO -
Perché mai Checco Zalone ha scelto di andare in Africa al posto di Veltroni? Realizzando laggiù un film modesto, ma soprattutto scritto in modo approssimativo, da dilettante già sbaragliato dal ricatto moralistico? “Tolo Tolo” assomiglia infatti, almeno ai miei occhi, a un patetico calendario missionario, tempestato, mese dopo mese, dagli scatti delle orfanelle dai grandi occhi imploranti, sì, con i “negretti” in lacrime, cose da tenere in cucina, giusto nel tanfo di verza e cavolo, accanto alla rubrica avuta in dono dalla torrefazione sotto casa, non meno fissata al muro accanto all’immaginetta di padre Pio e le cartoline natalizie dipinte accuratamente con i piedi o con la bocca.
Un film dove il talento, i tempi comici, altrove innegabili e spietatamente vincenti doverosamente orinando sul politicamente corretto, di Checco Zalone si ritrovano depotenziati, mortificati, obliterati, presumibilmente per ragioni tragicamente, di più, perversamente “etiche”; così almeno c’è da intuire passo dopo passo mentre la noia e il "ma che ci sta dicendo?" si fa strada.
Un film nel quale il meraviglioso (sempre altrove) cinismo “dolce” del suo autore e interprete svanisce, evapora, per lasciare posto a un’opera a tesi degna del più banale e piccino anerotico, ripeto, detestabile veltronismo. Un crimine contro ogni possibile vis comica. L’ho già detto, no, che Zalone sembra essere andato in Africa facente le veci dell’inventore della “vocazione maggioritaria”? La presenza di Virzì co-sceneggiatore aggrava l’intero quadro narrativo, spingendo il racconto del viaggio verso il burrone del più banale esito.
Un amico che di cinema ne mastica assai più di me, suggerisce che nessun vero comico – “pensa a Totò” - si assumerebbe mai il peso della regia, non per nulla, aggiunge ancora, “Zalone in ‘Tolo Tolo’ non fa ridere, anzi, per l’intera durata del film mostra un’espressione tesa e preoccupata, e ti credo a dover gestire troupe e comparse ragazzine nel cuore dell’Africa nera”.
Ovviamente, aggiungiamo noi, affermare che il film “non fa ridere” significa scontrarsi con chi, “d’ufficio”, per ragioni, ribadiamo, di stretta osservanza buonista, replica che tutto ciò è una menzogna, anzi, questi ultimi, coloro che hanno apprezzato, avrebbero riso “dall’inizio alla fine” (sic). L’eventualità che abbiano riso sinceramente, almeno ai nostri occhi, risulta un’aggravante, c'è solo da sperare che abiano riso in malafede.
Alla fine della storia, ha comunque ragione chi afferma che la sinistra ha dato il bacio della morte a Zalone proprio per bocca di Virzì, ossia per interposto Veltroni, e non saranno certamente gli incassi finora stroboscopici a salvare, anzi, a ribaltare il giudizio circa l’oggettiva modestia del lavoro portato infine sullo schermo.
Perché Zalone ha voluto farsi così male? Perché, ribadisco, è voluto andare in Africa al posto d'altri? Perché si è fatto abbindolare da chi vorrebbe usare il suo film come un’opera di propaganda che risponda al linguaggio da troglodita razzista di Salvini?
Perché alla fine del film, perfino l’antifascista più intransigente che urla in noi, si ritrova addirittura a condividere le parole dell’orrendo Ignazio La Russa che ha invece definito il comico e il suo film: “Il cugino della Boldrini, spicciola propaganda”? E stavo dimenticando l’aggravante del cameo di Nichi Vendola al telefono. E' davvero così difficile rispondere unicamente al proprio talento, eh? P.S. Un'ultima cosa: chi scrive non ha ritenuto affatto "razzista" il video promozionale con l'immigrato "parassita", anzi, lo ha pubblicamente difeso, proprio su questo sito, in nome dell'ironia cui ogni comico ha diritto perfino nelle sue forme più crudeli. Anche in barba alla sinistra, anche lì, più ottusa. Ora è davvero tutto.