La Stampa, 27 dicembre 2019
Haftar è alle porte di Tripoli con 5mila mercenari
Le richieste di aiuti militari da parte del governo di Tripoli mettono in allarme gli Stati Uniti che temono un’escalation bellica, proprio mentre la Turchia conferma il suo impegno nell’inviare un nutrito contingente di soldati in territorio libico per contrastare l’offensiva di Khalifa Haftar. La stessa che ieri ha visto velivoli del generale colpire obiettivi civili nella cittadina di Zawya, a ovest della capitale.
All’indomani delle cinque missive di aiuti inviate da Fayez al Sarraj a Usa Gran Bretagna, Italia, Algeria e Turchia, il portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ha reso nota la «preoccupazione» di Washington sulla richiesta di sostegno militare da parte del governo di accordo nazionale (Gna). Gli Stati Uniti sono al contempo preoccupati per la «minaccia rappresentata dall’esercito nazionale libico (Lna) di utilizzare armi, aerei e mercenari forniti all’estero». Il riferimento è ovviamente ai contractor della società russa Wagner che da alcuni mesi sono al fianco delle forze del generale che operano a ridosso di Tripoli. «L’intervento militare esterno minaccia le prospettive di risoluzione del conflitto. Condanniamo gli attacchi a civili innocenti e chiediamo a tutte le parti di astenersi dall’escalation», ha affermato Ortagus.
Una escalation che tuttavia non accenna a fermarsi visto che ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il parlamento turco voterà il 7 gennaio sull’invio delle truppe in Libia a sostegno del governo di Sarraj. Il ricorso agli aiuti di Ankara rientra in una più ampia strategia del Governo sostenuto dalle Nazioni Unite che mira a realizzare un più ampio fronte contrapposto a quello che vede Egitto, Emirati e mercenari stranieri al fianco dell’uomo forte della Cirenaica.
È quanto ha ribadito ieri il ministro dell’Interno del Gna, Fathi Bashaga, spiegando che Libia, Tunisia, Turchia e Algeria si impegneranno in enormi sforzi di cooperazione nei prossimi giorni e precisando che sarà un’alleanza che mira a servire e proteggere persone e Paesi. «Se Tripoli cadrà, Tunisi cadrà e così anche Algeri», ha detto ancora Bashaga. «Haftar ha aperto i confini della Libia ai mercenari senza alcuna richiesta ufficiale dello Stato. Ha portato ufficiali degli Emirati Arabi Uniti, mercenari del Gruppo Wagner russo, combattenti Janjaweed e mercenari dei gruppi ribelli sudanesi e ciadiani» (starebbero arrivando 5000 ribelli). A frenare sull’ipotesi di alleanze regionali a fini militari è lo stesso governo tunisino che in una nota spiega come il Paese «non accetterà di essere parte di alcuna alleanza o schieramento» in riferimento alle accuse di allineamento sulle posizioni di Turchia e Qatar nella crisi libica. «Il presidente della Repubblica si attiene ai principi di sovranità, indipendenza e alla libertà di decisione della Tunisia, che non possono essere oggetto di offerte o discussioni. E non ha, né avrà alcuna intenzione di concludere un’alleanza o di schierarsi», conclude la nota.
Intanto, sul fronte opposto, l’offensiva di Haftar prosegue con una serie di raid sulla città di Zawya, ad ovest della capitale che avrebbero provocato almeno tre morti e una decina di feriti tra la popolazione civile, secondo quanto riferito dal sindaco Gamal al Bahr. «Caccia a supporto del criminale di guerra Haftar hanno colpito una farmacia e negozi commerciali nella città», rende noto l’ufficio media delle forze di Tripoli, affermando che tra morti e feriti ci sono «donne e bambini». In un altro raid, le forze del generale avrebbero preso di mira la raffineria, la più importante dell’ovest libico, a dimostrazione di come la partita energetica sullo scacchiere del Paese maghrebino sia intimamente legata alla sfida militare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
francesco semprini
new york
Le richieste di aiuti militari da parte del governo di Tripoli mettono in allarme gli Stati Uniti che temono un’escalation bellica, proprio mentre la Turchia conferma il suo impegno nell’inviare un nutrito contingente di soldati in territorio libico per contrastare l’offensiva di Khalifa Haftar. La stessa che ieri ha visto velivoli del generale colpire obiettivi civili nella cittadina di Zawya, a ovest della capitale.
