la Repubblica, 29 dicembre 2019
Ronaldo vuole fare l’attore
Per stazza, colori e sguardo, da sempre ricorda un po’ Alessandro Gassmann e un po’ Benicio del Toro da giovane. Quindi ci siamo. Strada giusta. Quando non sarà più in campo, Ronaldo vorrebbe fare l’attore. Idea bella ma complicata. Almeno per una volta però partirà avvantaggiato su Messi. Ostenterebbe fisicità, sensualità, peccato. Si guarderebbe continuamente allo specchio per impedire a un solo capello di finire fuori strada (ma questo lo fa già): «Sono stanco della comfort zone. Ormai nel calcio sono sempre pronto. Voglio una sfida e questa sfida potrebbe essere trovare una parte a Hollywood». Insomma sogna di sentirsi a disagio come il bimbo che entra per la prima volta a scuola col cestino mezzo vuoto e se non fosse per la spintarella che gli regala la mamma già se ne sarebbe tornato a casa. Nulla come l’atmosfera di un set potrebbe tornare utile. Nulla come le rigide gerarchie del cinema o del teatro potrà risvegliare nell’appagato campione le emozioni di un debutto. Perché è ovvio che nel cinema Ronaldo entrerebbe come un praticante, i cui sentimenti il portoghese avrà certo dimenticato: imbarazzo, paura di non farcela, terrore di aver dimenticato le battute e certezza di essersi già squagliato nel sudore. Il più famoso dei praticanti: «Non so niente del cinema, salvo che mi piace». È già qualcosa. Il teatro per ora lo accantoniamo. In quale ruolo? Per quale genere? Chi lo doppierebbe? Sarà Mendes a trattare con i registi? Qualcuno gli dirà di ingrassare o di dimagrire per esigenze di sceneggiatura? E dopo l’Oscar? Il Nobel? Ha chiesto sfide. Le avrà. Ronaldo s’accoderebbe a quella piccola schiera di calciatori che un giorno non trovarono niente di meglio da fare che spacciarsi per attori. Ma non fu per tutti un fiasco o una semplice occasione fuori dalla norma (come per Pelè, Moore, Deyna e Van Himst in Fuga per la vittoria). Eric Cantona, per esempio, ha saputo più di tutti spostare il proprio talento icastico sulla scena, aggiornandolo ai tempi pur restando fedele all’originale, al genio collerico che vedemmo sui campi, incluso l’episodio del kung fu. Anche se poi la frase più bella sulla sua carriera di attore fu di suo fan francese, un certo Antoine, ed era ambigua: «È talmente carismatico che solo vederlo sullo schermo mi riempie d’emozione. E questo fatto mette sempre in secondo piano la questione se sia bravo o no...». Ma Eric rimane un grande e polivalente personaggio che ha ricevuto endorsement importanti, fra cui quello di Ken Loach che sul suo mito costruì Il mio amico Eric. Era tale la sua autorità in materia, forte di 25 film, che si racconta che un giorno, in stretta confidenza (ma quanto stretta?), Sir Alex Ferguson gli abbia telefonato: «Senti un po’ Eric, ma non ci sarebbe una parte per me e mia moglie in uno di questi bei film sul proletariato britannico?». Si cerca ancora di capire se stesse scherzando. Vinnie Jones, l’anima nera del calcio inglese, ha ribaltato la storia e confuso la critica: a parità di cattiveria, Vinnie l’attore funzionò più del calciatore. Best comparve in un paio di filmetti. La sua bellezza fu definita «vuota», soprattutto quando nel Complesso del trapianto (1971) interpretò il ruolo più difficile: se stesso. Raffaele Vallone vinse la Coppa Italia col Toro e poi divenne “Raf” Vallone. Detto delle comparsate nei vari allenatori nel pallone, da Pruzzo a Totti e Del Piero, detto delle esperienze di Beckham e Ian Wright, un capitolo a parte, per la disponibilità a rendersi ridicolo, lo merita Zidane. Le treccine che fu costretto a indossare in Asterix alle Olimpiadi sono da antologia. Così come lo è la risposta che ricevette Harry Redknapp quando chiamò il camerunense ex Tottenham Assou–Ekotto: «Vuoi venire con me al Birmingham?». «No grazie, ora faccio l’attore porno».