Corriere della Sera, 29 dicembre 2019
Intervista al professor Manfredi, il neoministro dell’università e della ricerca
«La telefonata da Palazzo Chigi è stata una vera e propria sorpresa. Con il presidente del Consiglio avevo parlato come presidente della Conferenza dei rettori ma a proposito della Finanziaria, non certo dell’eventualità di una nomina a ministro. E in quell’occasione avevo sottolineato che servono più fondi per l’università e la ricerca».
Nei giorni scorsi, professor Manfredi, lei ha detto che serve almeno un miliardo in più. Ma lo diceva anche il ministro Fioramonti. Anzi, visto che non lo ha ottenuto, ha deciso di dimettersi. È cambiato qualcosa, lei ha ricevuto assicurazioni da Conte?
«Cosa è accaduto con Fioramonti io non lo so. So che quella cifra, un miliardo, è quanto è stato tagliato dei fondi per l’università negli ultimi anni e che dovrebbe essere recuperato. Ma so anche che la situazione della finanza pubblica è difficile e che non è possibile recuperare tutto subito. Però non possiamo considerare l’università e la ricerca come la cenerentola del Paese: occorre un impegno da parte di tutto il governo e un piano per rispondere alle esigenze di questi settori in tempi ragionevoli».
E Conte si è impegnato a stilare questo piano?
«Un piano pluriennale si deve fare. La prima cosa, però, è ascoltare gli enti di ricerca e gli atenei per capire come muoversi. Siamo d’accordo, lo faremo insieme, io e il presidente del Consiglio. Dovremo affrontare anche il problema della semplificazione, perché nell’università ci sono troppe regole complicate».
Quindi Conte l’ha convinta che questo governo darà le risposte giuste? Ma lei crede che l’esecutivo durerà abbastanza a lungo?
«Se non ne fossi convinto non avrei accettato. Comunque, sì, sono fiducioso. Del resto non ho altro interesse che lavorare per il mondo accademico e della ricerca e per i giovani».
Sono state separate le competenze su scuola e università e ricerca: cosa ne pensa?
«È proprio quello che chiedeva la Crui. In Italia la scuola è un mondo grande e con grandi problemi, che richiede grande attenzione. In questa situazione rimaneva poco spazio per l’università. Meglio che se ne occupino due ministeri diversi».
Il Sud? Il sistema universi-tario va tenuto insieme
per unificare il Paese
e dare le stesse opportunità a tutti
Molti rappresentanti degli atenei e della ricerca al Sud hanno accolto con grande soddisfazione la sua nomina. Pensano che lei si occupi più del Mezzogiorno?
«Il sistema universitario è una cosa sola e va tenuto insieme per unificare il Paese e dare le stesse opportunità a tutti. Però l’università non basta, è necessario agire sul lavoro e affrontare il tema della mobilità. L’università è il driver più importante per attrarre le imprese e creare lavoro qualificato per i giovani. E questo è un ruolo che va rafforzato sempre più soprattutto nelle aree deboli perché può essere una grande opportunità».
Lei è ancora indagato per i collaudi nella ricostruzione de L’Aquila.
«È una contestazione puramente formale a tutte le commissioni di collaudo. Ma non ho fatto nulla di irregolare».
Ha già parlato con Zingaretti e Di Maio?
«Sì, ho sentito tutti i leader della maggioranza».
Che cosa farà nella sua prima giornata da ministro?
«Ma è domenica... mi dedicherò a mia moglie, ai figli, alla famiglia».