All’indomani delle cinque missive di aiuti inviate da Fayez al Sarraj a Usa Gran Bretagna, Italia, Algeria e Turchia, il portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ha reso nota la «preoccupazione» di Washington sulla richiesta di sostegno militare da parte del governo di accordo nazionale (Gna). Gli Stati Uniti sono al contempo preoccupati per la «minaccia rappresentata dall’esercito nazionale libico (Lna) di utilizzare armi, aerei e mercenari forniti all’estero». Il riferimento è ovviamente ai contractor della società russa Wagner che da alcuni mesi sono al fianco delle forze del generale che operano a ridosso di Tripoli. «L’intervento militare esterno minaccia le prospettive di risoluzione del conflitto. Condanniamo gli attacchi a civili innocenti e chiediamo a tutte le parti di astenersi dall’escalation», ha affermato Ortagus.
Una escalation che tuttavia non accenna a fermarsi visto che ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il parlamento turco voterà il 7 gennaio sull’invio delle truppe in Libia a sostegno del governo di Sarraj. Il ricorso agli aiuti di Ankara rientra in una più ampia strategia del Governo sostenuto dalle Nazioni Unite che mira a realizzare un più ampio fronte contrapposto a quello che vede Egitto, Emirati e mercenari stranieri al fianco dell’uomo forte della Cirenaica.
È quanto ha ribadito ieri il ministro dell’Interno del Gna, Fathi Bashaga, spiegando che Libia, Tunisia, Turchia e Algeria si impegneranno in enormi sforzi di cooperazione nei prossimi giorni e precisando che sarà un’alleanza che mira a servire e proteggere persone e Paesi. «Se Tripoli cadrà, Tunisi cadrà e così anche Algeri», ha detto ancora Bashaga. «Haftar ha aperto i confini della Libia ai mercenari senza alcuna richiesta ufficiale dello Stato. Ha portato ufficiali degli Emirati Arabi Uniti, mercenari del Gruppo Wagner russo, combattenti Janjaweed e mercenari dei gruppi ribelli sudanesi e ciadiani» (starebbero arrivando 5000 ribelli). A frenare sull’ipotesi di alleanze regionali a fini militari è lo stesso governo tunisino che in una nota spiega come il Paese «non accetterà di essere parte di alcuna alleanza o schieramento» in riferimento alle accuse di allineamento sulle posizioni di Turchia e Qatar nella crisi libica. «Il presidente della Repubblica si attiene ai principi di sovranità, indipendenza e alla libertà di decisione della Tunisia, che non possono essere oggetto di offerte o discussioni. E non ha, né avrà alcuna intenzione di concludere un’alleanza o di schierarsi», conclude la nota.
Intanto, sul fronte opposto, l’offensiva di Haftar prosegue con una serie di raid sulla città di Zawya, ad ovest della capitale che avrebbero provocato almeno tre morti e una decina di feriti tra la popolazione civile, secondo quanto riferito dal sindaco Gamal al Bahr. «Caccia a supporto del criminale di guerra Haftar hanno colpito una farmacia e negozi commerciali nella città», rende noto l’ufficio media delle forze di Tripoli, affermando che tra morti e feriti ci sono «donne e bambini». In un altro raid, le forze del generale avrebbero preso di mira la raffineria, la più importante dell’ovest libico, a dimostrazione di come la partita energetica sullo scacchiere del Paese maghrebino sia intimamente legata alla sfida militare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
francesco semprini
new york
Le richieste di aiuti militari da parte del governo di Tripoli mettono in allarme gli Stati Uniti che temono un’escalation bellica, proprio mentre la Turchia conferma il suo impegno nell’inviare un nutrito contingente di soldati in territorio libico per contrastare l’offensiva di Khalifa Haftar. La stessa che ieri ha visto velivoli del generale colpire obiettivi civili nella cittadina di Zawya, a ovest della capitale.
