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 2019  dicembre 27 Venerdì calendario

In morte del corsivo

«Quando nel corso degli umani eventi, diventa necessario per un popolo spezzare i vincoli che lo hanno unito a un altro...». Fu uno scriba di professione, Timothy Matlack, a mettere in bella forma nel 1776 i principi della Dichiarazione d’Indipendenza coniati da Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti e padre fondatore del neonato Paese. Nel 1787 toccò invece a Jacob Shallus, impiegato dell’Assemblea, vergare i tratti eleganti di quel We The People, “Noi, il popolo”, incipit della Costituzione americana.
Una nazione fondata sul corsivo, l’America. E per un motivo squisitamente politico, spiega Aileen Douglas, storica della scrittura, in Work in Hand: Script, Print, and Writing, 1690-1840 : «Si voleva dimenticare la complessa e barocca calligrafia dei regolamenti inglesi, esponendo le idee rivoluzionarie in maniera chiara». Peccato che, due secoli e mezzo dopo aver messo in bella scrittura la nascita di una nazione, il corsivo è sparito dai programmi scolastici americani. Il suo insegnamento cancellato fin dal 2010 per dare più spazio a un apprendimento nozionistico tutto test e computer. Il risultato, denuncia il New York Times, è che le nuove generazioni sono sempre più incapaci di tenere in mano una penna: e perfino leggere un testo non stampato. Il fenomeno non riguarda solo gli Stati Uniti. Dal 2016 pure la Finlandia, per esempio, ha sostituto l’inchiostro con le tastiere. E perfino la Cina, dove pure secondo un vecchio proverbio «la calligrafia rispecchia il carattere delle persone», la vecchia arte s’insegna meno: al punto che per colpa dell’uso costante di smartphone e tablet il 91 per cento delle persone ha ammesso di aver dimenticato come si tratteggiano alcuni caratteri rispondendo a un sondaggio dello Shandong Business Daily.
L’ultimo allarme arriva dal New Jersey. Dove una deputata locale, Angela McKnight, 42 anni, ha appena introdotto una proposta di legge per reimporre l’insegnamento del corsivo nelle scuole del suo Stato: sull’esempio di California, Alabama, Arkansas, Louisiana, Mississippi, Tennessee e Carolina del Nord, già corse ai ripari. Curiosamente, è proprio in New Jersey che vive Edbert Aquino, 10 anni, campione nazionale di scrittura a mano. Che però frequenta una scuola cattolica privata, dove s’insegna anche musica e arte. Il suo talento è un’eccezione.
Certo, già da tempo molti studiosi hanno sottolineato l’importanza del corsivo: «Scrivere a mano influenza lo sviluppo cognitivo, permettendo di coordinare memoria a circuiti visivi e motori» spiega al Daily News Virginia Berninger, professoressa di psicologia dell’apprendimento all’Università di Washington. «Attiva parti del sistema nervoso che restano invece inerti durante la digitazione». Non solo. La scrittura a mano «genera empatia», dice al New York Times Ellen Handler Spitz, autrice di Arte e psiche: Fenomenologia della creatività da Leonardo a Magritte: «Rende un biglietto o una lettera messaggi capaci di creare connessioni psicologiche e personali più intense di una mail». Con buona pace del fatto che da questa parte del mondo è diventato di moda falsificare anche quello. Sempre più americani si rivolgono infatti ad aziende che usano sistemi robotizzati per scrivere lettere a penna. Inseguono cioè l’unicità empatica del tocco a mano: senza prendersene i rischi. Handwrytten, che offre il servizio da Phoenix, Arizona, ha ottenuto un successo clamoroso proprio in questi giorni di Natale grazie ai suoi robot capaci di imitare la scrittura di chiunque e programmabili per fare perfino errori di grammatica e strafalcioni così da rendere il trucco più realistico. «Sicuramente un business di profitto. Ma un tradimento emotivo», sentenzia Spitz.
E pazienza se perfino il piccolo Edbert, il giovane campione di corsivo, ammette che «scrivere a mano dà più tempo di pensare. Ma per i compiti meglio il computer. È più veloce e si può usare il controllo ortografico». A sorpresa gli dà ragione pure Anne Trubek, autrice di The History and Uncertain Future of Handwriting: «Non è vero che la tastiera limita la creatività delle persone. Come tutti i processi di automatismo, una volta appreso lascia libero il cervello di esprimersi». Una nazione fondata sul corsivo. E conquistata dal correttore automatico.
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