23 dicembre 2019
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Biografia di Edwige Fenech
Edwige Fenech, nata ad Annaba (l’antica Ippona), in Algeria, il 24 dicembre 1948 (71 anni). Attrice • «Icona sexy e sogno erotico degli italiani per tutti gli anni Settanta» • «La donna più sequestrata d’Italia» • È stata anche produttrice di serie tv. Dal 1982 al 1985 ha fatto la presentatrice su Canale 5, ha condotto il festival di Sanremo nel 1991 e l’edizione 1989/1990 di Domenica In • Tra i suoi film: Susanna... ed i suoi dolci vizi alla corte del re (Franz Antel, 1968); Alle dame del castello piace molto fare quello (Joseph Zachar, 1969); Mia nipote… la vergine (Eberhard Schroeder, 1969), Desideri, voglie pazze di tre insaziabili ragazze (Joseph Zachar, 1969); I peccati di Madame Bovary (Hans Schott-Schöbinger, 1969); Lo strano vizio della signora Wardh (Sergio Martino, 1970); Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? (Giuliano Carnimeo, 1972); Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (Sergio Martino, 1972); La bella Antonia, prima monica e poi dimonia (Mariano Laurenti, 1972); Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda (Mariano Laurenti, 1972); Giovannona Coscialunga disonorata con onore (Sergio Martino, 1973); La vedova inconsolabile ringrazia quanti la consolarono (Mariano Laurenti, 1973); La signora gioca bene a scopa? (Giuliano Carnimeo, 1974); 40 gradi all’ombra del lenzuolo (Sergio Martino, 1976); La poliziotta fa carriera (Michele Massimo Tarantini, 1976); La dottoressa del distretto militare (Nando Cicero, 1976); La soldatessa alla visita militare (Nando Cicero, 1977); La soldatessa alle grandi manovre (Nando Cicero, 1978); La patata bollente (Massimo Tarantini, 1979); La moglie in vacanza… l’amante in città (Sergio Martino, 1980); Sono fotogenico (Dino Risi, 1980); Io e Caterina (Alberto Sordi, 1980); Vacanze in America (Carlo Vanzina, 1984) • «Sai che si dice di quei film? Erano di serie B, film zozzoni. “Ma non erano zozzoni, dài. Al limite spiavo dal buco della serratura quella che si faceva la doccia, poi ci provavo e prendevo solo sganassoni. C’erano il sorriso e la coscetta. E gli italiani correvano al cinema. Pensavano: ‘Andiamo a vedere Vitali che pija gli schiaffi’”» (Alvaro Vitali a Alessandro Milan, La Verità, 3/2/2017) • «Infermiera, supplente, poliziotta, pretora, dottoressa del distretto militare e la grande Ubalda [...] “Io sono molto affezionata a quel periodo, è stata anche una grande avventura, quell’andare contro i gusti dei perbenisti e incontro a quelli di una gran massa di spettatori. Quel gruppo di attori che era una sorta di famiglia. Mi arrabbiavo solo per i titoli”» (Vittorio Corona, Panorama, 22/7/1999) • «Mi sono spogliata. Molto. Era faticoso, imbarazzante. Era il mio mestiere. Ma ho sempre tenute separate la vita e la finzione. Voglio dire che non sono mai stata una donne facile o, peggio, di facili costumi» (a Dario Cresto-Dina, la Repubblica, 11/11/2007) • «Signora Fenech, le disturba rivedere quei film? “Sta scherzando? Mi hanno pagato per farli”. Se tornasse indietro farebbe gli stessi film? “Se il Signore avesse voluto essere più generoso nei miei confronti mi avrebbe fatto incontrare Ingmar Bergman. E forse quei film io non li avrei mai fatti. Ma io non mi posso lamentare. Se dovessi tornare indietro quei film io li rifarei”» (Claudio Sabelli Fioretti, Corriere della Sera, 12/8/2001).
