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 2020  gennaio 03 Venerdì calendario

«Che impresa iscrivere mia figlia al liceo»

«Tu hai già deciso a quale scuola iscriverlo?». «No, aspettiamo che ce lo dica lui». «E se poi sceglie la scuola sbagliata?». «Un bel problema». Sedute al tavolo vicino al mio in una località montana tre signore stanno parlando fitto fitto della scuola superiore cui devono iscrivere i propri figli. Tra pochi giorni, il 7 gennaio, bisognerà infatti collegarsi al sito del Ministero della Pubblica Istruzione e segnalare i tre prescelti: liceo, istituto tecnico o professionale, cui s’intende immatricolare la propria figlia o figlio. Lo faranno più di 500 mila persone in Italia. Così finirà la trafila iniziata a ottobre e durata tre lunghi mesi.
Tutto è cominciato con i colloqui presso la scuola media dove abbiamo incontrato in una sala gremita la psicologa e gli insegnanti dell’orientamento, mentre nostra figlia partecipava, spesso in orario scolastico, ai meeting con ex allievi ora in istituti superiori, che presentavano le rispettive scuole. Ne abbiamo contati almeno quattro. Poi è stata la volta degli open day, in cui le scuole della città si sono presentate al pubblico dei loro potenziali customers.Non è stato facile, ma ci abbiamo provato. Intanto, ogni scuola si dotava di un apposito programma informatico cui si accedeva fornendo i propri dati personali per ottenere una password e scegliere il giorno della “scuola aperta”, in attesa di una risposta automatica d’accettazione. Ma poiché le scuole cui partecipare erano diverse, s’è trattato di trovare uno spazio libero in giorni concomitanti. Non dappertutto c’era posto, e il numero di accessi programmato secondo la capienza delle aule magne. Così in alcuni casi abbiamo dovuto attendere un mese. Il giorno stabilito, all’ingresso, gli studenti della scuola t’accoglievano e verificavano se la tua prenotazione era giusta.
La scena poi si è ripetuta quasi identica in ogni scuola: la dirigente accompagnata dagli insegnanti preposti all’orientamento e da una folta rappresentanza di studenti dell’istituto, o del liceo, tutti con la felpa col logo della scuola in bella mostra. Presentazioni della durata di un’ora seguite da fitte domande dei genitori più ansiosi di sapere il perché e il come, e poi di visitare l’edificio, le aule, i laboratori, la biblioteca. Visite guidate dagli allievi. Negli atri all’entrata e all’uscita era d’obbligo: «Tu che hai avuto già un figlio in questo liceo cosa ne pensi?». «Davvero è una scuola così dura?». «Bocciano molto qui, vero?». «La preside com’è?». «Gli insegnanti sono stabili o cambiano ogni anno?». L’ansia il sentimento più diffuso, come se fossimo noi adulti a dover frequentare le prossime lezioni a settembre, a sostenere interrogazioni e compiti in classe, a ricevere la valutazione finale: promossi o bocciati. Ogni scuola si presentava al meglio di sé mostrando i propri “prodotti” migliori: studenti brillanti e loquaci. La parola magica è “potenziamento”: matematica, inglese, cinese, teatro, archeologia. Ogni scuola, in particolare i licei classici, offre ore suppletive con materie in più, differenti da quelle d’indirizzo. L’importante è: dare di più.
La competizione sembra cominciare dalle scuole superiori, una corsa a ostacoli in cui i figli diventano il prolungamento delle attese scolastiche e lavorative dei genitori. Ma la scuola non dovrebbe piacere ai ragazzi? Se no, che scelta sarebbe? Per questo ci sono gli stage o “lezioni aperte”.
Altra iscrizione con email di conferma: la possibilità di seguire delle lezioni nelle scuole superiori la mattina, due o tre ore in aula. Già a ottobre le offerte sembravano esaurite. Ma il passaparola fa miracoli. Telefonate con altri genitori e alla fine ce l’abbiamo fatta. Senza la “prova” la scuola non poteva essere presa in seria considerazione dai figli. Mancava però il test di ingresso. Una scuola milanese particolarmente richiesta, e con pochi posti, lo ha fissato in un giorno di dicembre. Offriva online le domande dell’anno precedente con le risposte giuste. La mattina della prova 1.100 studenti.
Infine, pochi giorni prima delle vacanze di Natale, mi sono messo in fila per ritirare il modulo su cui era indicato l’orientamento scolastico proposto dal consiglio di classe di mia figlia. Un breve colloquio con tre insegnanti in cui ho chiesto le ragioni del consiglio. Mia figlia, volendo, aveva a disposizione un colloquio personale con la psicologa dell’orientamento, e anche io avrei potuto incontrarla. Ma non l’abbiamo fatto. Il passaggio dalle scuole medie alle superiori per le generazioni passate era un rito di iniziazione, oggi è una gimcana, una prova, che non riguarda più solo i ragazzi, Ansie e angosce sono condivise con i genitori. Siamo tutti coinvolti.