la Repubblica, 28 dicembre 2019
«Anche io ho attraversato corso Francia in quel modo»
ROMA – «Vado lì ogni giorno. Accanto a quel guardail pieno di fiori. Mi siedo e penso a Gaia. Alla mia amica che non c’è più. Ai nostri giorni insieme. E rifletto su quanto siamo incauti noi ragazzi. Perché sì, anche io ho attraversato Corso Francia di notte, correndo, fuori dalle strisce pedonali e con il semaforo verde per le auto. Rischiando la vita». Cecilia ha sedici anni, l’identica età di Gaia Von Freymann, amiche fin da piccole, poi compagne di classe alle scuole medie: «Andavamo alla Nitti, sempre qui, al Fleming». Poi Gaia aveva scelto il liceo linguistico e Cecilia, invece, lo scientifico, al liceo “Farnesina”, poco lontano, stesso quartiere, stessi luoghi d’incontro, stesse serate nella movida di Ponte Milvio. Cecilia si ferma davanti alla chiesa, alla fine del funerale. È alta, bella, semplice. «Vorrei che fosse soltanto un brutto sogno», dice. Cecilia, quindi è vero, attraversare in quel punto così pericoloso è un’abitudine? «Sì, purtroppo. L’ho fatto anche io. Prendi la rincorsa, scavalchi il guardrail e corri più veloce che puoi dall’altra parte». Perché? Pochi metri più avanti c’è il semaforo, le strisce pedonali. «Forse perché abbiamo sedici anni? Per fare più in fretta a raggiungere i tuoi amici, per non fare tardi sulla via del ritorno a casa. O forse e lo so che è stupido, perché è divertente». Nessuna paura di finire sotto una macchina? «Pensi sempre che se guardi bene a destra e a sinistra e corri forte dall’altra parte ci arriverai». È una sfida? «No, è una leggerezza, un azzardo. Finora nessuno dei miei amici aveva avuto un incidente». Però Gaia e Camilla sono morte. «Una catena di disgrazie. Che ha coinvolto tre famiglie. Anche quella di Pietro. È’ vero andava veloce, ma pioveva a dirotto e nessuno su Corso Francia rispetta i limiti di velocità. Noi che abitiamo in questo quartiere lo sappiamo». Dopo questa tragedia cambierà qualcosa? «Lo spero. Non si può morire così. Quando quella mattina mia madre mi ha svegliato, dicendomi che Gaia era morta travolta da un’auto su Corso Francia, ho capito subito dove era avvenuto l’incidente. Ho tremato. Sarebbe potuto accadere a me. Vorrei che nessuno togliesse più i fiori e gli striscioni da quel guardarail». C’è scritto “Ciao angeli”. «Oggi Gaia e Camilla sono due angeli. Ma è assurdo che debbano morire due ragazze, per insegnare a noi adolescenti a non rischiare la vita». Forse, però, se Pietro Genovese non fosse andato così veloce «Forse Gaia e Camilla si sarebbero salvate. Erano due ragazze serie, sagge, mi chiedo perché non sono andate ad attraversare sulle strisce. E comunque tutti continuano a correre. Il giorno di Natale, mentre ero lì pensando a Gaia e Camilla, una moto ha fatto un’impennata davanti ai miei occhi». Come vivi il tuo dolore? «Resterò segnata per sempre, lo so. Con Gaia ho passato anni e anni in classe, nel banco accanto. Continuavamo a uscire insieme. Non è giusto morire a sedici anni, con tutto il futuro davanti. Camilla e Gaia non ci sono più e Pietro avrà il rimorso per sempre. Quella notte sono state distrutte tre vite».