Anteprima, 30 dicembre 2019
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Biografia di Sue Lyon
Sue Lyon (1946-2019). Attrice americana. Lolita nel film di Stanley Kubrick del 1962. «Il 26 dicembre, l’attrice di 73 anni, nata il 10 luglio a Davenport, Iowa, ultima di cinque figli di una famiglia dove il padre scomparve prematuramente, è morta a Los Angeles. Da tempo la sua salute era critica, come ha confermato l’amico Phil Syracopoulos. Anche se aveva partecipato a film diretti da registi come Huston e Ford, la sua breve fama sta tutta in quel personaggio, in quegli occhi e in quel titolo allora scandaloso: “Il personaggio mi fa pena, è nevrotico, patetico, pensa solo a sé”, diceva. Sue confessò di non mai aver finito di leggere il libro, troppo complicato per la sua età, ma lo stesso Nabokov confermò che lei era la “ninfetta ideale”. Lolita fece scalpore, era scandalosa, una bomba che mirava al pubblico borghese: il cinema Usa era ancora sotto la tagliola del codice Hays che proibiva i letti matrimoniali e faceva usare il duplex a Doris Day e Rock Hudson. Per miss Lyon, prima fra 800 candidate, fu necessario alzare un poco l’età per non incorrere in denunce: se nel romanzo Lolita aveva 12 anni, nel film ne aveva 14 e la stessa attrice, nata il 10 luglio 1946, ne aveva 15. Il mondo intero fece un flash fissandola in quell’immagine adolescente da dolci inganni, col lecca lecca, occhiali a cuore e l’hula hoop alla vita nel giardino della madre Shelley Winters dove nei famosi titoli di testa si mette lo smalto alle unghie dei piedi. Dopo quel film che l’aveva segnata e per cui aveva vinto il Golden Globe (all’Oscar fu ignorato), dopo aver inciso il 45 giri Lolita Ya Ya, negli anni 60 fu accanto a Burton, predicatore dall’alito pesante di whisky in La notte dell’iguana, nel cast femminile di Missione in Manciuria, con Sinatra. La carriera incespica, le cinque nozze stravaganti non l’aiutano, col quarto marito ebbe un figlio, dall’ultimo divorziò nel 2002. Amori sbagliati: dopo un matrimonio lampo, sposò un fotografo afroamericano in epoca dura per i matrimoni misti, poi nel ‘73 nella sala visite del carcere del Colorado un terzo marito temporaneamente in prigione che, recidivo, meritò un veloce divorzio. Lyon apparve in tv, ma si allontanava l’eco scandalosa di Lolita: nell’80 con Alligator l’addio al cinema da cui aveva avuto molti sgarbi. La più gentile fu la Winters, che sul set di Kubrick le regalò due gattini siamesi, tanto per riportare Sue-Lolita alla sua vera età» [Porro, Cds]. «Lolita comparve nei cinema come una meteora blasfema, perché ben poco era cambiato da quando Graham Greene si era visto costretto a espatriare in Messico per aver scritto che Shirley Temple stuzzicava i pensieri proibiti dello zio Sam (curioso, fra l’altro, è il fatto che fu proprio Greene a lanciare nel ‘55 il grande successo del romanzo di Nabokov, lodandolo sul Sunday Times). Il fatto è che al nostro palato, quasi sessant’anni dopo, la scabrosità di Lolita appare quantomeno appannata, se non perfino ridicola» [Massini, Rep].