Il Sole 24 Ore, 3 gennaio 2020
La cimice asiatica fa 588 milioni di danni
Oltre 588 milioni di euro. Non più stime, ma il calcolo ufficiale: tanto è costata nel 2019 la cimice asiatica ai frutticoltori italiani del Nord Italia. Prima le pere e le pesche, ora le mele e i kiwi. Il risultato è un settore in ginocchio e oltre 500mila giornate di lavoro sono state perse.
Oltre 588 milioni di euro di danni, a fronte di soltanto 80 milioni di euro – per di più da spalmare su tre anni – stanziati dal governo italiano per far fronte all’emergenza. «Che dire, i numeri parlano da soli», è il commento amaro di Davide Vernocchi, coordinatore per il settore ortofrutticolo dell’Alleanza Cooperative. Che nei prossimi giorni si prepara a scrivere alla ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, una lettera di fuoco per chiedere tutto il sostegno promesso al settore e mai arrivato. A cominciare dai fondi: «Non dico che il governo dovrebbe arrivare al 50% dei danni, ma quasi». E comunque, anche gli 80 milioni stanziati al momento è come non averli, visto che non sono stati ancora definiti i criteri per distribuirli: andranno a chi prima fa domanda? O in base al fatturato? «Il mio auspicio – sostiene Vernocchi – è che vadano in proporzione ai danni subiti».
Gennaio, nei frutteti, è il periodo in cui vengono fatti i nuovi impianti. Ma quest’anno nessuno ha ancora mosso un passo: su quali prestiti potranno contare, gli agricoltori? «Ci sono diverse aziende – racconta Vernocchi – che si sono viste revocare i mutui in essere. La ministra ci aveva promesso sia la creazione di un fondo di garanzia, sia la sospensione dei contributi. Ma nulla di tutto questo è mai arrivato».
Nella sua lettera Vernocchi chiederà l’immediata convocazione di un tavolo di crisi per il settore, «perché se lo si considera strategico per la produzione e per l’occupazione in Italia, allora non c’è più tempo da perdere. I dati ci dicono che tra il 5 e il 10% della superficie frutticola è stata abbattuta, dopo il deludente raccolto del 2019: si tratta di una percentuale significativa».
Anche la Ue, dice Vernocchi, «ha abbandonato i produttori italiani, sopprimendo a dicembre uno dei pochi principi attivi efficaci contro la cimice asiatica. Ora, anche sul fronte della difesa attiva non ci sono più mezzi. E per aspettare l’efficacia delle vespe samurai ci vorranno anni». E le regioni? «Qualcuna ha messo a disposizione qualche risorsa – ammette Vernocchi – molte si sono focalizzate sul finanziamento della ricerca. Ma l’emergenza creata dalla cimice ha una dimensione troppo grande, rispetto a quello che si può fare a livello locale».