Corriere della Sera, 2 gennaio 2020
Le previsioni sbagliate sul 2019
Sarà un anno da ricordare anche quello appena finito. E da studiare con un po’ di sobrietà: può insegnarci parecchio. Soprattutto a non avventurarci in previsioni basate su speranze o su idiosincrasie. Per esempio, il 2019 è stato un altro anno segnato dalla Brexit, dalla confusione politica a Westminster e di non poche, conseguenti letture catastrofiche dei fondi di caffè per l’economia britannica. Invece, non solo un accordo tra Londra e Bruxelles è stato trovato, non solo il primo ministro che ha condotto la trattativa, Boris Johnson, ha vinto le elezioni e lo ha fatto passare in Parlamento. È anche successo che la catastrofe non c’è stata. Il 1° gennaio 2019, l’indice Ftse 100 della Borsa di Londra era a quota 6.734, il 31 dicembre è arrivato a 7.542, non lontano dal massimo storico di 7.681del giugno 2018. È evidente che il Footsie non racconta tutto: di certo, però, un aumento del 12% in un anno non può essere il segno di un crollo economico, soprattutto se si aggiunge che nel Regno Unito la disoccupazione è al 3,8% (al 7,5% nell’area euro) e la crescita del 2019 sarà attorno all’1,3% (leggermente superiore a quella dell’eurozona). La molto chiacchierata sterlina ha perso valore subito dopo il referendum sulla Brexit del 23 giugno 2016, da 1,27 euro per un pound appena prima della consultazione a 1,18 il 5 agosto 2016; ma il 31 dicembre 2019 ha chiuso sempre a 1,18 . Si può considerare la Brexit un errore, persino una catastrofe politica. Ma occorre fare molta attenzione a non compiere l’errore di ritenere del tutto dipendenti dalla politica le previsioni economiche, soprattutto se di breve periodo: si prendono granchi. Lo stesso, in fondo, vale per l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti. A inizio autunno 2016, le previsioni di un crollo di Wall Street in caso di sua vittoria erano la regola. L’indice S&P 500 viaggiava sotto a quota 2.100: il 31 dicembre del 2019 ha chiuso sopra a 3.200, con un guadagno di quasi il 30% negli scorsi 12 mesi. Certamente, fare previsioni sull’economia non è facile. Così come è difficile per la politica. Proprio per questo è importante farle con gli occhi asciutti, con un pragmatismo non influenzato da desideri e repulsioni. Poi si può sbagliare, ma senza partigianeria. «Fare previsioni è difficile, soprattutto sul futuro», scherzava Niels Bohr, Premio Nobel danese per la Fisica. Il 2019 lo ha ribadito.