All’indomani delle cinque missive di aiuti inviate da Fayez al Sarraj a Usa Gran Bretagna, Italia, Algeria e Turchia, il portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ha reso nota la «preoccupazione» di Washington sulla richiesta di sostegno militare da parte del governo di accordo nazionale (Gna). Gli Stati Uniti sono al contempo preoccupati per la «minaccia rappresentata dall’esercito nazionale libico (Lna) di utilizzare armi, aerei e mercenari forniti all’estero». Il riferimento è ovviamente ai contractor della società russa Wagner che da alcuni mesi sono al fianco delle forze del generale che operano a ridosso di Tripoli. «L’intervento militare esterno minaccia le prospettive di risoluzione del conflitto. Condanniamo gli attacchi a civili innocenti e chiediamo a tutte le parti di astenersi dall’escalation», ha affermato Ortagus.
Una escalation che tuttavia non accenna a fermarsi visto che ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il parlamento turco voterà il 7 gennaio sull’invio delle truppe in Libia a sostegno del governo di Sarraj. Il ricorso agli aiuti di Ankara rientra in una più ampia strategia del Governo sostenuto dalle Nazioni Unite che mira a realizzare un più ampio fronte contrapposto a quello che vede Egitto, Emirati e mercenari stranieri al fianco dell’uomo forte della Cirenaica.
È quanto ha ribadito ieri il ministro dell’Interno del Gna, Fathi Bashaga, spiegando che Libia, Tunisia, Turchia e Algeria si impegneranno in enormi sforzi di cooperazione nei prossimi giorni e precisando che sarà un’alleanza che mira a servire e proteggere persone e Paesi. «Se Tripoli cadrà, Tunisi cadrà e così anche Algeri», ha detto ancora Bashaga. «Haftar ha aperto i confini della Libia ai mercenari senza alcuna richiesta ufficiale dello Stato. Ha portato ufficiali degli Emirati Arabi Uniti, mercenari del Gruppo Wagner russo, combattenti Janjaweed e mercenari dei gruppi ribelli sudanesi e ciadiani» (starebbero arrivando 5000 ribelli). A frenare sull’ipotesi di alleanze regionali a fini militari è lo stesso governo tunisino che in una nota spiega come il Paese «non accetterà di essere parte di alcuna alleanza o schieramento» in riferimento alle accuse di allineamento sulle posizioni di Turchia e Qatar nella crisi libica. «Il presidente della Repubblica si attiene ai principi di sovranità, indipendenza e alla libertà di decisione della Tunisia, che non possono essere oggetto di offerte o discussioni. E non ha, né avrà alcuna intenzione di concludere un’alleanza o di schierarsi», conclude la nota.
Intanto, sul fronte opposto, l’offensiva di Haftar prosegue con una serie di raid sulla città di Zawya, ad ovest della capitale che avrebbero provocato almeno tre morti e una decina di feriti tra la popolazione civile, secondo quanto riferito dal sindaco Gamal al Bahr. «Caccia a supporto del criminale di guerra Haftar hanno colpito una farmacia e negozi commerciali nella città», rende noto l’ufficio media delle forze di Tripoli, affermando che tra morti e feriti ci sono «donne e bambini». In un altro raid, le forze del generale avrebbero preso di mira la raffineria, la più importante dell’ovest libico, a dimostrazione di come la partita energetica sullo scacchiere del Paese maghrebino sia intimamente legata alla sfida militare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
francesco semprini
new york
Le richieste di aiuti militari da parte del governo di Tripoli mettono in allarme gli Stati Uniti che temono un’escalation bellica, proprio mentre la Turchia conferma il suo impegno nell’inviare un nutrito contingente di soldati in territorio libico per contrastare l’offensiva di Khalifa Haftar. La stessa che ieri ha visto velivoli del generale colpire obiettivi civili nella cittadina di Zawya, a ovest della capitale.
