3 gennaio 2020
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Biografia di Gianteresio Vattimo
Gianteresio Vattimo, detto Gianni, nato a Torino il 4 gennaio 1936 (84 anni). Filosofo. Accademico. Uomo politico • Fino al 2008 è stato professore ordinario all’università di Torino: ha insegnato prima Estetica, poi Filosofia teoretica ed è stato anche preside della Facoltà di Lettere • Già deputato al Parlamento europeo per due legislature: con i Democratici di sinistra, dal 1999 a 2004; con l’Italia dei Valori dal 2009 al 2014 • «Cristiano, comunista, heideggeriano, […] è da sempre e sempre di più sostenitore di una “ermeneutica militante” contro le pretese e il dominio dell’oggettività, del dato di fatto» (Marco Pacini, L’Espresso, 14/6/2018) • «Ha teorizzato il “pensiero debole”, ma è una testa forte della filosofia contemporanea. Ha scandagliato Heidegger e Nietzsche con lucidità e non ha avuto paura di confrontarsi con le correnti “calde”, quelle più vicine all’irrazionalismo, del Novecento. Naturalmente ha fatto i conti, anche, con dogmi, chiesa e Dio» (Bruno Giurato, Linkiesta, 26/3/2016) • «Diciamocelo, sono più intelligente di Eco. Lui però è più versatile» • «Sono così vanitoso che non credo di esserlo» • «Mi riservo il ruolo di un Ceronetti della sinistra» • «Io ho una vecchia ruggine con la filosofia… “Ti bocciavano?” No. Ma non capivo nulla. Però nel tuo libro leggo che anche tu quando leggevi Foucault non capivi niente. Questo mi consola. D’altra parte anche a leggere quello che scrivi tu non è che si capisca molto. […] “C’è una pagina di Heidegger che ho un po’ stiracchiato in tutti i modi perché è l’unica in cui lui dice che forse il nuovo evento dell’Essere, un darsi dell’Essere diverso dalla Metafisica, può accadere nell’insieme del mondo tecnologico che è come l’estremo della dannazione, l’oblio dell’Essere più totale, ma che potrebbe anche rivelarsi un primo lampeggiare dell’evento” […] “Certe frasi prese isolatamente fanno impressione” […] Che cos’è il pensiero debole? “Una forte teoria dell’indebolimento come unica via dell’emancipazione”. Bastava dirlo […] “È un discorso filosofico. Se non ci fosse un’implicazione di vita effettiva io non lo farei nemmeno. Il pensiero debole è l’idea che noi viviamo dentro a delle strutture sociali organizzate metafisicamente […] Che cos’è la metafisica secondo Heidegger? […] È l’idea che c’è una struttura dell’Essere data una volte per tutte che si tratta solo di riconoscere e poi adeguarsi ad essa nella pratica […] Davanti a tutta la problematica della bioetica, degli embrioni, della nonna e della zia, dei Pacs, o anche del mercato, tutti quelli che vi impongono di accettare la realtà com’è vi dicono: ‘Sii realista’ […] Questa è la metafisica per Heidegger. Liberarsi dalla metafisica vuol dire erodere, corrodere, dissolvere progressivamente gli assoluti che pretendono di dominare la nostra vita”» (Claudio Sabelli Fioretti, 23/1/2007) • «Partiamo se vuoi da questo interrogativo: chi sei oggi? “Non lo so, vorrei saperlo. Ci sono vari strati di me”» (Antonio Gnoli, Robinson, 29/12/2019).
Titoli di testa «Ti lamenti che tutti ce l’hanno con te. Anzi non ti lamenti. Lo dici con una certa spocchia. Te ne vanti. Dici che non ti perdonano di essere libero. Però poi dici: attenzione c’è anche un motivo di classe. Non mi perdonano perché vengo da una famiglia umile, sottoproletaria e non sono uno da terrazza romana. E alla fine dici anche: “Ma come possono non voler bene a uno come me?” Uno come te? Tu sei narciso, presuntuoso, permaloso, e anche invidioso. “Ma no. Poco. Homo sum come diceva quel signore raccontato in un epigramma di Marziale trovato a letto col postino”» (Sabelli Fioretti).
