Corriere della Sera, 27 dicembre 2019
Arrestato e mandato ai domiciliari Pietro Genovese, il ventenne che ha travolto Gaia e Camilla, le due sedicenni che hanno attraversato con il verde
Pietro Genovese, figlio del regista Paolo («Perfetti sconosciuti»; «The Place») è agli arresti domiciliari nella sua casa. È accusato di omicidio stradale nei confronti delle due sedicenni Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli. I risultati dell’alcol test – positivo: 1,4 grammi al litro rilevati assieme alla presenza di sostanze stupefacenti – e la velocità alla quale viaggiava, superiore ai 50 chilometri orari prescritti dal codice, hanno pesato in modo decisivo. Con lui, a bordo della Renault Koleos che viaggiava lungo il viadotto di Corso Francia c’erano due amici, due ragazzi in grado di testimoniare, nei dettagli, gli avvenimenti della notte del 21 dicembre. La corsa, il buio, l’impatto con le due vittime, poi ancora il disorientamento assieme alla consapevolezza di quanto era appena accaduto.
Secondo la gip, Bernadette Nicotra, Genovese, assistito dall’avvocato Gianluca Tognozzi, è seriale nelle sue trasgressioni: «É solito condurre veicoli a motore dopo aver assunto sostanze alcoliche se non anche stupefacenti e non rispettare il codice della strada». Il riferimento è chiaro, perché al ventenne era stata ritirata la patente nei mesi scorsi, quando era stato fermato in possesso di hashish e solo da poco gli era stata restituita. Sottolinea, allora, la gip: «Le precedenti contestazioni e provvedimenti amministrativi non hanno avuto alcun effetto deterrente, Genovese si è messo alla guida dell’autovettura nonostante avesse assunto bevande alcoliche e nonostante in passato gli fosse già stata ritirata la patente di guida per violazioni al codice della strada». In conclusione: «Questo comportamento dimostra noncuranza se non addirittura disprezzo verso i provvedimenti e i moniti dell’autorità amministrativa e di pubblica sicurezza ed è sintomo di una personalità incline alla violazione delle regole». Altri incidenti potrebbero dunque accadere se il ventenne non fosse fermato.
Nel riassumere le responsabilità di Genovese, la gip sottolinea, tuttavia, la condotta «incautamente spericolata» delle due ragazze che «in ora notturna, in zona scarsamente illuminata e con pioggia in atto, attraversando la carreggiata, scavalcando il guard rail, nel momento in cui il semaforo era fermo sulla luce rossa per i pedoni» tentavano di passare lungo il viadotto.
Le testimonianze raccolte dalla municipale coordinata dal pm Roberto Felici sembrano concordare. Quella sera Pietro Genovese e gli altri tornavano da una festa, una serata in un appartamento della Roma Nord organizzata per festeggiare il rientro di un amico dopo il progetto Erasmus. Quindi, a fine serata, il ritorno in auto. Pioveva. La visibilità era, oggettivamente, limitata.
La luce del semaforo sulla carreggiata sarebbe stata verde, segnale di via libera per gli automobilisti. La vettura marciava a una velocità sostenuta – settanta all’ora anziché i cinquanta previsti dal codice – fino all’impatto.
L’auto, dopo aver travolto due persone, probabilmente, non era in grado di proseguire nella sua corsa. Chi ha assistito all’impatto, come un ragazzo a bordo di una minicar, ha parlato di un urto terribile da parte di una sola vettura. Le ragazze sono state viste volare in aria sulla via. L’autopsia eseguita dal medico legale, Luigi Cipolloni, avrebbe escluso l’investimento da parte di altre auto. Le fratture al cranio delle due ragazze sarebbero compatibili con un unico colpo. Questa mattina si svolgeranno i funerali per dare l’ultimo saluto a Gaia e Camilla