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 2019  dicembre 29 Domenica calendario

Una biografia di Arthur Cravan


Arthur Cravan fu poeta, editore, pugile, inventore, conferenziere, disertore, raccoglitore di arance in California, pescatore di merluzzi al largo di Terranova, scassinatore, truffatore e ricattatore. Alto quasi due metri, pesava 76 chili. Fu campione francese dei pesi mediomassimi nel 1910. Si dedicò alla «nobile arte» per tutta la vita come allenatore, sparring partner di campioni, arbitro di combattimenti. Nel frattempo fu il precursore del dadaismo. Genio della performance, ha lasciato molte azioni, finite nelle cronache dei giornali, e poche opere, in Italia finite nel dimenticatoio. Benvenuta dunque la biografia Arthur Cravan. Una strategia dello scandalo (Johan & Levi, pagg. 222, euro 23) di Maria Lluïsa Borràs da leggersi insieme alle opere di Cravan stesso: Grande trampoliere smarrito (a cura di Edgardo Franzosini, Adelphi, 2018) e Tre suicidi dada? (a cura di Marzia Mascelli, Le nubi, 2005).
Arthur Cravan è lo pseudonimo di Fabian Lloyd. Sì, sono proprio quei Lloyd, un concentrato di aristocrazia inglese. Fabian però nasce a Losanna nel 1887 e non appartiene a un ramo particolarmente ricco della famiglia. Suo zio è Oscar Wilde, marito di Constance Lloyd. La circostanza segna la vita di Fabian. L’ammirazione sconfina presto nella idolatria. Fabian non ha mai incontrato zio Oscar ma ne divora i libri e raccoglie tutte le testimonianze disponibili, nel suo caso di primissima mano. Facile capire cosa colpisca Fabian nella vita di zio Oscar: la sfida alle convenzioni, l’eccentricità, l’anticonformismo, l’ironia. Zio Oscar però era legato a un vecchio mondo del quale Fabian intende farsi beffe. La sfida non è sufficiente e diventa scontro fisico, se necessario. L’ironia lascia il posto al sarcasmo. L’anticonformismo è troppo poco. Bisogna provocare. Esattamente bisogna provocare per il gusto di provocare. Fabian ama i visionari, gli incoerenti, i dissidenti, gli scontenti, gli innocenti, gli ingenui, gli incendiari, i disperati. Tutti gli altri sono la zavorra del mondo.
Nel 1910, Fabian esce di scena e cede il palcoscenico al personaggio inventato per sovvertire il mondo della cultura: Arthur Cravan. Il nome omaggia Rimbaud. Il cognome è legato al ricordo del primo, innocente colpo di testa dell’aspirante poeta e ribelle. A un battesimo nel paese di Cravans, Fabian si appende alle corde di una chiesa e fa suonare le campane per un quarto d’ora filato. Quando smette, ebbro di gioia, non è più lo stesso. Fabian si ribattezza Arthur Cravan e parte alla conquista di Parigi. Come prima cosa, fa visita ai 39 accademici di Francia per presentarsi. Dieci al giorno, direttamente a casa loro. Poi prepara una serie di conferenze nelle quali si ripromette di dare filo da torcere al pubblico. Il messaggio è... Non c’è. Cravan non vuole divulgare le sue idee. Vuol scatenare un (...)
(...) putiferio. Prima conferenza. Parigi, rue des Martyrs 37, novembre 1913. L’oratore entra nella sala. Nessuno fiata. Ma l’oratore pretende il silenzio a colpi di bastone sul tavolo. Poi si lancia in una invettiva e si lamenta che il colera non abbia spazzato via a trent’anni i grandi poeti. Morire giovani avrebbe evitato loro una figura meschina. Luglio 1914. Arthur Cravan entra nella Salle des Sociétés Savantes. Il pubblico pare moscio. Cravan estrae una rivoltella e spara qualche colpo sul soffitto. Poi le spara grosse, insultando ripetutamente la folla. Leggiamo un giornale dell’epoca: «Elogia gli sportivi, superiori agli artisti, elogia gli omosessuali, i ladri del Louvre, i folli. (...) Le cose hanno rischiato di guastarsi quando questo Arthur Cravan ha sentito il bisogno di scagliare con forza sulla prima fila di spettatori una cartella portadisegni che, per caso, non ha colpito nessuno».
