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 2019  dicembre 27 Venerdì calendario

Ritratto di Lorenzo Fioramonti ministro

Non un gaffeur involontario, anche se molti lo hanno paragonato a Danilo Toninelli, ma sicuramente un ministro scomodo, sempre meno amato da Luigi Di Maio e sempre pronto a rilanciare idee e proposte poco ortodosse e poco concordate. Del resto, appena arrivato in Parlamento, Lorenzo Fioramonti sbuffava: «Qui non si fa nulla, mi annoio». Facile per un iperattivo cresciuto a Tor Bella Monaca, con laurea a Tor Vergata, passione giovanile per Di Pietro, master a Siena, dottorato a Fiesole, servizio civile in Belgio, moglie tedesca e cattedra universitaria in Sudafrica.
L’ex professore di Economia politica di Pretoria è fatto così, non è uomo dalle idee moderate e accomodanti. Quando, il primo marzo del 2018, Fioramonti viene presentato all’Eur da Luigi Di Maio come potenziale «ministro dello Sviluppo economico», molti si stupiscono per la scelta di un cervello in fuga dalle idee decisamente a sinistra. A notarlo era stato Giorgio Sorial, ex deputato M5S, che apprezza il suo libro «Presi per il Pil» e lo presenta a corte. Il Pil per Fioramonti è «una lavatrice statistica» dietro il quale ci sono i poteri forti. Al suo posto propone il più rassicurante «indice del benessere», in linea con il flirt per la «decrescita felice». Apprezzano molto il greco Gianis Varoufakis e Vandana Shiva, la contestata ambientalista indiana diventata poi consulente al Miur, nella disapprovazione della comunità scientifica.
Lo stesso giorno del lancio all’Eur, Fioramonti viene accusato di aver sostenuto nel 2016, da docente all’Università di Pretoria, il boicottaggio di Israele, disertando un summit sull’acqua. Lui smentisce, ma sull’implacabile web rispunta un’intervista a The Daily Vox, nella quale definisce il boicottaggio «la chiave per una pace equa e sostenibile in Medio Oriente».
Il percorso di Fioramonti viene puntellato di polemiche di ogni tipo. All’inizio dell’avventura nel governo recluta l’ex Iena Dino Giarrusso come cacciatore di «concorsi truccati». Seguono polemiche e ravvedimento, non proprio operoso: Giarrusso cerca gloria altrove e Fioramonti abbozza. Qualcuno riesuma antichi post del 2009 e del 2013, nei quali il docente, poco professorale, se la prende con Berlusconi, definito «imperatore della sfiga»; con Daniela Santanché, «che straripa di chirurgia plastica» ed è «un personaggio disgustoso e raccapricciante». E con Renato Brunetta: «Una bella Italia sarebbe un Brunetta preso a manganellate dai carabinieri». Seguono mezze scuse a posteriori («sono cose scritte anni fa privatamente, di cui non vado fiero»).
I «Fridays for Future» lo vedono protagonista. Autorizza i ragazzi a disertare la scuola con la giustificazione di «sciopero per il clima». Il suo entusiasmo filo ambientalista ottiene un tweet di plauso da Greta Thunberg, di cui va fiero. Del resto a Pretoria il ministro aveva una casa nella quale riciclava l’acqua piovana, usandola per irrigare l’orto. E la moglie Janine è un’attivista plastic free e vegana. A un certo punto, inciampa nell’accusa (piuttosto pretestuosa) di antinazionalismo per avere scelto per il figlio la scuola inglese. Ma eccoci al peana per lo Ius Culturae e all’anatema per il crocefisso, che Fioramonti vorrebbe staccare dalle aule: «Vorrei una scuola laica. Meglio una bella cartina del mondo». Parole che gelano Di Maio. Che dalle temperature polari del fastidio passa a quelle infuocate della rabbia quando legge dell’idea di Fioramonti di tassare le merendine. «Ma come, sto comunicando che abbassiamo le tasse e lui annuncia che le alziamo?».
La recente intervista a 7 è un preannuncio dell’addio. Non tanto al ministero, quanto al Movimento, che si è «snaturato». E giù randellate (a posteriori) su vitalizi, taglio dei parlamentari, alleanza con la Lega, decreti sicurezza, legittima difesa. E su Casaleggio: «Non si capisce a che titolo si inserisce nell’agenda politica del Movimento». Scissione? «Provo a far ragionare il Movimento». Tentativo fallito, a quanto pare.