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 2020  gennaio 02 Giovedì calendario

Le Olimpiadi 2020 di Tokyo ecosostenibili

Dallo spazio infinito al cuore del 2020. Tokyo accoglie così il Capodanno, con le due mascotte Miraitowa e Someity che passeggiano tra le stelle prima di atterrare sulla città dei Giochi. Non è stata una notte come le altre e il primo giorno del nuovo anno non poteva che pulsare dentro lo Stadio della capitale giapponese che accoglierà le cerimonie di apertura e chiusura dell’Olimpiade (24 luglio - 9 agosto), l’atletica e alcune partite di calcio. L’anno olimpico non poteva che nascere qui, al New National Stadium, che ieri ha visto l’assegnazione della Coppa dell’Imperatore al Vissel Kobe degli ex Barcellona Andrés Iniesta e David Villa, quest’ultimo al suo addio al pallone, che ha battuto 2-0 il Kashima Antlers. Con una capienza di 68 mila spettatori aumentabili a 80 mila, costruito al posto dell’impianto del 1958 che ospitò l’Olimpiade del 1964 per essere abbattuto nel 2015, questo non è un campo di gara, ma una foresta vera e propria, oltre che di simboli. Anzi, una visione del tempo e del futuro. Abbiamo avuto modo di visitarlo in un viaggio in anteprima tra i 43 impianti (25 esistenti, 8 nuovi e permanenti, 10 temporanei) che ospiteranno l’evento a Cinque Cerchi il cui budget non è aumentato negli ultimi due anni: 11,4 miliardi di euro (contro i 7,3 previsti nel 2013 all’assegnazione). La maggior parte dei lavori, a quasi 200 giorni (204) dall’inizio, sono completati.


Lo stadio olimpico
Progettato dall’architetto giapponese Kengo Kuma, il New National Stadium sorge nella Heritage zone del ’64 insieme ad altri 10 impianti (17 sono invece nella Bay Zone, al porto, area in fortssima espansione urbanistica) ed è costato 1 miliardo e 300 mila euro: il primo tronco è stato poggiato a dicembre 2016, 14 mesi dopo il previsto perché il progetto iniziale, firmato dall’archistar iraniana Zaha Hadid (deceduta a marzo 2016) era stato rigettato dal primo ministro Shinzo Abe nel 2015 per i costi troppo elevati. A novembre 2019 cantieri conclusi, il 21 dicembre l’inaugurazione spettacolo con Usain Bolt. L’idea alla base è quella di unire tradizione locale e avanguardia ingegneristica: 2000 metri cubo di legno di cedro provenienti da 47 Prefetture del Giappone per formare gli anelli dell’arena, il tetto e le vele che alludono alla pagoda di 1300 anni fa del tempio di Horyuji. Seggiolini per gli spettatori dal marrone al grigio passando per sfumature di verde e bianco per essere quanto più in sintonia con i colori della natura attorno, la Meiji Jingu Gaien area. Sul quinto anello una foresta pensile che corre per 850 metri. Si ammira il panorama tra alberi, fiori, panchine, col cielo terso si intravede anche il monte Fuji. Si chiama The grove in the sky , e non è un modo di dire: è a 30 metri dal suolo e sembra davvero di camminare in un bosco nel cielo. Ma ipertecnologico: 185 ventilatori e 8 mega nebulizzatori per refrigerare quelli che saranno i Giochi più caldi della storia con temperature oltre i 40 gradi.


Lo stadio della ginnastica
Un cartello appeso a un’impalcatura recita il numero degli operai rimasti illesi nella costruzione dell’Ariake Gymnastics Centre: tutti i 430 coinvolti. Uno stadio temporaneo per la ginnastica e le bocce paralimpiche. Essenziale, razionale, eppure caldissimo. La struttura più japanese di tutte, portatrice del messaggio di questi Giochi d’Oriente: sostenibilità e futuro, artigianalità e modernità. È a 5 minuti dal Villaggio degli atleti e dal centro stampa principale, nella Bay Area, e somiglia a una nave galleggiante. Disegnato da un team di creativi tra cui Nikken Sekkei, l’esterno è in legno di cedro, ricorda la struttura dell’engawa, la veranda giapponese. Il tetto ondulato è considerato il più grande al mondo tra quelli in legno, in questo caso di larice fatto arrivare dalle Prefetture di Nagano e Hokkaido, di 30 metri di larghezza. All’interno anche le tribune per 12 mila spettatori sono in legno così come il soffitto arcuato per un totale di 2300 metri cubi di questo materiale che inchioda la tradizione del Paese alle tecniche più avanzate di costruzione. È costato 170 milioni di euro, è pronto, a fine Giochi ospiterà altrettanta bellezza, esibizioni d’arte.


La piscina
Foto vietate e caschetti sulla testa. La piscina dell’ultima Olimpiade di Federica Pellegrini, oltre che dei tuffi e del nuoto sincronizzato, ha completato il 90% dei lavori iniziati da aprile 2017 ma è ancora un cantiere aperto e sarà l’ultimo degli impianti a essere consegnato, a fine febbraio, con un test event previsto a metà aprile. Il Tokyo Aquatics Centre è vicino al Tatsumi- no-Mori Seaside Park, area verde nel quartiere di Koto Ward affacciato sulla baia, ed è mastodontico: 65500 metri quadrati, 15 mila posti, un tetto alto 37 metri dal suolo, di 160 metri di lunghezza, 130 di larghezza, 10 metri di spessore per 7 tonnellate di peso. La firma è dell’architetto Yamashita Sekkei in collaborazione con lo studio australiano Cox Architecture, è costato 470 milioni di euro ed è l’impianto più grande dei Giochi e uno dei più ampi centri acquatici al mondo. Sarà aperto al pubblico alla fine delle competizioni olimpiche.


Il contesto
17 giorni di gare per 33 sport, 5 in più di Rio 2016, 339 eventi (+33), 11090 atleti di cui il 48,5% donne (+2,9%). Non solo le medaglie, ma anche i palchi per le cerimonie di premiazione fatti di materiali reciclati. Il riconoscimento facciale per accedere ai siti di gara, sicurezza pubblica e privata, nessun drone ammesso nei cieli ma molti manga, dallo spazio infinito al cuore dei Giochi.