Corriere della Sera, 2 gennaio 2020
La comicità di Grillo in una storia della tv
Esiste una storia ucronica della televisione? L’ucronìa è un genere di narrativa basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale. Cosa sarebbe successo se?
Per la sua natura, l’ucronia è spesso assimilata al più vasto genere della fantascienza e si incrocia con la fantapolitica, mescolandosi all’utopia o alla distopia quando va a descrivere società ideali o, al contrario, esecrabili. È stato il discorso di fine anno di Beppe Grillo, postato su Instagram, a stimolare qualche idea sulla storia controfattuale della televisione. Fingendo di scavare una trincea, Grillo porgeva i suoi auguri: «Sarà un anno all’insegna dell’ottimismo, basta aver paura! Siamo terrorizzati da tutto, dal clima, dal cambiamento... Basta paura, dobbiamo essere ottimisti: il futuro che ci aspetta è radioso». Era ironico, visto anche i danni che proprio lui ha provocato.
Se nel 1986 Grillo non avesse fatto la famosa battuta su Craxi e Martelli («Se in Cina sono tutti socialisti, a chi rubano?»), se Grillo non fosse stato cacciato dalla Rai, oggi non avremmo Di Maio al governo? La comicità di Grillo, fin dai tempi di «Te la do io l’America», si basa sul paradosso, sull’esagerazione, sul portare una situazione al limite e invitare lo spettatore a farla esplodere. Perfetta per una televisione senza molte pretese, popolare e nazionale (ma non ancora sovranista). Con un po’ di impegno e alcuni bravi autori, avrebbe potuto completare la trilogia delle sue esplorazioni, magari con «Te la do io l’Italia». Avrebbe avuto le sue brave serate, le sue ospitate ben pagate, le convention, la pubblicità.
Soprattutto non avrebbe coltivato quel risentimento feroce che da comico l’ha trasformato in predicatore. Adesso si deve accontentare di aver guidato un gregge dai pascoli del «no», del «vaffa», dell’integralismo duro e puro a quelli del «nonostante». Pascoli della Casaleggio Ass.