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 2019  dicembre 29 Domenica calendario

RITRATTONE BY “PANORAMA” DEL PATRON DELLA LAZIO: “È LA GIF DI SÉ STESSO. QUANDO PARLA GESTICOLA IN MODO COMPULSIVO COME L'ITALIANO DELLE BARZELLETTE, ANCHE SE AL POSTO DI "MAMMA MIA" AMA DIRE COSE COME "ILLO TEMPORE" – “VUOLE ESSERE ASCOLTATO E NE HA DIRITTO, PERCHÉ ORA CHE LA SUA SQUADRA È IN ZONA SCUDETTO E CON I BILANCI IN ORDINE, VA RICONOSCIUTO CHE CI SA FARE” – “ANCHE IL SOPRANNOME "LOTIRCHIO" È INGENEROSO. IN 15 ANNI, LA SUA LAZIO È LA SQUADRA CHE HA VINTO DI PIÙ DOPO LA JUVENTUS E HA TRIPLICATO IL VALORE DI BORSA…" - QUANDO NEL 2001 TELEFONO' A UN COLLABORATORE DI TREMONTI: SALVE, SO' LOTITO, QUELLO DELLE PULIZIE. VOLEVO CHE DICESSE AL MINISTRO..."

È soggetto di ironie, lo chiamano «Lotirchio, «Lotutto», «Lotitochefacose». Ma Claudio Lotito è il patron della Lazio, squadra che in 15 anni ha vinto di più dopo la Juventus (tre Coppe Italia e due Supercoppe) e ha triplicato il valore in Borsa. Panorama da oggi in edicola gli ha dedicato un ampio ritratto di cui pubblichiamo uno stralcio

Il 15 giugno 1987, quando Steve Wilhite, un informatico dell' Ohio, inventò la Gif (Graphics interchange format), non poteva certo sapere che in Italia avevamo un uomo che era già un formato grafico animato, pronto alla diffusione virale. Claudio Lotito, il presidente della Lazio, è la Gif di sé stesso.

Quando parla gesticola in modo compulsivo come l' italiano delle barzellette, anche se al posto di «Mamma mia» ama dire a ripetizione cose come «illo tempore», «erga omnes» ed «effetto prodromico». [] Vuole essere ascoltato e ne ha diritto, perché ora che la sua squadra è in zona scudetto, con i bilanci in ordine e una tifoseria quasi completamente ripulita da nazi e spacciatori, va riconosciuto che ci sa fare. E anche il soprannome «Lotirchio» è ingeneroso. In quindici anni, la sua Lazio è la squadra che ha vinto di più dopo la Juventus (tre Coppe Italia e tre Supercoppe, l' ultima domenica scorsa proprio contro la Juve) e ha triplicato il valore di Borsa.

Per capire il personaggio si deve partire da un aneddoto. Nel 2001, al ministero dell' Economia torna Giulio Tremonti e nei primissimi giorni di lavoro in Via XX Settembre a un suo stretto collaboratore capita un episodio bizzarro. Non fa a tempo a prendere possesso del proprio ufficio che vede lampeggiare il telefono, alza la cornetta e dall' altra parte una voce dice: «Salve, so' Lotito, quello delle pulizie». Il giovanotto risponde: «Forse ha sbagliato numero». Ma dall' altra parte insistono: «No, no, non ho sbagliato. Volevo che dicesse al ministro che a noi ci interessa Vincenzo Fortunato come capo di Gabinetto, grazie». Non era uno scherzo. Aveva l' appalto delle pulizie al Tesoro e in altri ministeri, oltre che della Regione Lazio e di vari enti pubblici. I suoi amici di An, da Francesco Storace, allora presidente della Regione Lazio, a Gianfranco Fini, che era vicepremier, erano sulle poltrone giuste. Quanto a Fortunato, ovviamente finì dove voleva Lotito.

