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 2019  dicembre 29 Domenica calendario

Morto il sommozzatore che aveva salvato i ragazzini thailandesi bloccati nella grotta

Aveva preso parte a un’operazione «impossibile» che aveva tenuto il mondo intero con il fiato sospeso. Aveva visto uno dei suoi compagni perdere la vita nel tentativo di estrarre dalla viscere della terra un gruppo di dodici giovani calciatori rimasti intrappolati, con il loro allenatore, durante un’escursione nella cavità naturali di Tham Luang, nel Nord della Thailandia.
Ora, a quasi diciotto mesi da quei terribili giorni di dolore e speranza, Beirut Pakbara, sommozzatore della Marina thailandese – un Navy Seal – si è spento dopo una lunga malattia. Le autorità di Bangkok hanno fatto sapere che il militare – cui è stata riconosciuta una promozione postuma a sottotenente – aveva contratto un’infezione del sangue durante le operazioni di soccorso nella grotta, operazioni che erano andate avanti senza respiro per 17 giorni, dal 23 giugno al 10 luglio 2018, fino a che tutti i ragazzini – età comprese tra gli 11 e i 16 anni – oltre all’allenatore 25enne erano stati riportati in superficie.
La gioia di un Paese intero, all’indomani del successo davvero straordinario di un salvataggio in cui pochi avevano creduto fino in fondo, si era trasformato per il Navy Seal in un calvario interminabile. Si era sentito male quasi subito, hanno spiegato i portavoce, ed era continuamente monitorato dai medici. «Ma le sue condizioni sono peggiorate ed è morto», ha comunicato la Marina. È stato sepolto venerdì secondo i rituali musulmani nella provincia di Satun, nel Sud del Regno, di cui Beirut era originario.
Lunga malattia
Il sommozzatore si era sentito male quasi subito: per oltre un anno è stato in cura
Poco si sa della vita di questo Navy Seal cui certo non era mancato il coraggio e lo spirito di sacrificio, come è normale attendersi da un militare del suo rango. D’altronde nessuno si era mai fermato di fronte all’impresa ai limiti del possibile: prima trovare i dispersi a centinaia di metri sotto la superficie, tra camere e cuniculi invasi dall’acqua portata dal monsone. Poi studiare un modo per trasportare, a uno a uno, i ragazzi nel buio di tunnel senza aria, rischiando in ogni momento di perdere orientamento e forze. E infatti un sommozzatore esperto, Saman Gunan, anche lui thailandese, aveva perso la vita rimanendo senza aria durante il trasporto di alcune bombole nella grotta. Un sacrificio che aveva spinto i ragazzi, giorni dopo il salvataggio, a radersi il capo in segno di penitenza e rispetto e a trascorrere un periodo di preghiera e meditazione insieme in un monastero buddhista.
Dunque sono oggi due gli «eroi» che hanno donato la loro vita per salvare quella di giovani che non avevano mai visto prima. Insieme con i sub thailandesi decine di volontari da tutto il mondo – per un totale di 90 esperti di immersioni in grotta – si erano raccolti nella giungla di fronte all’imboccatura di uno dei luoghi più visitati della regione ma, soprattutto d’estate, soggetto a improvvise inondazioni. I «Cinghialotti», così si chiama la squadra di calcio giovanile, erano soliti allenarsi e fare escursioni insieme, per divertirsi e cementare l’intesa del gruppo. Quel giorno, forse con un po’ di incoscienza, i 12 calciatori e il loro guardiano si erano avventurati tra stalattiti e stalagmiti senza tenere conto della pioggia battente che, in poco tempo, si è incanalata nelle fessure della terra, chiudendo loro ogni via d’uscita. La comitiva si era spinta sempre più nel profondo per trovare un atrio al riparo dalla marea sotterranea. Così facendo, si sono allontanati di circa un chilometro dall’ingresso, rendendo poi estremamente laborioso il loro recupero. Diventato già un film e destinato a trasformarsi anche in un racconto su Netflix. Con la speranza che il sacrificio dei Navy Seal non sia dimenticato.