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 2019  dicembre 30 Lunedì calendario

La città dove forse nacque Abramo

ŞANLIURFA (TURCHIA)
Nelle distese brulle della Turchia sud-orientale spuntano ogni tanto colline – le ziyaret – in cima alle quali cresce un solo albero. È l’albero dei desideri, visitato dalle popolazioni locali per affidare ai rami, e quindi al vento, i loro sogni. Uno di questi alberelli si scorgeva all’orizzonte dell’antichissima città di Şanlıurfa, a sovrastare un colle chiamato Göbekli Tepe, la montagna panciuta.
L’esistenza di siti preistorici nella regione, situata ai piedi del vulcano Karacadag, era ben nota a Klaus Schmidt. Ma quando venne accompagnato a visitare quel colle, ignorato da tutti, coperto di ossidiana che brillava al sole, l’archeologo tedesco non avrebbe mai immaginato di essersi imbattuto in una delle più grandi scoperte di tutti i tempi. Eravamo nel 1994, ed era comparso il primo santuario della storia dell’umanità, costruito 12 mila anni fa alla fine dell’ultima glaciazione, quindi ben prima della nascita dell’agricoltura.
Fu una rivoluzione perché fino ad allora si pensava che il bisogno di spiritualità si fosse manifestato nell’uomo solo con la sedentarizzazione. Vent’anni di scavi, realizzati da tedeschi e turchi, hanno portato alla luce un’architettura dominata da impressionanti pilastri megalitici antropomorfi a forma di T. Inseriti in quattro recinti circolari di pietra, alcuni di essi arrivano fino ai cinque metri di altezza e dieci tonnellate di peso. Scalpellate sul calcare, immagini di fiere e altre creature – serpenti, gru, anatre, tori, volpi, leoni, cinghiali, uri (bovini oggi estinti), scorpioni, formiche, ragni – appaiono spesso minacciose; complicati motivi geometrici e simboli astratti si alternano con gli animali. Quali ne fossero i contenuti simbolici non lo sappiamo, ma secondo gli specialisti questi segni forniscono intuizioni sull’universo dei cacciatori-raccoglitori di Göbekli Tepe, radicato probabilmente su narrazioni risalenti alla fine del Paleolitico, e qui immortalato come espressione di un’origine e di un’identità comune.
Il sito, iscritto nel 2018 nella lista del patrimonio Unesco, è da pochi mesi aperto al pubblico. Per chi si reca in quelle contrade, provenendo dall’avveniristico aeroporto di Istanbul, l’impatto con l’aeroporto di Şanlıurfa, simile a una stazione ferroviaria di campagna, è di grande effetto. Qui, ai confini con la Siria, vivono siriani, arabi e curdi. La città ha accolto nel 2014 centinaia di migliaia di civili in fuga dalla vicina Kobane, minacciata dall’Isis. La popolazione è molto gentile, i poveri non chiedono l’elemosina, ma, seduti dignitosamente davanti al forno, ricevono tutti i giorni un pane rotondo. Al mercato, colorato di spezie e peperoncini, non ci sono turisti. Si dice che Abramo sia nato qui (molti studiosi identificano infatti Şanlıurfa con la città di Ur citata nella Bibbia), vicino alla moschea di Mevlid Halil, in una grotta, da secoli sede di pellegrinaggio di islamici, ebrei e cristiani.
Sappiamo con certezza – come ha spiegato Schmidt che ha diretto gli scavi fino alla morte, nel 2014 – che il territorio dell’odierna Şanlıurfa, chiamata Urfa fino agli anni Ottanta e anticamente Edessa, era meta di lunghi viaggi e luogo considerato sacro già nell’Età della pietra. Fra tutti i centri, uno doveva essere il più speciale: «Göbekli Tepe è un tempio dell’Eden», ha scritto Schmidt, costruito dagli uomini preistorici prima che l’agricoltura distruggesse il loro Paradiso. In effetti recenti analisi del Dna suggeriscono che la possibile patria dei nostri cereali coltivati sia proprio il vulcano Karacadag.
Il santuario, frequentato per duemila anni, fu a un certo punto abbandonato e coperto di terra. I motivi per cui ciò avvenne sono tutt’oggi oggetto di dibattito. Possiamo invece immaginare che lo spostamento di tonnellate di terra per occultare l’area abbia comportato uno sforzo collettivo immane, impossibile senza una distribuzione del lavoro gerarchiamente organizzata. Molti dei reperti rinvenuti nel sito sono custoditi nel nuovissimo museo della città, colmo di meraviglie inaspettate. Le vetrine pullulano di sculture di animali di varie dimensioni, trovate non solo a Göbekli Tepe ma anche in altri luoghi, come la sorprendente Nevali Çori, di poco antecedente, ora sommersa dalla diga Atatürk.
Reperti della vicina Harran, citata nella Bibbia perché ivi Abramo visse a lungo con la sua famiglia, ci trasportano in un profondo passato. Qui, nel tempio di Sin, si svolgeva l’antichissimo culto della Luna, e qui sopravvivono le rovine di una famosa accademia medievale che ha tramandato millenni di conoscenze astronomiche mesopotamiche. Nel museo, una enigmatica statua a grandezza naturale con magnetici occhi di ossidiana ruba la scena: è l’Uomo di Urfa, la più antica scultura della storia dell’umanità, coeva di Göbekli Tepe, rinvenuta nel centro storico della città. Si conoscono ad oggi altri dodici insediamenti della stessa epoca, circoscritti nel bacino dell’Eufrate. Ma uno, Karahan Tepe, nel quale quest’estate si sono avviati nuovi scavi, si annuncia ancora più antico e promette sorprese strabilianti. —