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 2020  gennaio 03 Venerdì calendario

La meningite, spiegata bene

Non c’è un solo colpevole per una importante malattia contagiosa come la meningite, poiché gli agenti patogeni sono vari e diversi, ma i sintomi sono sempre maledettamente uguali, e non riconoscerli, o chiamare il medico quando l’infezione è già diffusa, può avere gravi conseguenze, a volte fatali. È quello che è accaduto ad una quattordicenne di Sassari, che da tre giorni accusava la classica triade sintomatologica, tipica di questa sindrome: febbre alta improvvisa, mal di testa, il sintomo di esordio più comune, e rigidità nucale, ovvero l’impossibilità per il dolore nel flettere il collo in avanti, con lieve alterazione dello stato mentale, ma purtroppo la ragazza è arrivata in ospedale troppo tardi, l’infezione era divenuta sistemica e dopo due giorni di coma è morta. Tutti e tre questi segni di infiammazione meningea sono presenti insieme in oltre il 70% dei casi, già all’inizio della malattia, come è anche vero che se nessuno di essi è presente, la meningite è estremamente improbabile. Altri fenomeni comuni associati a questa infiammazione cerebrale sono la fotofobia e la fonofobia, cioè l’intolleranza alla luce ed ai rumori forti, per cui il paziente si rifugia a letto al buio e lontano da vocalizzi umani, televisivi o musicali, ma si possono presentare anche nausea, vomito, disorientamento temporo-spaziale, cosa che indirizza i familiari verso una errata diagnosi di “influenza intestinale” (che in medicina non esiste), ed inoltre il paziente meningeo sdraiato a letto assume quasi sempre la posizione fetale, disteso su un lato a «cane di fucile», con il capo esteso sul tronco, le cosce flesse sull’addome e le gambe flesse sulle cosce, una postura che tende a ridurre il dolore dovuto allo stiramento delle radici dei nervi spinali. La meningite è la più frequente sindrome infettiva del sistema nervoso centrale, ed oltre a coinvolgere le membrane protettive (meningi) che ricoprono l’encefalo, interessano anche quelle del midollo spinale, può essere causata da batteri, virus e altri microrganismi, per cui la gravità è molto variabile, da forme subcliniche a quelle fulminanti, sempre letali, e si configura in assoluto come una delle più urgenti emergenze mediche in qualunque reparto di rianimazione del nostro Paese.La forma virale di meningite è quella più comune e fortunatamente meno pericolosa, di solito non ha complicanze serie e si risolve nell’arco di 7/10 giorni, mentre la forma batterica, pur essendo più rara, è la più temibile, perché sempre insidiosa nel suo percorso, e il trattamento consiste nella somministrazione precoce di antibiotici, di antivirali e di cortisonici, per prevenire i danni neurologici derivanti dall’infiammazione cerebrale, ed una meningite batterica non trattata prontamente o curata in ritardo può portare deficit permanenti od essere letale. Il picco delle epidemie di meningite si registra da dicembre a maggio, quando il clima freddo favorisce le infezioni delle vie respiratorie (raffreddori, sinusiti, faringiti ecc), mentre i casi si riducono drasticamente durante la stagione delle piogge, è una malattia contagiosa e la trasmissione del germe avviene per via inalatoria o durante uno stretto contatto come il bacio, uno starnuto o un colpo di tosse, ma il contagio non avviene come per il raffreddore o l’influenza, quando ci si ammala semplicemente respirando l’aria in cui si trova la persona affetta, perché il batterio o il virus deve attecchire e percorrere la via vascolare fino a raggiungere quella neurologica. Affinché il contagio avvenga è comunque necessario essere a stretto contatto con la persona infetta o trovarsi con essa in ambienti angusti e affollati, poiché la propagazione di tali germi raramente supera i tre metri di distanza, e l’essere esposti ad alcuni di questi patogeni non comporta necessariamente lo sviluppo della malattia, anche se è molto frequente lo stato di «portatore», cioè di un individuo sano nel cui faringe, saliva e secrezioni nasali albergano questi batteri, i quali, se trasmessi ad individui con sistema immunologico depresso, possono provocare l’infezione. L’incubazione della meningite varia dai 3 ai 6 giorni, e la malattia