Vita «Sono nato in casa, in via Germanasca 10, Borgo San Paolo. Case popolari. Case di gente che faticava da mattina a sera. Che faceva fatica a tirare avanti. E mi hanno chiamato Gianteresio per non far torto a nessuno dei due nonni: nonno Giovanni, nonna Teresa» • Figlio di un contadino calabrese, salito al nord e divenuto poliziotto, che muore di polmonite quando lui ha sedici mesi. Sua madre, invece, è di Pinerolo. «Faceva la sarta, sono cresciuto con lei e mia sorella» (a Dario Cresto-Dina, la Repubblica, 4/6/2000) • Quando ha cinque anni casa loro è rasa al suolo da un bombardamento, per un pelo non ci lascia la pelle: «per caso eravamo nel rifugio di fianco al nostro». Persa la casa, sfolla con sua madre e sua sorella, di otto anni più grande, al paese originario del padre, Cetraro, vicino a Paola, in Calabria. Finita la guerra, tempo una settimana, torna a Torino, ma parlando solo dialetto calabrese, è preso per terrone e le busca sempre • «Io sono un proletario, c’è poco da friggere. Poi sarò anche un intellettuale, ma prima di tutto provengo dai bassifondi, non nasco bene, sono uno che viene dal nulla» • «Per quali vie un proletario diventa filosofo? “Se sei socialmente sfavorito, la pulsione a riuscire è più intensa. E molto ha giocato l’educazione cattolica. Stavo crescendo per strada, leggendo romanzi di Jack London pieni di ditate di marmellata, finché mamma non mi mandò all’oratorio. Dopo aver preso molte botte dagli altri bambini, ero un piccolo santo, andavo a messa tutte le mattine”. Che trovò nella religione? “Il piano di vita. Sapevo che dovevo organizzare i rapporti con me stesso, con gli altri e con Dio. E che ogni giorno dovevo fare l’esame di coscienza”» (Candida Morvillo, Corriere della Sera, 29/7/2018) • Fa la comunione tutte le mattine, è all’oratorio tutti i pomeriggi • Quando gli mancano i soldi, non per le prime necessità, ma per andare in gita, per esempio, ci pensa il prete. «Sono un figlio delle istituzioni. Religiose, nel mio caso» • «Subito dopo la terza liceo, non avendo soldi, dovevo lavorare, per cui una facoltà umanistica mi era più comoda. Ho lavorato alla Rai di Torino, avrò fatto cento trasmissioni, tutte in diretta, e scappavo a lezione nel tempo libero. Detto questo, certo Filosofia era la facoltà più affine ai miei interessi. Allora militavo nell’Azione cattolica, che voleva dire, a quell’epoca, Mario Rossi contro Gedda, o Carlo Caretto contro Gedda. Erano gli anni delle prime ricerche di sociologia religiosa, con Bolgiani e Barbano. C’era questa Torino altra, non strettamente einaudiana, perché gli einaudiani erano una genìa a parte. Però incontravo Franco Venturi in un comitato di appoggio ai ribelli algerini, tutto per me era impegno politico e impegno religioso insieme» (a Alberto Papuzzi) • Si butta a sinistra, pur rimanendo cattolico. Nel 1958 è a un picchetto fuori dai cancelli di Mirafiori. Lo arrestano mentre legge il Vangelo al megafono: «beati gli ultimi, perché saranno i primi». Pajetta gli dà la tessera ad honorem della gioventù comunista. I suoi, invece, lo giudicano un mezzo sovversivo e lo mandano via dalla Casa di carità arti e mestieri di corso Brin, dove nel tempo libero insegna ai ragazzi della scuola di formazione professionale. «Un periodo molto eccitante, i ragazzi già mi piacevano tantissimo ma ero molto controllato, naturalmente» • «Omosessualità e fede mal si conciliavano. “La mia adolescenza è stata una lotta contro i mostri. Il mio direttore spirituale, monsignor Caramello, mi faceva recitare il rosario in ginocchio. Quando andavo a cercare ragazzi al Valentino, ero flagellato dalla mortificazione”» (Morvillo) • «Vattimo ricorda ogni dettaglio della prima volta che andò a cercare una marchetta, la vigilia dell’Epifania del 1961. La trovò a Porta Palazzo, si chiamava Marcello e insieme andarono ai Giardini Reali». «Ho festeggiato così, con un solo giorno di ritardo, il mio venticinquesimo compleanno» • Per parecchio tempo, fin verso i venticinque anni, Gianni ha una ragazza fissa, «“e non ci facevamo solo telefonate... Lei adesso, scherza ancora, dice: è anche colpa mia se sei diventato