All’indomani delle cinque missive di aiuti inviate da Fayez al Sarraj a Usa Gran Bretagna, Italia, Algeria e Turchia, il portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ha reso nota la «preoccupazione» di Washington sulla richiesta di sostegno militare da parte del governo di accordo nazionale (Gna). Gli Stati Uniti sono al contempo preoccupati per la «minaccia rappresentata dall’esercito nazionale libico (Lna) di utilizzare armi, aerei e mercenari forniti all’estero». Il riferimento è ovviamente ai contractor della società russa Wagner che da alcuni mesi sono al fianco delle forze del generale che operano a ridosso di Tripoli. «L’intervento militare esterno minaccia le prospettive di risoluzione del conflitto. Condanniamo gli attacchi a civili innocenti e chiediamo a tutte le parti di astenersi dall’escalation», ha affermato Ortagus.
Una escalation che tuttavia non accenna a fermarsi visto che ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il parlamento turco voterà il 7 gennaio sull’invio delle truppe in Libia a sostegno del governo di Sarraj. Il ricorso agli aiuti di Ankara rientra in una più ampia strategia del Governo sostenuto dalle Nazioni Unite che mira a realizzare un più ampio fronte contrapposto a quello che vede Egitto, Emirati e mercenari stranieri al fianco dell’uomo forte della Cirenaica.
È quanto ha ribadito ieri il ministro dell’Interno del Gna, Fathi Bashaga, spiegando che Libia, Tunisia, Turchia e Algeria si impegneranno in enormi sforzi di cooperazione nei prossimi giorni e precisando che sarà un’alleanza che mira a servire e proteggere persone e Paesi. «Se Tripoli cadrà, Tunisi cadrà e così anche Algeri», ha detto ancora Bashaga. «Haftar ha aperto i confini della Libia ai mercenari senza alcuna richiesta ufficiale dello Stato. Ha portato ufficiali degli Emirati Arabi Uniti, mercenari del Gruppo Wagner russo, combattenti Janjaweed e mercenari dei gruppi ribelli sudanesi e ciadiani» (starebbero arrivando 5000 ribelli). A frenare sull’ipotesi di alleanze regionali a fini militari è lo stesso governo tunisino che in una nota spiega come il Paese «non accetterà di essere parte di alcuna alleanza o schieramento» in riferimento alle accuse di allineamento sulle posizioni di Turchia e Qatar nella crisi libica. «Il presidente della Repubblica si attiene ai principi di sovranità, indipendenza e alla libertà di decisione della Tunisia, che non possono essere oggetto di offerte o discussioni. E non ha, né avrà alcuna intenzione di concludere un’alleanza o di schierarsi», conclude la nota.
Intanto, sul fronte opposto, l’offensiva di Haftar prosegue con una serie di raid sulla città di Zawya, ad ovest della capitale che avrebbero provocato almeno tre morti e una decina di feriti tra la popolazione civile, secondo quanto riferito dal sindaco Gamal al Bahr. «Caccia a supporto del criminale di guerra Haftar hanno colpito una farmacia e negozi commerciali nella città», rende noto l’ufficio media delle forze di Tripoli, affermando che tra morti e feriti ci sono «donne e bambini». In un altro raid, le forze del generale avrebbero preso di mira la raffineria, la più importante dell’ovest libico, a dimostrazione di come la partita energetica sullo scacchiere del Paese maghrebino sia intimamente legata alla sfida militare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
francesco semprini
new york
Le richieste di aiuti militari da parte del governo di Tripoli mettono in allarme gli Stati Uniti che temono un’escalation bellica, proprio mentre la Turchia conferma il suo impegno nell’inviare un nutrito contingente di soldati in territorio libico per contrastare l’offensiva di Khalifa Haftar. La stessa che ieri ha visto velivoli del generale colpire obiettivi civili nella cittadina di Zawya, a ovest della capitale.