è contagiosa solo durante la fase acuta e nei giorni immediatamente precedenti l’esordio, anche se i sanitari sono spesso costretti ad assumere la profilassi durante tutto il periodo di assistenza ai pazienti infetti. Più difficile è la diagnosi clinica nei bambini piccoli che ancora non comunicano, nei quali possono essere presenti sintomi aspecifici come sonnolenza, irritabilità, gonfiore delle fontanelle craniche e convulsioni, ed anche in questi casi il ritardo del trattamento farmacologico può portare sovente a deficit permanenti quali sordità, epilessia o idrocefalo, perché i piccoli pazienti sono più comunemente colpiti dai batteri meningococco, pneumococco e quelli sotto i 5 anni di età dall’Haemophilus influenzae di tipoB.Fortunatamente, con l’introduzione della vaccinazione, i casi si sono ridotti moltissimo, anche se piccole infezioni di testa e collo, come la comune otite o sinusite, se non curate con i princìpi attivi farmacologici, possono facilitare il percorso dei batteri di molti infanti alle meningi, fino alla forma purulenta. Le persone affette da meningite, adulti o neonati che siano, vanno ricoverate al più presto e monitorate poiché, soprattutto nelle prime fasi della malattia, possono sviluppare ulteriori problemi che richiedono trattamenti particolari, come le sepsi, ovvero la diffusione dei batteri nei vasi sanguigni dell’intero organismo, (il corpo si copre di petecchie, piccole macchie rosse indice di setticemia), con alterazioni della pressione sanguigna, della coagulazione, di ischemie con gangrena, ed emorragie surrenali, prodromo di una prognosi sempre grave. L’esame più importante, oltre a quelli strumentali e radiologici di conferma, resta la puntura lombare, dove l’analisi al microscopio del liquido cerebrospinale individua con esattezza il germe responsabile e l’entità del suo danno, evidenziando la presenza o meno di ipertensione endocranica, quella che può condurre il paziente al coma. È necessario ripetere che in caso di meningite ogni ritardo nel trattamento specifico è associato ad una prognosi negativa, ed è sempre consigliabile la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro anche nel dubbio, anche se si è in fase di conferma della diagnosi, prima del ricovero ospedaliero, soprattutto se è presente la succitata triade sintomatologica, perché paradossalmente un piccolo ritardo di sole tre ore può segnare il destino dell’ammalato. La letalità della meningite è molto elevata nei soggetti molto giovani o molto anziani, ma il rischio di morte è naturalmente influenzato dalla natura del patogeno e dalla durata in cui questo è stato presente nel liquor cerebrale senza essere contrastato dai farmaci, ma nel 20% dei casi il decorso della malattia risulta talmente rapido e acuto da portare all’esito fatale pur in presenza di adeguata terapia.
L’unica forma di prevenzione efficace resta la vaccinazione, che ha eliminato in molti Paesi i patogeni più frequenti causa di meningite nei bambini, oltre che è sempre imperativa la profilassi per tutte le persone che hanno avuto contatti stretti con i malati, cosa che può ridurre il rischio di contrarre la malattia, pur non proteggendo contro le possibili infezioni future. La vaccinazione, specie contro il meningococco, è consigliabile anche agli adolescenti, in quanto rientrano tra le categorie a maggiore rischio di contagio (baci e promiscuità), perché se è vero che la maggior parte dei casi di questa malattia guarisce grazie alle terapie immediate e specifiche, è anche vero che oggi perdere una sola persona a causa della meningite virale o batterica che sia, è per noi medici una sconfitta della medicina, della scienza e della ricerca, che da anni mettono a disposizione tutti i sistemi preventivi sicuri e collaudati. Ps: I genitori della ragazza sarda di 14 anni, deceduta a Capodanno nell’ospedale di Sassari, hanno autorizzato la donazione dei suoi organi, che hanno riguardato polmoni, fegato, reni e cornee, i quali sono stati già impiantati in pazienti riceventi, senza alcun rischio di contagio, perché il processo di donazione prevede tutto un percorso di idoneità degli organi prelevati, e si avvale di una rete di sicurezza nazionale, oltre che dei massimi esperti infettivologi in ogni Centro Regionale Trapianti.