Corriere della Sera, 3 gennaio 2020
La rivoluzione del tennis femminile, 50 anni fa
Cinquant’anni fa Margaret Court Smith vinceva l’Australian Open, posando il primo mattone di un’impresa – annettersi i quattro titoli del Grande Slam nell’anno solare – che solo Steffi Graf nell’88 sarebbe stata capace di ripetere (Maureen Connolly nel ‘53 appartiene a un’altra era geologica). Era il 1970, il tennis Open nato a Bournemouth due stagioni prima muoveva i primi passi, ma la discriminazione nei confronti delle ragazze era già netta: a Wimbledon ‘68 il re Rod Laver aveva vinto 2000 sterline contro le 750 della regina Billie Jean King, il montepremi degli uomini era di 14.800 sterline e quello delle donne di 5.680.
Il delta sarebbe cresciuto in fretta. Nel ‘70, a Roma, Ilie Nastase si metteva in tasca 3.500 dollari e la King appena 600. Era arrivato il momento di fare qualcosa. A partire dall’Australian Open (al via il prossimo 20 gennaio) e per tutta la stagione, la Wta (Women tennis association) celebrerà le «Original 9», cioè le nove donne che rivoluzionarono il tennis aprendo la strada al circuito femminile e alla parità di prize money di cui oggi godono Serena Williams e le sue sorelle. Sono infatti passati dieci lustri dalla fondazione del sindacato delle tenniste che portò al boicottaggio del torneo di Los Angeles organizzato da Jack Kramer per giocare un evento separato, che sarebbe passato alla storia come il primo torneo del circuito Virginia Slims: settembre ‘70, Houston, Texas, 7.500 dollari di montepremi spillati alla Philip Morris per gentile intercessione di Gladys Heldman, ex tennista, figlia di un giudice della Corte d’Appello di New York, fondatrice della rivista World Tennis e pasionaria.
Le «Original 9» che la Wta onorerà quest’anno sono le nove giocatrici (7 americane e 2 australiane) che diedero vita a quello storico torneo, messe sotto contratto dalla Heldman per la simbolica cifra di un dollaro, un tecnicismo che fece di loro le prime professioniste del tennis ma non le preservò dalle ritorsioni: il bando dagli Slam, l’esclusione dalle classifiche nazionali, il recesso dello sponsor (Slazenger con Dalton, che a Houston perse in finale con Casals). Eccole le pioniere, riunite dalla Wta in una foto piena di significati: Billie Jean King, Peaches Bartkowicz, Rosie Casals, Judy Dalton, Julie Heldman (figlia di Gladys), Kerry Melville Reid, Kristy Pigeon, Nancy Richey and Valerie Ziegenfuss.
«Sapevamo che nel nostro piccolo stavamo scrivendo la storia – ha raccontato la King —. Ci motivava la responsabilità di dare a ogni ragazza del mondo capace di giocare a tennis la possibilità di farne un mestiere con cui mantenersi ed emanciparsi». Il 1970 è un anno chiave per tutto lo sport al femminile e la Wta (nata nel ‘73, non a caso l’anno della battaglia dei sessi tra la King e Bobby Riggs) fa bene a ricordare al mondo il drappello di donne a cui le giocatrici che all’Australian Open si contenderanno lo stesso premio degli uomini per la vincitrice (4,12 milioni di dollari: record) devono moltissimo. Anzi, tutto.