Ma c' è molto del futuro presidente della Lazio anche in quel «noi», dietro al quale non si nascondevano certo né una loggia massonica (è cattolicissimo, gira con il rosario in tasca), né una lobby, né un partito (nel 2018 si è candidato per Forza Italia al Senato, ma ha fallito di un soffio il seggio). Il plurale maiestatis, come direbbe lui, indica Lotito, Lotito e ancora Lotito. Non a caso è detto anche «Lotutto» per una certa bulimia, che lo ha portato a comprarsi anche la Salernitana [] «Lotitochefacose» [] ha anche regalato una battuta definitiva sui saluti romani allo stadio: «Che posso mettere un poliziotto per tifoso a vedere se alza il braccio, abbassa il braccio, rialza il braccio? Facciamo lo stadio con 18.000 tifosi e 18.000 poliziotti? È solo fariseismo».

Del resto, Lotito ha parlato con i fatti: ha portato la squadra ad Auschwitz, ha affrontato i fan delle svastiche a muso duro, beccandosi contestazioni e insulti di ogni tipo e 15 anni ininterrotti di scorta armata. E se in curva vanno spesso i cosiddetti avanzi di galera, lui invece è a tutti gli effetti definibile un avanzo di parrocchia. Anzi, di oratorio. Cita «Nostro Signore Gesù» in continuazione e al sabato pomeriggio, nel centro di Formello, fa dire la messa per i giocatori.

Figlio di un dirigente di polizia e di una casalinga, il futuro presidente biancoazzurro, classe 1957, è cresciuto nel Reatino, studiando sodo e prendendosi una laurea in pedagogia alla Sapienza con il massimo dei voti. Nonostante la statura non lo aiutasse, da ragazzo ha giocato in porta. Poi, appesi i guanti, è passato dalla Virtus Amatrice all' amatriciana.

Pranzare con lui è un' esperienza forte. È stato visto ingurgitare i bucatini direttamente dalla pirofila, con la forchetta in una mano e il cellulare nell' altra (pare ne abbia quattro) in una versione 2.0 di Aldo Fabrizi. Ed è solo quando lo s' incontra all' opera in una delle trattorie del centro storico che si comprende l' esatto significato del verbo «attovagliarsi». Celebre, una foto che lo ritrae alle prese con una cofana di pasta e Andrea Agnelli, abituato alla noia trattenuta delle colazioni di lavoro alla Country house del circolo del golf della Mandria, che lo guarda divertito.

Vent' anni dopo Lotito delle pulizie, capace di superare una serie di guai giudiziari tra assoluzioni, archiviazioni e prescrizioni, viene intercettato (al ristorante, ovvio) con l' amico giudice Luca Palamara, ex presidente dell' Associazione nazionale magistrati, mentre si discute di nomine, inchieste e Csm.

E nel giugno di quest' anno, decide di salvare Alitalia e presenta un' offerta ai commissari. Che c' entra lui? Boh []Avere un ministro o dei vip tra le seggioline della Monte Mario non equivale ad avere chissà quale potere, ma per Lotito è una gratificazione sociale, che lo ripaga anche delle tante amarezze riservategli da una tifoseria che non l' ha mai amato. E che pure dovrebbe essergli grata perché ha salvato la società, ha il bilancio in utile, paga con puntualità svizzera le rate del decreto spalma-debiti con cui Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi salvarono la Lazio. Era il 2005 []. La Lazio doveva versare 140 milioni al fisco e se l' avessero fatta fallire non sarebbero stati recuperati gli 80 milioni che Lotito ha versato e verserà fino al 2023. Adesso la società, che 15 anni fa fatturava 84 milioni (perdendone 86) e soffocava sotto il peso di 550 milioni di debiti, ha chiuso il 2017-2018 in utile di 38 milioni su 120 di fatturato.

E anche se quest' anno è sotto di 13 milioni, il parco giocatori è valutato 600 milioni e gli immobili ne valgono altri 200. []Essere laziale, o apparirlo soltanto? Che cosa sia sostanza e che cosa sia apparenza, del resto, il pedagogo Lotito lo sa bene. Ama citare Immanuel Kant, con la sua distinzione tra noumeno e fenomeno, accusando la società di oggi di «basarsi sulle apparenze». Lui non è tipo da Instagram ed è proprio quello che tutti vediamo. La prova che una Gif animata può insegnare qualcosa. Per esempio, come non svenarsi con una squadra di calcio e farla anche giocare bene.