Il precedente è il Futurismo. Cravan stesso ha partecipato alla presentazione del Manifesto della donna futurista di Valentine de Saint-Point. Serata rimasta nella storia per l’incredibile rissa scatenatasi sul palco della Salle Gaveau, in rue de la Boétie. Cravan si lancia a difendere il suo amico pittore Gino Severini. La differenza risiede nella diversità d’intenti. Cravan non ha manifesti da presentare. Cerca il caos per il caos. Dada farà tesoro della lezione. Il nesso è provato. Tra i migliori amici di Cravan c’è Francis Picabia. Il pittore, nel periodo in cui approda a Dada, dipingerà molti ritratti meccanici, cioè macchine aggrovigliate che alludono al sesso. Anche questa idea viene dritta da Cravan. Il conferenziere non si limita a parlare. Fattosi editore, direttore, redattore e distributore pubblica la rivista Maintenant. La scrive quasi per intero (in francese) e contiene racconti, poesie, irriverenti cronache culturali. Una di queste ultime lo porta quasi al duello con Guillaume Apollinaire. Le pagine migliori in prosa sono i tre articoli su Oscar Wilde. Poeta e pugile è uno splendido esempio dello stile di Cravan: il racconto si scioglie spesso in versi. Lo scrittore chiamava questa fusione col nome di «prosopoesia». Nei passi più lirici, la «prosopoesia» può ricordare, fatte le debite proporzioni, le Illuminazioni di Rimbaud. Maintenant non può contare su una diffusione massiccia. Cravan carica un carretto di copie e la vende davanti all’ippodromo e in altri luoghi pubblici.
Inizia però ad avere una certa fama. Cravan frequenta i simbolisti che si riuniscono alla Closerie des Lilas, i cubisti, gli orfisti. Incontra Léger, Matisse, Braque, Duchamp, Metzinger, Van Dongen e molti altri. La guerra produce un effetto devastante su Cravan che non ha alcuna intenzione di morire al fronte. Cosa tra l’altro difficile, dal momento che ha doppia cittadinanza, inglese e svizzera. Per non rischiare, anche se in realtà non rischia nulla, inizia a viaggiare, spostandosi di Paese in Paese. Vuole evitare una chiamata alle armi. Prima si trasferisce a Barcellona. Poi comincia un girovagare che non si arresta neppure quando si innamora di New York e soprattutto di Mina Loy, figura emblematica dell’avanguardia europea traslocata negli Usa. Bellissima, poetessa, pittrice e drammaturga, Mina Loy è ben nota anche in Italia, avendo vissuto a lungo a Firenze dove frequentava Carrà, Marinetti, Palazzeschi e Papini. I futuristi, insomma. Ma Mina non apprezza la vicinanza al fascismo dei suoi amici e decide di raggiungere New York.
Cravan perde la testa per lei. Progettano di ricominciare a Buenos Aires. Lui nel frattempo cerca di far soldi in Messico con la sua eterna passione, la boxe. Mina parte. È incinta. Tutto è pronto alla riunione degli amanti ma Cravan, nel novembre del 1918, sparisce dalla faccia della Terra. Mina lo attende e lo fa cercare per mesi. Nulla da fare. Nessun documento è riuscito a far chiarezza sulle circostanze della morte, e il cadavere non è mai stato trovato. È caduto in mare? È stato assassinato da criminali in Messico? È stato imprigionato dai servizi segreti britannici per le sue attività pacifiste? Sono tre delle mille congetture avanzate da parenti e studiosi.
Cravan si guadagnava da vivere con la boxe. Il suo momento di gloria sportiva arriva nel periodo trascorso a Barcellona, il 23 aprile 1916. Beh, gloria non è forse la parola giusta. Diciamo fama. Cravan incrocia i guantoni col mitico Jack Johnson, il primo pugile nero a ottenere il titolo di campione del mondo dei pesi massimi nel 1906. Ma Jack è rimasto nella storia soprattutto per il «combattimento del secolo» contro Jess Willard, bianchissimo e amatissimo dai bianchi. Il match si svolse a Reno nel 1910 e Johnson ridicolizzò Willard, diventando una leggenda per tutti i neri d’America. Moltissimi anni dopo sarà celebrato da Miles Davis in un album memorabile, battezzato col nome del pugile stesso.
Torniamo sul ring di Barcellona. Johnson e Cravan si trovano simpatici. L’attempato Jack è una star ma conserva un’anima da furfante. Qualcosa però va storto prima di incrociare i guantoni. E Jack, pur fuori condizione, è un fuoriclasse. Per umiliare Cravan, lo tiene in piedi per cinque riprese. Poi lo stende con un pugno secco nella sesta. Prolungare l’agonia è segno di scarso rispetto verso l’avversario. Se non avessero litigato, Johnson avrebbe mandato Cravan al tappeto al primo round. Il pubblico si infuria. Che razza di scontro è stato? Cravan non era in grado di competere. Del resto, lui ne era conscio. Mirava esclusivamente alla borsa per salpare verso l’America.
Cravan non ha avuto una fortuna editoriale in Italia, nonostante l’impegno di Edgardo Franzosini. Peccato. Per molti versi, le avventure di Cravan ricordano il «situazionismo» del maggio francese e addirittura l’aggressività punk degli anni Settanta. I Sex Pistols scandalizzarono la Gran Bretagna dicendo parolacce in televisione, all’orario di punta. Furono accusati di essere incapaci, un brutale scherzo, una truffa commerciale. Comunque sia, i Sex Pistols sono nipoti del loro connazionale Arthur Cravan, a sua volta nipote di Oscar Wilde. Oggi tutti li considerano una tappa fondamentale della cultura non solo pop. Cravan meriterebbe la stessa sorte.