così” Ma le piacevano anche i ragazzi? “Sì, ma mi ero messo in testa che era soltanto una fase della mia crescita”» (Dario Cresto-Dina) • Non ha il coraggio di dirlo a nessuno, nemmeno al suo confessore. È un’altra epoca: Pasolini è appena stato espulso dal Pci perché omosessuale • «Mi mandarono dallo psichiatra, poi dalla psicanalista, che venne ad aprirmi la porta con un dobermann al guinzaglio. Poi mi presentarono una bellissima ragazza di una famiglia tra le più ricche di Torino. Le volevo bene, pensavo che una donna altoborghese avrebbe potuto sposare un gay. Ma il padre prese informazioni su di me in questura. Finì» (a Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 7/6/2004) • «“Io in realtà non ingannavo Gianna. Credo anche di averglielo detto: ma se io una volta alla settimana vado a cavallo a te cosa importa? Pensavo che potesse esserci una sessualità doppia ma senza ipocrisie”. Però era sempre dentro una convenzione costrittiva: per poter essere se stesso doveva trovare una moglie. “Volevo essere un buon cristiano, un buon accademico, uno a posto insomma. Un’esigenza personale prima ancora che sociale. E non ero un cacciatore di dote. Con Gianna parlavo davvero di combattere insieme i mostri. Le citavo una frase del Re Lear: oh cara moglie, la mia mente è piena di serpenti. E Gianna sapeva benissimo che c’era in me qualcosa che io volevo esorcizzare insieme a lei”. Il fatto è che non erano mostri né serpenti, ma la sua natura sessuale. “Certo, ma io la sentivo come un demonio che mi spingeva alla turpitudine”» (Simonetta Fiori) • Vattimo intanto pensa alla carriera universitaria. «È stato importante l’incontro con Umberto Eco, che si era laureato su San Tommaso con il mio maestro Pareyson. Infine, ho vinto una borsa di studio per la Germania, la prestigiosa Humboldt. A quel punto i giochi erano fatti» (a Alberto Papuzzi) • Passa due anni in Germania, e «visto che non leggevo più i giornali italiani», smette di andare a messa tutti i giorni • «Sei stato perfino maoista. “Ero già professore incaricato ma ero sotto concorso per diventare ordinario. Pareyson, il mio maestro, era un cattolico di destra. Sapeva che io non ero di destra ma al massimo mi considerava un cattocomunista. Ci fu un periodo che per un’ulcera dovetti stare tre mesi in ospedale e lessi molti libri e diventai maoista. Uscito andai da Pareyson e gli dissi: ‘Sono diventato maoista’. E lui: ‘Adesso me lo dici?’. E io: ‘Quando glielo dovevo dire? Prima che succedesse?’. Poi cercai di convincere anche lui. ‘Ma venga alle manifestazioni, tutti si danno del tu, si chiamano compagni. È come andare in chiesa’”» (Sabelli Fioretti) • «Anche quella volta non gli ho detto: “Sono omosessuale”. Era più facile dirgli che ero diventato maoista...» (a Dario Cresto-Dina) • Pareyson finisce per scoprirlo lo stesso, ma gli lascia comunque la cattedra di Estetica a Torino e Umberto Eco lo manda a Milano. «Pareyson riteneva Umberto più intelligente di me. Però non lo considerava fedele, costante. Si lamentava perché non gli aveva mandato neanche un biglietto per Natale. E io gli spiegavo: non è per trascuratezza, è che Eco ritiene banale scrivere cose tipo: porgo i migliori auguri...» (a Cazzullo) • «Eco se l’è legata al dito. Quando sono andato a portargli il mio libro su Nietzsche che volevo uscisse da Bompiani [anni dopo, ndr] gli ho detto: ‘Guarda che io nel ’68 sono uscito maoista’. E lui: ‘Sì, ma sei uscito anche ordinario’» (Sabelli Fioretti) • Vattimo si fa strada: tiene conferenze «su Heidegger e Nietzsche davanti al gotha della filosofia italiana anni Sessanta: Abbagnano, Guzzo, Chiodi, Mazzantini, Rossi, Viano» • «“Ricordo un pomeriggio di primavera che ero andato in giro al Valentino come un vecchio gatto. E intanto, all’università, Pareyson mi cercava per l’Enciclopedia Filosofica. Da una parte una grande responsabilità intellettuale, dall’altra il massimo del disordine. Io ne soffrivo”. Come visse Pareyson l’omosessualità dell’allievo? “Credo che l’abbia digerita grazie alla moglie psicoanalista, che l’ha educato a sopportarmi. Solo una volta mi disse: ‘Ah questo Pasolini, pubblicamente