All’indomani delle cinque missive di aiuti inviate da Fayez al Sarraj a Usa Gran Bretagna, Italia, Algeria e Turchia, il portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ha reso nota la «preoccupazione» di Washington sulla richiesta di sostegno militare da parte del governo di accordo nazionale (Gna). Gli Stati Uniti sono al contempo preoccupati per la «minaccia rappresentata dall’esercito nazionale libico (Lna) di utilizzare armi, aerei e mercenari forniti all’estero». Il riferimento è ovviamente ai contractor della società russa Wagner che da alcuni mesi sono al fianco delle forze del generale che operano a ridosso di Tripoli. «L’intervento militare esterno minaccia le prospettive di risoluzione del conflitto. Condanniamo gli attacchi a civili innocenti e chiediamo a tutte le parti di astenersi dall’escalation», ha affermato Ortagus.
Una escalation che tuttavia non accenna a fermarsi visto che ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il parlamento turco voterà il 7 gennaio sull’invio delle truppe in Libia a sostegno del governo di Sarraj. Il ricorso agli aiuti di Ankara rientra in una più ampia strategia del Governo sostenuto dalle Nazioni Unite che mira a realizzare un più ampio fronte contrapposto a quello che vede Egitto, Emirati e mercenari stranieri al fianco dell’uomo forte della Cirenaica.
È quanto ha ribadito ieri il ministro dell’Interno del Gna, Fathi Bashaga, spiegando che Libia, Tunisia, Turchia e Algeria si impegneranno in enormi sforzi di cooperazione nei prossimi giorni e precisando che sarà un’alleanza che mira a servire e proteggere persone e Paesi. «Se Tripoli cadrà, Tunisi cadrà e così anche Algeri», ha detto ancora Bashaga. «Haftar ha aperto i confini della Libia ai mercenari senza alcuna richiesta ufficiale dello Stato. Ha portato ufficiali degli Emirati Arabi Uniti, mercenari del Gruppo Wagner russo, combattenti Janjaweed e mercenari dei gruppi ribelli sudanesi e ciadiani» (starebbero arrivando 5000 ribelli). A frenare sull’ipotesi di alleanze regionali a fini militari è lo stesso governo tunisino che in una nota spiega come il Paese «non accetterà di essere parte di alcuna alleanza o schieramento» in riferimento alle accuse di allineamento sulle posizioni di Turchia e Qatar nella crisi libica. «Il presidente della Repubblica si attiene ai principi di sovranità, indipendenza e alla libertà di decisione della Tunisia, che non possono essere oggetto di offerte o discussioni. E non ha, né avrà alcuna intenzione di concludere un’alleanza o di schierarsi», conclude la nota.
Intanto, sul fronte opposto, l’offensiva di Haftar prosegue con una serie di raid sulla città di Zawya, ad ovest della capitale che avrebbero provocato almeno tre morti e una decina di feriti tra la popolazione civile, secondo quanto riferito dal sindaco Gamal al Bahr. «Caccia a supporto del criminale di guerra Haftar hanno colpito una farmacia e negozi commerciali nella città», rende noto l’ufficio media delle forze di Tripoli, affermando che tra morti e feriti ci sono «donne e bambini». In un altro raid, le forze del generale avrebbero preso di mira la raffineria, la più importante dell’ovest libico, a dimostrazione di come la partita energetica sullo scacchiere del Paese maghrebino sia intimamente legata alla sfida militare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
francesco semprini
new york
Le richieste di aiuti militari da parte del governo di Tripoli mettono in allarme gli Stati Uniti che temono un’escalation bellica, proprio mentre la Turchia conferma il suo impegno nell’inviare un nutrito contingente di soldati in territorio libico per contrastare l’offensiva di Khalifa Haftar. La stessa che ieri ha visto velivoli del generale colpire obiettivi civili nella cittadina di Zawya, a ovest della capitale.
