Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  gennaio 02 Giovedì calendario

Dalla «legge postdatata» alla «legge-cabriolet»

Dalla «legge postdatata» alla «legge-cabriolet». Il Capodanno 2020, con l’entrata in vigore della nuova prescrizione dei processi, lungo la scala del progressivo scadere di qualità dell’iter legislativo scende l’ulteriore gradino del passaggio appunto dalla «legge postdatata» – cioè approvata il 9 gennaio 2019 ma, proprio come per l’incasso degli assegni problematici, rinviata di 12 mesi nell’entrata in vigore – alla «legge-cabriolet»: quella dove l’assegno normativo si rivela «scoperto» allo scadere dell’annata, non servita (a chi pure l’aveva solennemente promesso) ad approvare intanto la mille volte annunciata riforma parallela della giustizia penale. Scena tuttavia surclassata dal record assoluto di un’altra legge (quella sulle intercettazioni) che, benché dall’approvazione nel 2017 già rinviata per tre volte nella sua entrata in vigore al primo gennaio 2020, solo 24 ore prima – il 31 dicembre 2019 – ha visto in Gazzetta Ufficiale l’affannata quarta proroga al 29 febbraio: varata dal governo sotto Natale con sprezzo del ridicolo per l’asserita «straordinaria urgenza» (formale presupposto dell’ennesimo disinvolto ricorso allo strumento del decreto legge) di completare in meno di due mesi quelle dotazioni tecnologiche non predisposte in tre anni da tre governi. «Postdatate» e «cabriolet», a loro modo, sono pure le modifiche ai due cosiddetti decreti sicurezza e al nuovo testo sulla legittima difesa, tuttora disperse a dispetto delle «rilevanti criticità» additate dal presidente della Repubblica ormai 5 e 9 mesi fa. E il baldanzoso azzeramento della riforma dell’ordinamento penitenziario, operato dagli ultimi due governi e sostituito da niente, come risultato ha chiuso il 2019 con sempre più detenuti (61.174) in sempre meno posti (49.476, da cui detrarne 3.000 inagibili). Palla avanti e poi si vede, insomma. Che però di rado è il modulo per vincere le partite.