omosessuale’. Non ho capito se parlasse a suocera perché nuora intendesse. Una volta mi incontrò a Piazza Castello con Julio, il mio amico ballerino peruviano. Però, che bel ragazzo!, mi disse”. Julio è stato importante. “Sì, Julio mi ha insegnato a vivere gioiosamente sessualità e sentimento. Finché ho avuto la speranza di diventare un eterosessuale normale, il sesso era soltanto la follia di una notte. Con Julio tutto questo finisce. Mi sentivo in grazia di Dio. C’è un distico di Hölderlin che dice: “Solo talvolta sopporta l’uomo pienezza divina, sogno di essi è dopo la vita”. Ma la storia sarebbe durata poco. Julio era una fraschetta totale, puro teatrante. E quando mi lasciò, nel 1969, soffrii le pene dell’inferno”» (Simonetta Fiori) • «Poi arrivò Gianpiero Cavaglià e fu come un matrimonio. “Sì, un ragazzo molto intelligente, impegnato. Sarebbe diventato un grande comparativista, legato a Cesare Cases. Tra noi non fu una passione sfrenata, ma il matrimonio per passione non dura a lungo. Gianpiero rappresentava la tranquillità. E fu allora che mi passò l’ulcera”. Tranquillità relativa visto che dopo qualche anno sarebbe venuto a vivere con voi Sergio. “E lì comincia un pasticcio. Era uno studente del primo anno, cominciò a frequentare la nostra soffitta di via Mazzini, finché sono stato colto da una sorta di hybris politico-culturale: violare la famiglia monogamica attraverso una comune più ampia. Un errore”. Che accadde? “Era come avere due figli. E tra i fratelli sorgevano gelosie continue. Ma io spesso andavo a insegnare negli Stati Uniti e mi faceva piacere che loro si facessero compagnia, sorvegliandosi a vicenda» (Fiori) • Vattimo infatti fa carriera. Tiene lezioni a Yale, New York e Los Angeles. Nel 1972 sostituisce per un semestre un professore ad Albany e lo pagano dodicimila dollari • «“Il mio fu un outing tardivo e involontario. Era il 1975, avevo 39 anni, stavo da tempo con Gianpiero”. Come accadde? “Una mattina all’Università scoprii dai quotidiani di essere candidato nelle liste del Fuori [Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, ndr] […] Un colpo. Sì, certo, fino a quel momento non avevo nascosto niente, ma la pubblicizzazione sul giornale mi fece un certo effetto. Ebbi paura anche delle ripercussioni sul piano accademico. E pregai mia sorella di nascondere i quotidiani a mia madre”. Non gliene aveva parlato? “No. Era una signora di 75 anni, cultura medio-bassa […]. E io non me la sentivo di mutare troppo violentemente il punto di vista delle persone a cui volevo bene. Speravo capissero senza troppe parole”» • «L’omosessualità ha rallentato la sua carriera universitaria? “Può apparire un paradosso, ma in realtà mi ha favorito. Sono diventato barone in fretta, ho guadagnato i galloni proprio negli anni più sofferti. Nel ’75, proprio poche settimane dopo la mia dichiarazione ufficiale, ero preside di facoltà. Essere gay, a pensarci bene, mi ha dato indubbi vantaggi: mi ha impedito di invecchiare da intellettuale trombone, un monumento della cultura. Piaccio anche perché sono frocio”» (a Dario Cresto-Dina) • Nel 1983, assieme a Pier Aldo Rovatti, conia il pensiero debole. «Conosce il principio di Thaski?”. Denuncio la mia ignoranza. “Thaski diceva: “piove” è vero se, e solo se, piove. E noi ermeneutici rispondiamo: ma chi lo dice? Perché chi lo dice ha sempre interessi personali, sociali, economici. La metafisica è la pretesa che ci siano le cause e che, conosciute le cause, possiamo emanciparci. Invece, non ci sono cause, ma solo interpretazioni”» (Morvillo) • «“Non ho messo la mia vita nelle mani della filosofia. Semmai ho messo un po’ di filosofia nella mia vita. Sono obliquo come il volo degli uccelli”. Dove ti vorresti posare con il pensiero? “Mi piacerebbe scrivere su cristianesimo e heideggerismo. Ho pensato di cominciare con una frase: se non fossi heideggeriano non sarei cristiano, e se non fossi stato cristiano non sarei stato heideggeriano. Ma ogni tanto mi vengono dei dubbi sull’utilità di un discorso del genere”. Perché? “A parte il peso o la fatica dell’argomentazione, a chi interesserebbe?”» (Gnoli).
