la Repubblica, 27 dicembre 2019
«Niente pagamenti di tasse o bollette fino quando non ci avranno ridato i soldi che hanno rubato». Contunano le proteste in Libano
«Non pagheremo più». Davanti alla società per l’energia elettrica, davanti alle banche di Beirut, Tiro e di molte altre città la rivoluzione libanese lancia un nuova sfida alle autorità: la disobbedienza fiscale. Tutto è cominciato sui social: «Niente pagamenti di tasse o bollette fino quando non ci avranno ridato i soldi che hanno rubato». «Fino a quando non ci sarà un governo capace di amministrare i fondi pubblici, non c’è nessuno a cui dobbiamo nulla», proclamano i tweet, mentre su Facebook scorrono le immagini di uomini e donne armati di cartelli che raccontano la rabbia di un popolo “a pezzi” che “non vuole più pagare”.
È un altro passo della rivolta accesa il 17 ottobre proprio da una incauta tassa sulle telefonate via WhatsApp, subito ritirata dal governo. Una rivoluzione che ha spinto il primo ministro Hariri a dare le dimissioni ed è riuscita a galvanizzare la società civile contro la corruzione dilagante e il sistema settario di divisione del potere. Da pochi giorni il presidente Aoun ha dato l’incarico a Hassan Diab, un accademico sunnita, che però piace al partito armato sciita Hezbollah. Diab vuole essere una risposta alla richiesta della piazza di un governo tecnico che metta mano alle riforme. Ma è una risposta a cui pochi credono e che ha già fatto entrare in ebollizione la maggioranza sunnita filo-Hariri. A non scommettere sulla luce in fondo al tunnel è soprattutto la popolazione, provata da più di due mesi di proteste. «Non riusciamo più a pagare le tasse allo Stato, ma dobbiamo pagare gli stipendi ai dipendenti», spiegano alcuni imprenditori riuniti nell’Uovo, lo scheletro di un vecchio cinema nel centro di Beirut dove i manifestanti tengono dibattiti. Diversi imprenditori aderiscono al “gelo” delle tasse fino a quando “non ci sarà un governo neutro ed efficiente che tracci la strada delle riforme”. Ma è soprattutto nel popolo che la disobbedienza fiscale e lo sciopero di bollette e rate dei mutui hanno fatto breccia. L’erogazione dell’energia elettrica è a singhiozzo e la rete disastrata spinge i consumatori nelle braccia della mafia dei generatori. La rabbia verso le banche monta con le restrizioni sui prelievi e con la scarsità di dollari.
Il movimento “Non pagheremo più” rassicura gli utenti spiegando che ci vogliono mesi di insolvenza prima del distacco dell’elettricità e del gas e gli avvocati dei manifestanti stanno studiando tutti i possibili rischi. Ma quelli convinti del fatto che ormai ci sia ben poco da perdere sono sempre di più.