Il Messaggero, 31 dicembre 2019
L’Istat: nascite ai minimi, boom dei single, stipendi in aumento, disoccupati in calo
Un Paese a vocazione solitaria. Che fa sempre meno figli, invecchiando. L’Istat pubblica l’Annuario statistico coniando uno slogan piuttosto efficace. È ormai l’Italia delle «famiglie unipersonali» quella che si prepara a sbarcare nel nuovo decennio. Una nazione demograficamente in declino nella quale si disputa una specie di testa a testa tra single e coppie con figli, in cui le prime aumentano continuamente mentre le seconde battono in ritirata. I tempi che cambiano. I numeri dicono che le famiglie, 25 milioni e 700 mila, «sono sempre più numerose e sempre più piccole». E il numero medio di componenti è passato da 2,7 (media 1997-1998) a 2,3 (media 2017-2018). Quelle con un unico membro «in venti anni sono cresciute di oltre 10 punti: dal 21,5% nel 1997-98 al 33,0% nel 2017-2018, ovvero un terzo del totale delle famiglie». Sono infatti il 33%, appena sotto le coppie con figli che sono il 33,2%.
L’Istat poi ricorda come nel 2018 si sia toccato un nuovo minino storico nelle nascite, mai così poche dall’Unità d’Italia, ovvero dal lontano 1861. Intanto la speranza di vita riprende ad aumentare. Un mix che fa dell’Italia «uno dei Paesi più vecchi al mondo, con 173,1 persone con 65 anni e oltre ogni cento persone con meno di 15 anni al primo gennaio 2019». E in questo quadro gli immigrati (gli stranieri arrivano a 5,2 milioni) non riescono a compensare squilibri demografici che vedono la popolazione ridursi (-124 mila in meno in un anno). E nell’Italia delle famiglie light, si riducono anche gli spazi abitativi: l’Istat infatti rileva una diminuzione della superficie delle singole abitazioni.
I NUMERI
Nell’Annuario, composto di 24 capitoli viene sviscerato ogni aspetto, all’ambiente alla società. E così, ad esempio, dalle tabelle riassuntive sui matrimoni chiusi in Italia nel 2017 spunta che quasi uno sposo italiano su dieci si è unito a una straniera. Eppure rispetto agli altri Paesi europei giriamo poco il mondo. I numeri parlano di un Paese tra i meno vacanzieri. Ci concediamo in media una vacanza all’anno ciascuno, rispetto alle 2,6 degli europei.
Segnali di vitalità arrivano dal fronte economico. Nel 2018 c’è stato infatti un aumento dell’1,5%, guardando alle retribuzioni contrattuali orarie, grazie alla spinta impressa dal pubblico impiego, che ha beneficiato dei rinnovi dopo dieci anni di stallo. Nel Rapporto c’è anche spazio per analisi che intrecciano i livelli di reddito con l’intensità delle disuguaglianze. Lo studio dimostra come, almeno nelle città, al crescere della ricchezza si acuiscano i divari. Lo scorso anno è stato caratterizzato poi da un nuovo aumento dell’occupazione (+192 mila unità rispetto al 2017), superando i livelli pre-crisi. La crescita interessa soltanto i dipendenti (+215 mila), esclusivamente a tempo determinato, mentre torna a calare il tempo indeterminato. Prosegue la riduzione dei disoccupati (-151 mila) e del tasso di disoccupazione (-0,6 punti), in particolare per i giovani. Intanto si riaprono problemi che sembravano indirizzati verso una risoluzione. È il caso dell’affollamento delle carceri che negli ultimi mesi ha ripreso a crescere. Un segno che Istat definisce «preoccupante».