Lutti I suoi compagni muoiono entrambi. Giampiero scopre di avere l’Aids nel 1986, a un certo punto tenta il suicidio e muore nel 1992 • «C’è di mezzo anche la sua morte nel mio riavvicinamento al cattolicesimo che, d’altra parte, non ho mai abbandonato polemicamente. Oggi credo a un cristianesimo senza il Papa, senza l’etica sessuale, senza il peccato» (a Dario Cresto-Dina) • Per dieci anni resto solo con Sergio «Entrambi addolorati e spaesati. Prendemmo a viaggiare per il mondo, io all’epoca ero un accademico ben ricevuto. Giappone. Francia. Stati Uniti», finché nel 2003 muore anche lui, per un tumore a un polmone.
Omosessuale «Ho una certa nostalgia di una vita famigliare… avrei voluto avere dei figli… la festa di Natale…» (a Sabelli Fioretti) • «Da noi in Italia i peccati di sesso sono perdonabili se non sono pubblici. Un vescovo può benissimo essere gay se lo tiene per sé e non parla a favore degli omosessuali dal pulpito. Il puritanesimo, invece, esige trasparenza e ciò porta rigore nella vita sociale. D’altra parte, il cattolico che pecca si pente e cancella la colpa» (a Cesare Medail).
Devoto «Sono un mezzo credente, un credente debole» • Da quando Giampiero si è ammalato di Aids, Vattimo tutte le sere prima di dormire recita la compieta, la parte del Breviario che chiude la giornata • «Un’abitudine? Una superstizione? Ma la superstizione è l’unica cosa seria che si può coltivare nella vita. Il resto sono storie» • «L’unica filosofia cristiana rimasta sul mercato è proprio il pensiero debole. Dovrebbero farmi Papa».
Politico «Fondamentalmente sono comunista: voglio un mondo senza sfruttamento, senza padroni, senza proprietà. E nel frattempo, cerco di ridurre la violenza il più possibile: non mangio carne, non indosso pellicce, cerco di fare la mia parte» (Giurato) • Candidatosi a sindaco di San Giovanni in Fiore, in Calabria, nel 2005, ha avuto solo il 12% dei voti • È stato con i radicali, con i Ds, con i Comunisti italiani, con Di Pietro. Nel 2014 voleva andare con i 5 Stelle, ma Grillo lo bloccò: aveva già fatto due mandati. Dal 2015 è con Marco Rizzo.
Battaglie Contro Berlusconi, Renzi, la Tav Torino-Lione, lo Stato di Israele («un effetto collaterale dello sterminio nazista»), gli allevamenti intensivi, la sperimentazione scientifica sugli animali • «Nel 2014, lei ha anche detto che voleva “armare Hamas contro i nazisti israeliani”. “Non lo ripeterei, ma il tema resta la diseguaglianza della lotta. Le vittime palestinesi sono di troppo superiori a quelle israeliane”» • Pro Chávez, Maduro, Fidel Castro, il recupero della falce e martello.
Battute «Tu sostieni, nella tua incredibile presunzione, di raccontare le barzellette meglio di Berlusconi» (Sabelli Fioretti) • «Grazie a Dio, sono gay» • Un prete a Gesù: «Vorrei sposarmi ma il Papa non è d’accordo...». E Gesù: «Ma perché vuoi sposare il Papa?» • «E l’aspetto fisico di Bin Laden? Be’, certo rispetto a Saddam Hussein è più magro, più figurino: somiglia un po’ a Cacciari. Il mullah Omar probabilmente non si fa vedere perché è grasso. Anche gli altri che siedono vicino a lui sono più mollaccioni, non hanno le physique du rôle» • «Durante il periodo del khomeinismo più repressivo in Iran, assieme ad altri aveva proposto di “bombardare Teheran con videocassette porno e confezioni di profilattici”» (Paolo Mieli) • «Ho sempre avuto a che fare con i preti. Ebbene: non uno, dico uno! che abbia allungato le mani. Nessuno mi voleva. Un’indecenza!».
