Il Sole 24 Ore, 31 dicembre 2019
Domani entra in vigore la nuova prescrizione
Alla fine arriva anche il giorno del debutto di una delle misure più dibattute (e contestate) dell’anno. Da domani per la prescrizione si apre l’era Bonafede. Quanto durerà è però tutto da vedere. Di certo il ministro della Giustizia molto si è speso prima e ha resistito dopo per tenere il punto. Sarà operativo tra poche ore quel blocco dei termini dopo la sentenza di primo grado, di assoluzione o condanna che sia, introdotto nel corso dei lavori sulla legge “spazzacorrotti”, la cui entrata in vigore era stata rinviata di un anno dopo l’accordo tra Cinque Stelle e Lega per dare tempo a un’intesa sulle misure per accelerare i processi penali.
A mancare sono però tuttora le disposizioni per dare effettività alla durata dei procedimenti. E già in Parlamento si veleggia tra ipotesi alternative non solo di fonte opposizione, visto che il Pd ha presentato venerdì una sua proposta alternativa (con Forza Italia che si è detta disposta a votarla «in un minuto»).
Intanto, anche sulle conseguenze dell’intervento le opinioni divergono. Bonafede ha più volte sdrammatizzato, sottolineando che la “sua” riforma non condurrà certo all’apocalisse, con i primi effetti che si vedranno solo tra qualche anno, visto che la novità si applicherà solo ai procedimenti per reati commessi dal 1° gennaio e al momento della pronuncia del verdetto di primo grado.
Di parere opposto il Pd che ha ricordato come da domani tutte le indagini e i processi su nuove ipotesi di reato sfrutteranno l’intera durata della prescrizione, sinora prevista per i tre gradi di giudizio, per arrivare alla sola sentenza di primo grado. I procedimenti saranno allora destinati fatalmente ad allungarsi in modo corrispondente. Non solo, ma i processi di appello su fatti post 1° gennaio contro patteggiamenti o giudizi immediati, che arriveranno a breve, non potendo più prescriversi, finiranno fatalmente in coda a tutti gli altri provocando un ulteriore allungamento patologico che si produrrà in tempi brevissimi.
Per l’Anm ogni allarmismo è fuori luogo, anche sul versante degli arresti in flagranza e sui relativi riti direttissimi: l’eventuale stato cautelare conseguente costituisce infatti una causa tipica di accelerazione del processo.
Provando a spostarsi sui numeri, la riforma eviterà che si prescriva poco meno di un quarto di quanto oggi viene fulminato dal decorso dei tempi. Secondo gli ultimi dati disponibili, il numero complessivo di prescrizioni è in diminuzione, per la prima volta da 4 anni: nel 2017 infatti i procedimenti azzerati da prescrizione si è fermato a quota 125.564, vicino alle 123.078 del 2013, mentre nel 2016 erano state 136.888. Circa 10.000 in meno anno su anno, dunque, e con una finestra sul 2018, dove, nei primi 6 mesi, si sono azzerati 63.177 procedimenti.
Ad aumentare sono però le prescrizioni che maturano in appello, quelle sulle quali maggiormente inciderà la riforma che sono passate dalle 25.748 del 2016 alle 28.125 del 2017 (15.845 nei primi 6 mesi del 2018). La fase delle indagini si conferma come quella più soggetta al rischio di estinzione del reato, ma il calo di quasi 10.000 prescrizioni riguarda proprio questa fase del procedimento penale.
Per quanto riguarda i reati che sono maggiormente soggetti alla prescrizione i più aggiornati dati disponibili, relativi al 2015, fotografano un impatto significativo soprattutto sulla criminalità comune (a volte determinato, come nel caso dell’edilizia, dal sovrapporsi di una pluralità di norme non sempre coerenti): ai primi 3 posti infatti si collocano le irregolarità sull’attività urbanistico edilizia (2.433), la ricettazione (2.177) e la guida sotto l’influenza di alcol (1.825). A seguire la truffa, le lesioni personali e i furti.