Il Sole 24 Ore, 31 dicembre 2019
PopBari, un salvataggi oda 1,4 miliardi
Il Fondo interbancario per la tutela dei depositi verserà entro oggi 310 milioni di euro alla Banca popolare di Bari per consentirle di chiudere l’esercizio 2019 con i requisiti patrimoniali in ordine. La decisione è stata assunta ieri all’unanimità, al termine di una riunione del consiglio durata oltre tre, nel corso della quale sono state esaminate nel dettaglio le motivazione della richiesta di intervento giunte dai commissari della banca pugliese, che secondo le indiscrezioni avevano immaginata una cifra più alta e vicina ai 340 milioni. La somma deliberata alla fine viene però ritenuta più vicina a quanto effettivamente indispensabile per l’istituto di credito e soprattutto capiente: 288 milioni, infatti, è il fabbisogno quantificato per coprire il gap di patrimonio rispetto ai requisiti minimi e per non perdere i finanziamenti Ela(erogati alle banche in crisi provvisoria di liquidità) dalla Bce. Si tratta di un ammontare più elevato rispetto allo shortfall calcolato nei mesi scorsi, oscillante tra 150 e 200 milioni. La quota residua rispetto ai 310 milioni (poco più di 20 milioni, dunque) è quella necessaria alle perdite ulteriori stimate per chiudere il conto economico 2019.
Il ruolo del Fondo non si esaurisce però qui. L’intervento complessivo per risollevare le sorti della banca, si legge nella nota diffusa ieri, prevede «un ampio progetto di rafforzamento patrimoniale di 1,4 miliardi euro, da realizzare nei prossimi mesi». Il Fondo, si spiega, si impegna «a concorrere alla complessiva operazione di rafforzamento patrimoniale per l’importo massimo di 700 milioni». Quest’ultima soglia va considerata come un «fino a un massimo di», dunque l’auspicio è che alla fine l’apporto necessario in sede di aumento di capitale sia inferiore. L’altro partner dell’operazione sarà il Mediocredito centrale, che a sua volta oggi riunirà il cda per deliberare il proprio impegno fino a 700 milioni.
I passi successivi, prosegue la nota, «saranno disciplinati da un accordo quadro che verrà sottoscritto dalle parti allo scopo di pervenire alla configurazione dell’assetto complessivo dell’operazione. Ci sarà quindi un piano industriale sulla base di un’attenta valutazione dell’attivo e del passivo della banca e la determinazione del fabbisogno patrimoniale definitivo». La quantificazione elaborata ai fini dell’intervento preliminare del Fitd va dunque considerata provvisoria e da sottoporre a un ulteriore valutazione dei rischi ma anche a potenzialità che potrebbe ridurre il fabbisogno finale. Secondo le indiscrezioni il piano industriale dovrebbe includere cessione di crediti per 2 miliardi e l’uscita di 900 persone. Per l’aumento di capitale vero e proprio, comunque, ci vorrà ancora molto tempo, probabilmente mesi visto che la banca dovrà passare attraverso le assemblee per deliberare il cambio di statuto, la trasformazione in spa e poi l’aumento di capitale. E nell’arco di questi mesi dovranno essere anche messe a punto le modalità con le quali risarcire gli azionisti, che in molti casi sono stati indotti dalla banca a comprare azioni con modalità poco cristalline oggi al centro delle indagini della magistratura.
Il prossimo passaggio chiave, in ogni caso, è la conversione del decreto legge che autorizzato a ricapitalizzare Mcc fino a 900 milioni. L’iter in Parlamento è già fissato, con le audizioni calendarizzate tra l’8 e il 10 gennaio e l’obiettivo di convertire il decreto entro il 15 gennaio. L’intervento del Fitd è vincolato alla conversione del Dl: è probabile che in Parlamento non ci saranno sorprese, anche perché a quel punto ci si dovrebbe assumere la responsabilità politica di un dissesto ancora maggiore. E poi perché con tutta probabilità verrà posta la fiducia. «Con questa operazione – conclude a nota del Fitd – il settore bancario nel suo insieme ha ancora una volta offerto il proprio contributo, con mezzi propri, alla stabilità del sistema e alla tutela dei depositanti, ponendo le premesse per un’azione di salvataggio e di rilancio della Popolare di Bari». Positiva la reazione dei sindacati: «L’intervento del Fondo interbancario assicura stabilità al gruppo e tutela l’occupazione, adesso un salto di qualità con figure di altissimo livello. Per eventuali esuberi a Bari solo pensionamenti e prepensionamenti volontari» ha affermato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.
Una volta che sarà stata garantita la conversione in legge del decreto, potrà partire la fase di costruzione del salvataggio di Bari che dovrebbe portare la banca anche a fare da volano per le aggregazioni di altre banche minori con l’obiettivo di creare un polo bancario del Sud. Progetto previsto dal decreto anche per motivare l’intervento pubblico, che comunque, non va dimenticato, dovrà passare il vaglio dell’Antitrust europeo in tema di aiuti di Stato. Anche l’intervento preliminare appena varato dal Fitd dovrà passare allo stesso setaccio e dunque dovrà essere notificato a Bruxelles. Dovrà essere il ministro per l’Economia, con apposito decreto, a fissare i passaggi successivi per il salvataggio della banca pugliese e, in particolare, delle modalità di intervento di Mcc. Dovrà probabilmente indicare le modalità con le quali nelle prossime settimane dovrà essere ricapitalizzata la banca: sarà l’azionista Invitalia a farsi da tramite dell’operazione. Va, inoltre, ricordato che il decreto prevede che le azioni di Mcc, una volta rilevate le quote di altre banche, possano essere scisse e spostate direttamente sotto il controllo dello Stato.