Libero, 28 dicembre 2019
La lotta delle dinastie nel nostro Rinascimento
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Non fu solo la potente famiglia dei Medici a segnare profondamente gli equilibri politici dell’Italia rinascimentale del XV secolo. Ci fu anche una casata veneziana che in appena 50 anni fu in grado di portare all’elezione di ben tre Papi, legati alla propria stirpe: Papa Gregorio XII (ovvero Angelo Correr), Papa Eugenio IV (Gabriele Condulmer) e Paolo II (Petro Barbo). Erano i Condulmer, appunto. Una delle sette dinastie (Newton Compton, p.544, euro 9.90), questo il titolo del libro, raccontate da Matteo Strukul, autore del bestseller I Medici (vincitore del Premio Bancarella 2017), trasformato nella serie televisiva di grande successo in onda su Rai1. In questo nuovo romanzo, durante la sanguinosa lotta tra le famiglie più illustri per la conquista del potere, spicca la famiglia veneziana Condulmer, quasi sconosciuta al grande pubblico. Nota agli studiosi di storia moderna. Nel libro sono illustrate strategie politiche degne di uno scacchiere geopolitico trai più complessi. Qui l’avidità per il denaro diventa persino meno importante della brama del potere stesso. «Noi veneziani dobbiamo da sempre muoverci con astuzia e discrezione perché Roma, in cuor suo, ci odia», disse Polissena al figlio annunciandogli che sarebbe diventato Papa (Eugenio IV), in virtù dell’alleanza tra i Currer e Cosimo de’ Medici. L’Italia era divisa. A contendersi il potere erano: i Visconti e gli Sforza a Milano, gli Estensi a Ferrara, i Medici a Firenze, i Colonna e i Borgia a Roma e gli Aragonesi a Napoli. Intrighi, tradimenti e fiumi di sangue. Storie raccontate a colpi difiction, con fitti dialoghi, che rendono il testo più vicino a un copione cinematografico che a un’opera letteraria vera e propria. Talvolta manca un poco il filo narrativo. Ma si rincorrono flash potentissimi, in grado di portare il lettore così velocemente dentro la storia al punto di lasciarlo un po’ spaesato. Senza sapere bene dove si trovi e chi siano i personaggi, che ruotano vorticosi intorno a lui. Ma di sicuro la storia raccontata in questo modo è un vero godimento. E poi ci sono loro, i veri protagonisti. NOMI LEGGENDARI Il Piccinino, Braccio Spezzato, Facino Cane, il conte di Carmagnola. Sono nomi leggendari. Quest’ultimo reso celebre dall’omonima opera di Alessandro Manzoni. Figure della storia quasi mitiche, mai passate in secondo piano. Erano uomini che rimasero scolpiti nella memoria perfino più dei loro “padroni”. Forse anche peri nomi suggestivi e sinistri. Erano i capitani di ventura, militari mercenari, i condottieri al soldo delle potenti famiglie che si contendevano il potere durante il Rinascimento italiano. Chissà che non sia proprio su di loro il prossimo libro di Strukul, per la passione nel descriverne le gesta. Di sicuro per chi volesse approfondire sarà utile leggere Dell’arte della guerra di Machiavelli (1519-1520), oltre a vedere il bellissimo film di Ermanno Olmi Il mestiere delle armi (2001) che narra le vicende del condottiero Giovanni dalle Bande Nere, soldato di ventura dello Stato Pontificio. Un amore – odio si deduce per le figure femminili più intriganti. Come la bellissima Bianca Maria Visconti, bionda dagli occhi chiari, la pelle diafana, ma dura come l’acciaio. Pare avesse il temperamento di una guerriera. «Perpetua vestirò la mia armatura, impugnerò la spada e seguirò il mio signore sul campo di battaglia! Non avrò paura di questa genìa di mezzi uomini che osa profanare le terre che ci spettano di diritto». Tale e quale al padre, il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, che la fece sposare giovanissima a Francesco Sforza, per mantenere il proprio dominio. Sembrava un’amazzone. In groppa a uno stallone nero, indossava un’armatura in acciaio brunito, con preziosi intarsi in oro, con inciso il simbolo dei Visconti, il terribile biscione nell’atto di ingoiare un saraceno. Era spietata. Fece uccidere senza esitazione l’amante del marito. Finì sgozzata, morì in un agguato, insieme al piccolo che aspettava in grembo. FILIPPO VISCONTI Anche Filippo Maria Visconti, una specie di Barbablù, si era macchiato di orribili delitti, contro le sue mogli. Maria di Savoia, che lasciò rinchiusa per anni nella torre del castello di Porta Giova. Mentre l’altra, Beatrice, sorella di Facino Cane, che fu obbligato a sposare per ereditarne le ricchezze, la fece giustiziare pubblicamente col taglio della testa. Lui, pare fosse un uomo orripilante anche nell’aspetto, deforme, obeso, infermo sulle gambe si trascinava con l’aiuto di bastoni. Si circondava di teologi, chiamati a giustificare il suo operato sanguinario. © RIPRODUZIONE RISERVATA