Titoli di testa «Erre arrotata e una dose di autoironia non comune nelle donne che diventano sogni erotici, Edwige Fenech si racconta senza rimpianti» (Silvia Fumarola, la Repubblica, 28 settembre 2015).
Vita Da bambina Edwige possedeva una valigetta da crocerossina («da grande volevo fare l’infermiera»). Quando la mamma la sgridava, ci metteva dentro una maglietta, un pigiamino, un paio di pantaloni e un asciugamano «e via per il quartiere»: «Le amiche di mia madre mi chiedevano: “Edwige, dove vai?”. E io seria: “Parto, vado via”. Poi c’era sempre qualcuno che mi convinceva a tornare indietro» (Elsa Martinelli, Chi, 30/7/2003) • «Mia madre è siciliana e mio padre maltese» (a Corona) • Vivono in Algeria. «Noi francesi eravamo sempre stati benvisti in Algeria. Eravamo “i francesi”, ma siamo stati bene tutti insieme fino a che non scoppiò la guerra per l’indipendenza dell’Algeria [...] Avevo sette anni quando cominciò e dodici quando finì e fummo costretti a partire [...] Certo, non ho avuto un’infanzia normale come tanti bambini, ma ci si abitua al pericolo. Le bombe? Sicuro, scoppiavano anche in città, noi correvamo al riparo e poi non ci si pensava più [...] per i francesi noi eravamo i “pieds noirs”, i colonialisti, e la colpa della guerra era nostra. Non ho mai sofferto tanto!» (Martinelli) • Nel ’62 si trasferiscono a Nizza. «Per noi è stata la “terra di nessuno”. Siamo stati accolti malissimo [...] Quello è stato il periodo più infelice della mia vita [...]» (ibidem) • «A undici anni avevo già il seno sviluppato, mi prendevano per una donna adulta. Mi sentivo un mostro e invidiavo le mie coetanee che erano ancora piatte. Camminavo tutta curva e vergognosa» (a Giorgio Carbone, Libero, 20/2/2005) • «“Da ragazza ero piena di complessi, tutta questa bellezza non la vedevo”. Oddio, no, non dica così anche lei. “Ma è vero, per me erano belle le altre: nessuno mi trovava interessante”» (Fumarola) • «Va a Parigi per studiare medicina, ma comincia a lavorare come fotomodella e attrice […] la sua prima apparizione cinematografica: Toutes folles de lui, regia di Norbert Carbonnaux. La parte è piccola, una sola battuta. È un disastro, deve ripeterla 32 volte. Va meglio con Alle dame del castello piace molto fare quello, sempre in Francia, sempre nel 1967» • «Mi presentai per il concorso di Lady Francia e vinsi. Mi chiamarono allora a Cortina per partecipare al concorso di Lady Europa e mi classificai seconda» • «Il pubblico protestò, mi voleva prima: volarono bicchieri, sedie, un casino. Ero con mia madre, gli organizzatori ci chiesero i danni.... ce ne tornammo di corsa a Nizza. Una settimana dopo telefonò un talent scout italiano» • «Una casa di produzione invitò me e mia madre a venire a Roma per un film, toccai il cielo con un dito [...] si chiamava Samoa, la regina della giungla. Portarono mia madre in albergo e me direttamente sul set dove mi spogliarono e mi dipinsero con una vernice marrone dalla testa ai piedi. Vestito: una striscia di camoscio sul seno e una intorno alla vita [...] Ero brutta da far paura. Del mio viso si distinguevano solo gli occhi e i denti bianchissimi, ero terrificante [...] tra un film e l’altro, passava un po’ di tempo e io non guadagnavo. Non è stato facile per niente. Per risparmiare mangiavo pizza e pizza... [...]» (Martinelli) • «Ecco, è cominciata così. A ripensarci, era tutto facile: si andava alla Medusa, la casa di produzione, si diceva: “Ho avuto questa idea per un film di questo tipo”. Ti ascoltavano, se piaceva ti dicevano: “è bella, facciamolo”. Erano gli anni dei