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 2019  dicembre 31 Martedì calendario

Intervista a Stefania Auci

Non è vero che il successo arriva per caso. Si costruisce, passo dopo passo, a testa bassa. Stefania Auci, 45 anni, insegnante di sostegno in un istituto alberghiero di Palermo, da otto mesi domina le classifiche: il suo romanzo storico I leoni di Sicilia, (edizioni Nord, gruppo Gems), è al secondo posto della top ten dei libri più venduti nel 2019 (250 mila copie da maggio, quando è uscito), tallonando per un pugno di copie Il cuoco dell’Alcyon di Camilleri e sorpassando i re delle classifiche, tra cui Gianrico Carofiglio, Fabio Volo, Elena Ferrante (che sono però usciti da poco). Ora il libro è in procinto di diventare una serie tv, coprodotta da Compagnia Leone Cinematografica e Rai Fiction: «Non so ancora chi sarà il regista, né se potrò collaborare alla sceneggiatura». Auci ha scritto un romanzone storico, una dinasty familiare di oltre 400 pagine mescolando affari e amori, fortune e disgrazie: l’ascesa e il declino della famiglia Florio, partita da un modesto commercio di spezie e diventata proprietaria di miniere di zolfo, navi, tonnare, per ricadere infine nel niente da cui era partita. Prima della consacrazione la scrittrice, trapanese trapiantata a Palermo, aveva pubblicato due romanzi rosa per Harlequin ( Fiore di Scozia e La rosa bianca ) e un romanzo storico per Baldini & Castoldi,
Florence. Non li rinnega: «Sono orgogliosa del cammino che ho fatto. Che c’è di male ad essere nazionalpopolare?».
Che effetto le fa stare in vetta con Camilleri?
«Èstato permeunmaestro.Dopola sua morte, alcuni detrattori, i soliti leoni da tastiera, hanno scritto che eraun autore mediocre.Miè dispiaciuto.Con buona pace dichi fa lo snob, sonosicura cheda quia cinquant’anni sarà studiato nelle università.Accadrà comeper Sciascia, la cui grandezza è stata capitaa distanza di anni. Camilleri ha raccontato una Sicilia diversa, atipica, una terra mitizzata ma concreta.Credo che La stagione della caccia sia uno dei suoi libri più belli.
Atutta quella gente chelo attacca dico: signori toglietevi gli occhiali e leggete senza pregiudizi».
Anche i Florio sono lontani dallo stereotipo della Sicilia aristocratica e feudale. Sono imprenditori, animati da uno spirito pragmatico borghese.
«Volevodimostrare che la Sicilia non è solo un territorio pigro e sonnolento».
Quando uscirà il sequel?
«Ci sto lavorando, nonso però se riuscirò a finirlo per il prossimo anno. Saràunvolume piùgrossodel primo, densissimo distoria economica e familiare. Dovrò tagliare molto. Al centro ci sarà Franca Florio, donna straordinaria.Una donna fuori del comune,pienadicharme, che aveva conquistato D’Annunzio e ispirato molti pittori, da Giovanni Boldini, chele dedicò un famoso ritratto, al siciliano Antonino Leto. Il secondo volumechiuderàla saga».
Ha scritto pensando al pubblico
femminile?
«Ho scritto il libro che avrei voluto leggere. E poi guardi, sulle saghe familiari ci sono molti pregiudizi, vengonolettecome storieamorose diappannaggiofemminile. A nessunoperòverrebbemaiin mente di dire che Ken Follett scrive storie d’amore nazionalpopolari. Si rimprovera invece a Isabel Allende.
Laveritàè che hoscoperto di avere molti lettori uomini. Vengono alle presentazioni,maquando si avvicinano per far firmare il libro, hannopudoree chiedonola dedica perlamoglie ( ride )».
La copertina zuccherosa con un quadro di Vittorio Matteo Corcos ammicca però ai romanzi rosa.
«Funziona lo sguardo fisso della donna, che guarda i lettori, li acchiappa.È come se dicesse: oravi raccontouna storia».
Ci vuole determinazione per diventare uno scrittore pop?
«Tantissima.Può immaginarequanti rifiuti ho ricevuto negli ultimi dieci anni? Se ho resistito,se sono andata avanti a testa bassa, “a corn a calate” come si dice da queste parti, è perché l’ho voluto. Ho imparato dalla mia insegnante del liceo che la vita è un camminare cadendo. Cadi, ti rialzi, cadi di nuovo, ti fermi, ti metti lo scotch, ti rimetti in piedi».
È una donna ambiziosa?
«Lo rivendico. Hoperseguito i miei obiettivi con una certa incoscienza.
Quandopersonemoltovicinemi dicevanoche non ce l’avrei mai fatta, miincavolavocomeunaienamanon mollavo.Sonouno scorpione ( ride)».
Ormai è cosa nota che lei per anni ha riscritto fanfiction su piattaforme come Efp e Wattpad, lo fa tuttora?
«Certo,ma non rivelerò il mio pseudonimoneanche sottotortura.
Lefanfiction sono la mia zona di libertà totale, il mio laboratorio chimico, dove sperimento linguaggi, tecniche narrative, spostamenti di punti di vista. Il romanzo è la commercializzazionediquel prodotto, ne è il distillato».
E cosa ha capito, riscrivendo classici fantasy?
«Chela primapersona narrativa non faper me. Troppo autoreferenziale, nonfunziona».
Ma ha senso oggi scrivere un romanzo tradizionale, stile ottocentesco?
«Quandoalcuni critici mi diconoche hoscrittoun romanzovecchio,mi viene da chiedergli: e cosa c’è che nonva in questo? Volevo scrivereun libro classico che avesse un inizio, unosvolgimento eunafine,una storia che tutti potessero leggere. Ad alcuniè sembratoun difetto, come se la lettura fosse un piacere carbonaro, riservato a pochi. Forse è il caso di superare la dicotomia tra il lettore iniziatico votato a tesi di cui nonsicapisce un’amataceppa e quello che ama i libri più facili e popolari».
Voleva mettersi sulla scia di
Elena Ferrante?
«Lei è lì, nell’alto della sua montagnetta,non potrei mai sentirmi in competizione, sono l’ultima ruotadel carro. Ammiro moltoil suomodo discrivere. Ha una scrittura lineare, limpida, pulita: la scritturasemplice è un valore. Ma attenzione, la semplicità non è la banalità».
Qual è per lei il confine?
«Lasemplicitàèun tubino nero.La banalità è il pacchiano: essere inutilmenteinvoluti è pacchiano».
Come si scrive un grande romanzo popolare?
«Tralavoro didocumentazione, scrittura e correzioni,ho impiegato tre anni,svegliandomi ognigiorno alle 4,30. Gli ultimi mesi li ho passati in tour. Ora però vorrei rallentare, stare di più con i miei figli. Eleonora ha tredici anni, Federico quasi quindici.Non c’ero a un loro spettacolo teatrale, ho saltato un compleanno.Sonocose che ti perdie nontornano».
E a chi dice che ha voluto riscrivere un Gattopardo per famiglie?
«Il Gattopardo ce l’ho fradicio in testa».
Cioè?
«Èinzuppato nella mia testa».
Parteciperebbe al premio Strega?
«No,ci tengo allamia sanitàmentale
( ride)».