All’indomani delle cinque missive di aiuti inviate da Fayez al Sarraj a Usa Gran Bretagna, Italia, Algeria e Turchia, il portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ha reso nota la «preoccupazione» di Washington sulla richiesta di sostegno militare da parte del governo di accordo nazionale (Gna). Gli Stati Uniti sono al contempo preoccupati per la «minaccia rappresentata dall’esercito nazionale libico (Lna) di utilizzare armi, aerei e mercenari forniti all’estero». Il riferimento è ovviamente ai contractor della società russa Wagner che da alcuni mesi sono al fianco delle forze del generale che operano a ridosso di Tripoli. «L’intervento militare esterno minaccia le prospettive di risoluzione del conflitto. Condanniamo gli attacchi a civili innocenti e chiediamo a tutte le parti di astenersi dall’escalation», ha affermato Ortagus.
Una escalation che tuttavia non accenna a fermarsi visto che ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il parlamento turco voterà il 7 gennaio sull’invio delle truppe in Libia a sostegno del governo di Sarraj. Il ricorso agli aiuti di Ankara rientra in una più ampia strategia del Governo sostenuto dalle Nazioni Unite che mira a realizzare un più ampio fronte contrapposto a quello che vede Egitto, Emirati e mercenari stranieri al fianco dell’uomo forte della Cirenaica.
È quanto ha ribadito ieri il ministro dell’Interno del Gna, Fathi Bashaga, spiegando che Libia, Tunisia, Turchia e Algeria si impegneranno in enormi sforzi di cooperazione nei prossimi giorni e precisando che sarà un’alleanza che mira a servire e proteggere persone e Paesi. «Se Tripoli cadrà, Tunisi cadrà e così anche Algeri», ha detto ancora Bashaga. «Haftar ha aperto i confini della Libia ai mercenari senza alcuna richiesta ufficiale dello Stato. Ha portato ufficiali degli Emirati Arabi Uniti, mercenari del Gruppo Wagner russo, combattenti Janjaweed e mercenari dei gruppi ribelli sudanesi e ciadiani» (starebbero arrivando 5000 ribelli). A frenare sull’ipotesi di alleanze regionali a fini militari è lo stesso governo tunisino che in una nota spiega come il Paese «non accetterà di essere parte di alcuna alleanza o schieramento» in riferimento alle accuse di allineamento sulle posizioni di Turchia e Qatar nella crisi libica. «Il presidente della Repubblica si attiene ai principi di sovranità, indipendenza e alla libertà di decisione della Tunisia, che non possono essere oggetto di offerte o discussioni. E non ha, né avrà alcuna intenzione di concludere un’alleanza o di schierarsi», conclude la nota.
Intanto, sul fronte opposto, l’offensiva di Haftar prosegue con una serie di raid sulla città di Zawya, ad ovest della capitale che avrebbero provocato almeno tre morti e una decina di feriti tra la popolazione civile, secondo quanto riferito dal sindaco Gamal al Bahr. «Caccia a supporto del criminale di guerra Haftar hanno colpito una farmacia e negozi commerciali nella città», rende noto l’ufficio media delle forze di Tripoli, affermando che tra morti e feriti ci sono «donne e bambini». In un altro raid, le forze del generale avrebbero preso di mira la raffineria, la più importante dell’ovest libico, a dimostrazione di come la partita energetica sullo scacchiere del Paese maghrebino sia intimamente legata alla sfida militare. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
pag. 1 di 3