la Repubblica, 30 dicembre 2019
Con lo sdoppiamento dei ministeri, il M5s va in minoranza in consiglio dei ministri
ROMA – Premier Conte sdoppia i ministeri della conoscenza: scuola da una parte, università dall’altra. E per dare una risposta rapida alla crisi aperta quattro giorni prima dall’addio di Lorenzo Fioramonti, riporta l’orologio del ministero a undici anni prima: due strutture separate, Governo Prodi due. E alle consuetudini politiche precedenti la Legge Bassanini, maggio 1999. «Abbiamo la necessità di rilanciare il comparto dell’università», dice alla conferenza di fine anno il presidente del Consiglio, «sono convinto che la cosa migliore sia separarla dalla scuola». Conte, che sia sulla scuola (accordo di aprile con i sindacati) che sulla ricerca (varo dell’Agenzia nazionale) ha sempre mostrato protagonismo, indica i due nuovi nomi: Lucia Azzolina, 37 anni, due lauree, già docente di Storia e Filosofia e movimentista grillina, viene promossa da sottosegretaria a responsabile dell’Istruzione. L’ingegner Gaetano Manfredi, 55 anni, guida dell’Ateneo Federico II di Napoli, per due mandati presidente della Conferenza dei rettori, è ministro dell’Università. Manfredi, tecnico vicino al Pd, è il quarto ministro-rettore in otto stagioni, dopo Profumo, Carrozza e Giannini. Il problema è che entrambi, Azzolina e Manfredi, sono il settimo e l’ottavo ministro destinati a Viale Trastevere di queste ultime otto stagioni: un anno medio di durata per ogni responsabile del sapere pubblico non può consentire alcuna amministrazione di comparti così delicati. E il primato di Lorenzo Fioramonti, dimessosi per mancati finanziamenti dopo 110 giorni, non ha fatto che rendere ancora più precario un percorso politico all’interno di un mondo precario di suo. In apertura di conferenza Conte, a proposito del professore dimissionario, si è limitato a dire: «È stato ministro per troppo breve tempo per trarre conclusioni così radicali». Le dimissioni, appunto. E gli ha chiesto di non avventurarsi in fondazioni di nuovi gruppi parlamentari in polemica con la linea Cinque Stelle di Luigi Di Maio: «Non ho velleità di avere un gruppo di riferimento e neanche un partito. Non fatelo, destabilizzerebbe la maggioranza». Per contenere le accuse di un aumento dei costi per lo Stato, che già piovono dalle opposizioni, il premier ha spiegato che ai due ministri non si affiancheranno nuovi sottosegretari. Chi già c’è – Ascani e De Cristofaro – resta. L’europarlamentare cinque stelle Ignazio Corrao ha commentato: «Lo scherzetto di Fioramonti ci è costato mezzo ministero». Già, il movimento diventa minoranza in Consiglio dei ministri: il centrosinistra, con il nuovo riferimento Pd Manfredi, ha un esponente in più dei difficili alleati: 11 a 10. È ancora il deus ex machina Conte a dare indicazioni sull’alta formazione del prossimo futuro. Rivendica il battesimo dell’Agenzia nazionale per la ricerca e dice: «Penso ad aumentare i fondi sul diritto allo studio». È dalla stessa maggioranza, però, che arrivano segnali minacciosi. Il renziano Gabriele Toccafondi, ex sottosegretario, fa sapere: «Chi farà il ministro dell’Istruzione e dell’Università abbia chiaro da subito che c’è una maggioranza che non è disposta a stare a guardare mentre viene demolita la scuola dell’autonomia, della valutazione, del merito. Altrimenti durerà meno del precedente. Non siamo disponibili a vedere un altro ministro assente, che si palesa solo nelle interviste». Da lontano Fioramonti ricorda: «La scelta di tornare a due ministeri è saggia. Ne avevamo parlato già al tempo del Conte 1. Mi fa piacere che il premier si sia convinto. Ora un segnale concreto: a gennaio un piano di reclutamento di ricercatori».