Il Messaggero, 28 dicembre 2019
Biografia di Madame de Pompadour
In questi giorni di feste e di danze, concediamoci il ricordo della regina della più fastosa Corte della storia moderna, di cui domani ricorre l’anniversario : il 29 Dicembre 1721 nasceva infatti Jeanne Antoinette Poisson, meglio nota come Madame de Pompadour.
Era figlia di un commerciante emigrato ad Amburgo per sottrarsi a una condanna a morte. La madre si consolò con il ricco Charles Lenormant de Tournehem, che affidò la bambina ai migliori di maestri di canto, di dizione, di clavicembalo e di danza. A quindici anni, bellissima, aggraziata e seducente, era già un morceau de roi: la previdente genitrice, che aveva coniato questa frizzante definizione, pensava già di proporla agli appetiti del sovrano.
MATRIMONIOCosì, dopo un conveniente matrimonio con il nipote del patrigno, fu presentata al Re durante un ballo mascherato; pochi giorni dopo, assecondando i consigli della madre («divertilo!» le aveva detto ) era già tra le braccia regali.
Luigi XV, cresciuto sotto la tutela di precettori debosciati, era un misantropo capriccioso ed imbelle. Affidò le finanze, la guerra e infine il governo a ministri e favoriti, sui quali Jeanne, fatta Marchesa per decreto e possedimenti, cominciò e esercitare un’influenza crescente. In breve tempo, diventò la mediatrice di tutte le nomine, pensioni, e sinecure dispensate dal sovrano, e ne influenzò le scelte politiche interne e internazionali. La Corte inorridì dell’arrivismo di questa borghese intrufolatasi abusivamente tra le nobiltà consolidate, ma dovette piegarsi ai suoi gusti. Erano gusti costosi, che quasi dissanguarono le esauste casse statali. Tuttavia tra i palazzi, gli arredamenti, i gioielli e i vestiti, la Marchesa inserì il patrocinio delle lettere e delle arti, organizzando concerti e rappresentazioni teatrali, finanziando fabbriche di preziosa oggettistica e mantenendo pittori, scultori, intagliatori e architetti che avrebbero innalzato la Francia alla vette del Rococò.
Arricchì la sua cultura con una biblioteca di 3.500 volumi, e con la frequentazione degli intellettuali del momento: parlava di scienza con Diderot, di materialismo con Helvetius, di economia con Quesnay e di politica con tutti. Nel frattempo distraeva il Re con balli, concerti, opere, pranzi, gite, e naturalmente con la propria vivace sensualità.
DECADENZAA trent’anni, benché al culmine del suo fascino, diventò fisicamente indifferente al sovrano. Assuefatto a ogni forma di piacere, Luigi scivolò verso una miserabile decadenza di perversioni, che la sua ormai ex amante – con devota complicità si prestò ad assecondare e a dirigere. Fu lei a organizzare il parc aux cerfs, il famigerato serraglio dove il re intratteneva le fanciulle talvolta poco più che bambine successivamente gratificate con somme generose o matrimoni di necessità. Forse, nell’incapacità di impedire le stravaganze dell’annoiato compagno, preferiva controllarle, per evitare che degenerassero in pubblici scandali o indesiderate gravidanze. Tuttavia non partecipò mai a queste orge dissolute, e talvolta protesse dalla rapacità del satiro qualche impubere riluttante. Nonostante questo degradante lenocinio, nel suo intimo rimase affezionata all’uomo che impersonava la Francia e che un tempo aveva anche amato.
Questo sentimento fu corrisposto. Quando lei si ammalò, il re le fu vicino con un’assistenza quotidiana che impressionò quella corte scettica e smaliziata. Fu un’ agonia lunga e dolorosa: aveva i polmoni invasi dall’acqua, e il suo fisico era deperito dalle frequenti emottisi. Nonostante questa soffocante dispnea, mantenne fino all’ultimo un’eleganza aristocratica. Non si lamentò mai, se non per pentirsi dei suoi peccati davanti a un confessore severo. Dopo qualche esitazione, convinto della sua sincerità, il sacerdote somministrò i Sacramenti all’adultera che fino a poco tempo prima la Chiesa aveva considerato un’eretica importuna. Madame de Pompadour morì il 15 aprile 1764, a soli 42 anni, soffocata dalla congestione polmonare.
Fu sepolta nella chiesa dei Cappuccini a place Vendome: i suoi resti, dopo la demolizione del convento, finirono probabilmente tra gli ignoti delle catacombe parigine. Il giudizio su di lei non può essere di ordine etico, perché le regole di quel mondo e di quel tempo sono lontane anni luce dalle nostre: soltanto i nostri pregiudizi, fondati sull’ignoranza della Storia, ci inducono a credere che la nostra sia un’epoca di decadenza morale. Al confronti di allora, noi siamo dei puritani.
GIUDIZIOResta il giudizio – ben più importante – sul ruolo politico di questa donna straordinaria. La Francia fu sempre governata da un rigoroso maschilismo, e il suo trono non fu mai occupato da personalità femminili autorevoli come Elisabetta d’Inghilterra, Maria Teresa d’Austria o Caterina di Russia. Le reggenti, di diritto o di fatto, come Caterina e Maria de’ Medici agirono in nome e per conto dei figli, e nessuna di loro lasciò un buon ricordo nel cuore dei sudditi. Madame de Pompadour si inserisce in questo solco di potere indiretto, esercitato in modo sapiente e spregiudicato attraverso l’interposta persona del sovrano assoluto. Tuttavia la marchesa fu molto di più di un’intrigante consigliera. Fu lo stimolo dell’Illuminismo all’interno di una nobiltà reazionaria e – almeno ufficialmente – bigotta, che si valeva di una Chiesa potente e autoritaria per salvaguardare i propri privilegi. Jeanne non si limitò a organizzare gli incontri dei philosophes, animando le loro riunioni con la delicatezza ospitale di una salonnière. Anche se non creò un proprio circolo culturale come Madame di Deffand o Julie de Lespinasse fu molto più incisiva di loro nell’introdurre le idee degli enciclopedisti all’interno di un mondo intorpidito nello spirito come lo era nella gotta.
Diderot e D’Alambert, democratici e tendenzialmente repubblicani, non colsero questo aspetto originale, e la bollarono sempre come una reazionaria parassita. Ma Voltaire, che pur non l’amava, capì l’importanza del suo ruolo innovativo, e quando lei morì espresse parole di gratitudine, perché «aveva la giustizia nella mente e nel cuore». Nessuno di loro, tuttavia, immaginava quanto questa donna fosse stata lungimirante. Quando, verso la fine, pronunciò ( o ispirò al Re) la sinistra profezia «après nous le deluge», forse presagiva che il diluvio era alle porte. Alcuni anni più tardi salì al trono Luigi XVI, che sarebbe stato presto travolto dalla Rivoluzione, e ghigliottinato come un malfattore.