Il Fatto quotidiano, 30 dicembre 2019
Il libro di Gotor sul Novecento italiano
anno, cioè, in cui per convenzione poniamo l’inizio della fatidica Seconda Repubblica. Quella che invece, il bravo Gotor preferisce chiamare la “Repubblica dell’ant ipolitica”, in cui si distinguono dapprima il bipolarismo centrosinistra-centrodestra, indi le “larghe o medie intese” tra partiti rivali alle elezioni, compresa la coalizione giallorossa oggi in auge. Procedendo quindi nel catalogo puntiglioso di tutti i tipi dell’a nti-Casta (lo storico non risparmia nessuno, dal cittadino strafottente e cinico o deluso a quello occhiuto, attivo e militante) Gotor rileva come è “cresciuta la tendenza a fare politica e a conquistare il potere mediante l’ant ipol itic a. (...). Forse non a caso i protagonisti emersi negli ultimi venticinque anni di storia italiana, il cui avvento è stato accompagnato da notevoli ondate di consenso, hanno sempre interpretato una postura anti-establishment”. OVVIAMENTE è l’ex Cavaliere Silvio Berlusconi il patriarca che inizia questo lungo elenco che non esclude nessuno. Del resto il pluriottantenne B. è stato il primo campione del populismo di fine secolo nell’intero orbe terracqueo, anticipando di molto il riportone biondo di Donald Trump, icona contemporanea del sovranismo. Però, ed è qui la sorpresa, l’elenco comprende tutti i vari premier o leader comparsi sulla scena italiana. Anche nel campo del centrosinistra. “Prodi (si è presentato, ndr) come il ‘professore’in – terprete di un indistinto ‘po – polo delle primarie’, reso autorevole dal fatto di non appartenere ad alcun partito”. Vero. “Renzi come il giovane ‘sinda – co’ e dinamico ‘rottamatore’ (...) allergico ai riti romani e alle lungaggini dei partiti tradizionali”. Verissimo. QUESTA analisi di Gotor chiude una cavalcata narrativa che comincia più di cent’anni prima con la sconfitta dell’impe – rialismo crispino ad Adua, il primo marzo del 1896, umiliante sigillo alla guerra di Abissinia. Ossia il prologo dell’ultimo lavoro dell’ex parlamentare bersaniano, che insegna Storia moderna all’Uni – versità di Torino. I meriti d el l’opera sono molti. E non solo per incasellare l’antipoli – tica corrente in un arco di tempo che non riguarda solo il boom grillino e lo straripamento del fascioleghismo salviniano. A dire il vero Gotor è un accademico che finalmente inserisce a pieno titolo nella storia d’Italia l’in cli na zio ne autoctona a destabilizzare il potere. Di qui – dopo aver a lungo esaminato e raccontato le vicende giolittiane e quelle del fascismo – la funzione decisiva della strategia della tensione nella parabola politica di se tt an t’anni di repubblica. Tentativi di colpi di Stato, dossier, bombe, stragi, attentati con il fondamentale contributo dello Stato antistato (Servizi e basta, non sempre deviati, coperti dal partito della Dc) che anziché proteggere i cittadini li uccideva sopra un treno (Bologna 1980) o mentre erano in banca (Milano, piazza Fontana, 1969). Da un lato la Costituzione formale, antifascista. Dall’altra quella materiale, rigorosamente anticomunista, che ha usato ogni mezzo, sotto la vigilanza anglo-americana, per tenere il Pci lontano dal governo. ERGO nel gioco degli opposti estremismi, ai trastulli pericolosi e sanguinosi dell’i n t e l l igence nostrana, venne utile anche il terrorismo rosso, dalle Br fino al “Partito armato” che continuò ad ammazzare pure dopo la tragedia di Aldo Moro nel 1978 (di cui, peraltro, Gotor è uno dei massimi studiosi). “Oggi sappiamo che, tra il 1969 e il 1975, la stragrande maggioranza delle azioni violente ebbe origine a destra, nel variegato mondo neofascista: tra il 1969 e il 1973 addirittura il 95 per cento degli attentati. La violenza di sinistra, invece, subì una brusca impennata tra il 1976 e il 1977”. Il culmine della strategia della tensione si ebbe appunto con il caso Moro e dopo iniziò il cosiddetto triennio andreottiano in cui prosperò la loggia P2 del venerabile massone Licio Gelli. E tra le tante anime nere della nostra storia quella di Andreotti resta sempre la più buia. Gotor riporta testimonianze giudiziarie in cui il presunto statista dc viene indicato come il vero capo della loggia gelliana, ma il punto vero e per certi paradossali è che la stagione dell’a nt i po l it i ca, innestata su un atavico antiparlamentarismo (si vedano gli anni del consenso del regime di Mussolini) prese a germogliare proprio negli anni settanta. Paradossale ché furono anni di crescita economica, seppur minore ai Sessanta, ma che finirono nelle fogne dell’Antistato. © RIPRODUZIONE RISE