Battibecchi «Proclive a entrare in rotta di collisione con i cattolici militanti, alterna con sagacia la polemica contro gli integralisti timorati di Dio, come Renato Farina, a quella contro i libertari dionisiaci, come Aldo Busi» (Buttafuoco) • «I tempi in cui il Maestro si accapigliava in tv con Aldo Busi che lo bollava come “checca cattolica” laddove l’insulto bruciante, per il filosofo, era naturalmente quello di “cattolico”» (Davide D’Alessandro, Il Foglio, 27/3/2019) • Di Alessandro Cecchi Paone ha detto: «È una cloaca umana», «non basta essere gay per essere intelligenti». Quello lo ha denunciato.
Libertà «Di sicuro con gli anni Gianni Vattimo ha conquistato la libertà di dire tutto quello che pensa, ma glielo rimproverano tutti: “chi te lo fa fare, potresti essere un guru e ti sputtani così”, ma lui la libertà se la tiene cara: “Finalmente. Senza paure, senza mediazioni, senza ricatti possibili, senza creare dolore a mia madre, a Giampiero… Senza chiese. Senza partiti. Ah, che bello”» • «“Allora, Gianni, continuerai a spararle le tue cazzate?”. Era mezzogiorno di oggi quando il professor Gianni Vattimo, appena uscito dall’aula magna dell’Università di Torino dopo aver tenuto l’ultima, applauditissima, lectio magistralis della sua carriera, ha dovuto affrontare l’arruffato quesito postogli da un incauto professorino» (D’Alessandro).
Vecchiaia Ha il Parkinson. «Si è presentato senza neanche farsi annunciare, senza un biglietto da visita, senza un mazzo di fiori» (Gnoli) • «Ho conosciuto il dolore, ho avuto due grandi lutti perdendo due compagni di vita. Tutto ciò mi ha un po’ inaridito, seccato, invecchiato. Anche il gatto che mi sta accanto sul divano è diventato vecchio» (a Davide D’Alessandro, Il Foglio, 27/3/2019) • «Oggi, che famiglia le resta? “Le mie badanti, il mio assistente, la figlia di una cara amica che non c’è più, vecchi amici che ci sono ancora”» (Morvillo).
Giudizi «A Gianni Vattimo lei disse: “Vedi d’annattela a pija ‘n der culo”. “Mbè? Perché, n’ se pò mannà affanculo Vattimo?”» (intervista a Antonio Pennacchi) • «Dal pensiero debole al pensiero scontato. Per gli estimatori il professore torinese ha il dono dell’anticonformismo e della sincerità. I detrattori lo descrivono come un trombone ormai bollito, lontanissimo dai fasti della figliolanza intellettuale con Luigi Pareyson» (Caterina Soffici, Il Giornale, 8/5/2008) • «L’intelligenza straordinaria di Vattimo andrebbe protetta da se stessa. Bisognerebbe imporgli di dire qualche no ai numerosi interlocutori. Invece lo sventurato risponde sempre» (Aldo Cazzullo)
Curiosità Vive a Torino, in via Po 11, a due minuti a piedi dalla casa di via Carlo Alberto dove ha abitato Nietzsche • «Ama soprattutto Torino, il liceo D’Azeglio, il busto di Norberto Bobbio, le comparsate in tv, i gatti. Salvo poi pentirsene (non dei gatti)» (Buttafuoco) • Dicono sia molto tirchio, ma nella sua autobiografia, Essere Dio, ha dedicato un capitolo intero alla propria generosità • «Hai mai avuto la tentazione del romanzo? “Mi piace leggerli, non scriverli”. Meglio la filosofia? “Chi può dirlo? Se lo chiedi a uno scrittore ti ride dietro”» • Nel 2018 ha fatto avere una copia del suo libro su Heidegger a Bergoglio, lui gli ha telefonato per ringraziarlo • «Ora che c’è papa Francesco, non mi vergogno più di recitare la compieta la sera» (alla Morvillo) • Vuole lasciare il suo archivio in eredità alla Biblioteca della Catalogna. Contiene lettere, appunti, brutte copie dei suoi libri • «È arrivato a farsi un’idea della morte? Che cos’è? “No, non ne ho la più pallida idea. Si vedrà”» (D’Alessandro) • Vuole farsi cremare • Della morte di Umberto Eco ha detto: «Ora che non c’è più, non sono più figlio. Non sono neanche più, come mi diceva Pier Paolo Pasolini, “un figlio che non sarà mai padre”».
Titoli di coda «Sono come Berlusconi, ho bisogno di essere amato».