La Stampa, 30 dicembre 2019
Intervista con Paola Egonu
La donna che schiaccia senza pietà ha chiesto un orsacchiotto per Natale. Paola Egonu è tutta potenza, stile ed emozioni forti quanto le sue battute. Passione che non è sempre facile gestire.
Nel 2019 ha vinto la Champions con Novara e il Mondiale per club con Conegliano. Anno di svolta?
«Mi sono sentita diversa dopo essere riuscita a superare un anno molto complicato. Ora posso usare l’esperienza: le sensazioni provate quando ero in difficoltà si sono trasformate in punti forti».
A quali difficoltà si riferisce?
«Diverse, la parte difficile è stata tenere sotto controllo le emozioni».
E ci si può allenare a farlo?
«Certo, sempre».
In ogni torneo lei viene premiata come miglior giocatrice. Si sente la migliore?
«Penso di essere riuscita a far vedere della bella pallavolo, ma è uno sport di squadra e funziona solo se ti mettono nelle condizioni giuste».
Si rivede in tv?
«No, quasi mai, al massimo un frammento su Instagram».
Si entra nell’anno olimpico. Nel 2016 era una ragazzina, come ha vissuto quei Giochi?
«Non li ho vissuti, ero lì ma non ero consapevole delle mie capacità. Ero piccola, oggi ognuna di noi sa che cosa può dare. Siamo più determinate».
Le azzurre non hanno mai vinto una medaglia olimpica: motivazione e ossessione?
«Quel che è successo prima non può condizionare chi va in campo oggi. Ci hanno provato, forse a noi tocca riuscire, ne saremmo fiere».
Meglio non incrociare il tabù Serbia o batterla?
«Se contro di loro non abbiamo mai espresso il nostro gioco è colpa nostra, dipende da noi invertire la tendenza».
Non c’è ancora il nome del/della portabandiera. Ci fa un pensierino?
«Ci sono atleti che meritano più di me, io sono all’inizio».
La palla che schiaccia con tanta energia che cosa è?
«Una complice, mi alleno con lei ci passo un sacco di tempo, grazie alla palla tiro fuori quello che ho dentro».
A proposito di complicità, lei e la sua amica Silla sembrate sorelle in campo.
«Lo siamo, non è un’impressione, è un rapporto solido. Quando una ha bisogno, l’altra c’è: dalla cosa più importante a quella più banale».
Vive da sola da quando è giovanissima. Cucina?
«Sì, sono autosufficiente. Ma il piatto che mi riesce meglio è la pasta in bianco».
Molto da atleta. Piatto che preferisce mangiare?
«Tagliata di carne con patate al forno».
Quanto contano le sue radici africane?
«Cerco di tornare in Nigeria appena posso e non vedo l’ora di farlo perché lì stacco proprio la testa, è un pezzo di casa».
E c’è qualche pezzo di quella casa che si porta dietro, un abito, una tradizione?
«No. Ho tutto nel cuore».
L’Italia sta davvero diventando più intollerante?
«Penso di sì, altrove c’è più... apertura, qui no».
È un Paese razzista?
«No, assolutamente no, ci sono ancora persone che non accettano la diversità e si fanno sentire, ma l’Italia non è così».
Si è pentita di aver detto di essere gay dopo tutta l’attenzione ricevuta?
«Non mi sono affatto pentita».
Si aspettava tanto clamore?
«Non mi aspettavo nulla, è stato spontaneo. È stato naturale dirlo, come è naturale vivere la mia vita».
In piazza c’è una generazione molto vicina alla sua che manifesta per il clima.
«Mi piacciono, sono consci di quel che succede nel mondo e provano a cambiarlo. Anche solo trovarsi è importante».
Lei andrebbe in piazza?
«No, ma cerco di fare quotidianamente piccoli gesti per migliorare: sto attenta alla raccolta differenziata, protesto se qualcuno butta qualcosa per terra».
Mattarella ha elogiato la nazionale come esempio.
«Ne sono orgogliosa, vuol dire che il messaggio che cerchiamo di trasmettere inizia a essere capito. L’unione, il piacere di giocare insieme».
È la nostra atleta dell’anno ma lei chi avrebbe votato?
«Francesca Piccinini, una maestra».