Corriere della Sera, 31 dicembre 2019
Kim ammette: «L’economia nordcoreana è in crisi»
Ha cominciato il 2019 minacciando di «cambiare strada» nel 2020 se gli Stati Uniti non avessero allentato le sanzioni. Ora Kim Jong-un ha chiuso l’anno con un discorso al Plenum del suo Partito dei lavoratori annunciando «misure positive e offensive» per garantire la sicurezza della Nord Corea. La frase è vaga, ci si aspetta che il Maresciallo la precisi il primo gennaio, quando parlerà alla nazione. Ma intanto già il fatto che abbia convocato il vertice del Partito, evento raro, secondo gli analisti segnala l’imminenza di sviluppi importanti.
La «nuova strada» potrebbe essere piuttosto la vecchia, quella della corsa alle armi, lo sviluppo di altri missili intercontinentali per mettere sotto tiro le città americane, forse un test nucleare. «Saremmo estremamente delusi, abbiamo molti strumenti per rispondere», ha detto Robert O’Brien, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca.
Dal novembre 2017 la Nord Corea si è astenuta da queste imprese ad alto rischio che l’avevano portata sull’orlo della guerra con gli Stati Uniti. Donald Trump aveva promesso «fuoco e furia» per cancellare Kim, poi a inizio 2018 la svolta improvvisa: il dittatore accettò gli inviti al dialogo lanciati dal presidente sudcoreano Moon Jae-in, inviò una rappresentativa nordcoreana alle Olimpiadi invernali al Sud, cominciò a dialogare con la Casa Bianca. Vertice storico con Trump a Singapore nel giugno 2018, sul tavolo la parola «denuclearizzazione», molti sorrisi, pacche sulle spalle. Secondo vertice nel febbraio 2019 a Hanoi e fallimento: Trump si alzò dal tavolo dicendo che i nordcoreani giocavano con carte truccate. Colloqui bloccati per mesi.
Kim ad aprile disse di aver fatto già molte concessioni congelando i test missilistici e nucleari e fissò la fine del 2019 come data ultima per ottenere contropartite dagli americani. Poi a fine giugno incontro informale e spettacolare sul 38° Parallelo, ma nessun passo avanti.
Ed è ormai chiaro anche a Trump che Kim non ha alcuna intenzione di rinunciare all’arsenale nucleare, costruito come polizza d’assicurazione per sé e il suo regime. In queste condizioni il presidente americano non è disposto ad ammorbidire l’embargo economico votato all’Onu.
I piani
Pyongyang non vuole rinunciare all’arsenale nucleare visto come «polizza» del regime
Le sanzioni stanno facendo molto male all’economia nordcoreana. Nel discorso al Plenum Kim ha parlato dell’urgenza di «correggere la grave situazione industriale», riferisce l’agenzia statale Kcna.
Con le sanzioni l’industria autarchica può al massimo assicurare la sussistenza e alimentare l’arsenale missilistico. E così Kim ha alzato la pressione sulla Casa Bianca. Nella seconda metà del 2019 sono stati contati 13 test con missili a corto e medio raggio, che non possono raggiungere gli Stati Uniti e quindi non sfidano direttamente Trump, ma possono colpire Sud Corea e Giappone (con le loro basi americane). Ha sparato anche un mega lanciarazzi multiplo da 600 millimetri. A dicembre due test di motori per razzi spaziali.
Quali sono le «misure positive e offensive»? Il discorso di Capodanno potrebbe sciogliere i dubbi.
Come reagirà Donald Trump? Il presidente ha quattro opzioni: mandare un’altra bella lettera amichevole a Kim, che il dittatore apprezzerebbe di sicuro; proporre un summit, che però sarebbe inconcludente come i primi tre; insistere sui negoziati tecnici tra funzionari esperti di disarmo; tornare a «fuoco e furia». Trump è in campagna elettorale, è minacciato dalla procedura di impeachment e può essere nervoso.