cinque colonnelli, Manfredi, Gassman, Tognazzi, Sordi, Mastroianni, di Pasolini, registi come Risi, Monicelli, Steno, Scola, era una cinematografia in cui c’era di tutto, per tutti i gusti» (a Stenio Solinas, il Giornale, 03/08/2003) • «Gli inizi non furono dei più felici: fotoromanzi non pagati, promesse d’ingaggio per film mai girati e poi un compagno, del quale non ha mai voluto rivelare il nome, che la mise incinta e la lasciò» (Roberta Mercuri, Vanity Fair, 24/12/2018) • «“Con il padre di Edwin stavo da parecchio tempo. Venne da me e fu offensivo: ‘Di chi è il figlio?’. ‘È mio’, dissi, e me ne andai sbattendo la porta. Credo di essere una persona gentile ed educata, ma se mi tratti male e mi insulti gratuitamente divento fumantina, reagisco e me ne vado. La storia finì così, eravamo partiti con il piede sbagliato, proseguire non avrebbe avuto senso”. All’epoca lei aveva 21 anni. “E un contratto già firmato per interpretare un giallo. L’avevo siglato due anni prima, ma il film per una ragione o per l’altra non si era mai fatto. Andai nell’ufficio del produttore, un uomo grasso con cui avevo un rapporto di fiducia e di amicizia e gli dissi che ero incinta: ‘Se vuoi trovare una data per il nostro giallo è il momento di farlo, per un periodo mi dovrò fermare’”. Fu comprensivo? “La prese male: ‘Ma come? Proprio adesso che stiamo per iniziare a girare?’. Feci notare che attendevo vanamente da due anni e poi com’era normale ci salutammo un po’ freddamente con la promessa di riaggiornarci”. Vi riaggiornaste? “Mi fece causa per inadempienza”» (Malcom Pagani, Il Fatto Quotidiano, 11/10/2015) • «Avevo bisogno di lavorare, avevo un figlio» • «Andai a fare un fotoromanzo a Monza in pieno inverno per tirare su un po’ di soldi. Faceva un freddo cane, c’era la neve e io ero vestita da sposa, eterea, con le scarpette leggere e i piedi congelati che mia madre nelle pause mi frizionava con l’alcool. Se nella mia carriera sia stata o meno brava non lo so, ma so che sono stata una professionista. Un soldato che davanti al compito non si tirava indietro» (Pagani) • Tanta fatica per nulla. Non la vogliono pagare, in un edicola scoprono un altro fotoromanzo, con fotogrammi presi da I peccati di Madame Bovary, cosa che viola il contratto di esclusiva. «Mentre c’era la gara ad abbandonarmi e tutti sembravano pretendere da me il denaro che non avevo, come un angelo, apparve Luciano Martino […] Luciano aveva lavorato anche con Bolognini e Pasolini. Era colto, signorile, spiritoso, straordinario. E sapeva fare molto bene il proprio mestiere. Quando mi chiamò per chiedermi un incontro, lo conoscevo già da molti anni. Ero in un brutto momento, mi ero rifugiata da mia madre a Nizza e lo accolsi con la speranza che la fortuna iniziasse finalmente a soffiare dalla mia parte”. In che direzione soffiò? “Andammo al cinema e poi a cena. Io avevo il pancione e tra il primo e il secondo tempo il bambino iniziò a prendermi a calci. Mi picchiava proprio. Si vedeva la forma del piede spuntare dal vestito. Sbiancai. Luciano se ne accorse e mi chiese se poteva appoggiarci la mano. Edwin si calmò in un istante. Un bellissimo segno» (Pagani) • Si mettono assieme, e con lui come produttore recita in Ubalda e Giovannona Coscialunga. Arriva il successo. Luciano Martino butta giù decine di titoli, poi li seleziona e li porta ai distributori. A lei sembrano volgari e si arrabbia. «“Ricevevo puntualmente la stessa spiegazione ‘adesso non ti piacciono, ma vedrai, decreteranno il successo del film’. I titoli erano infami, ma in un certo senso Luciano aveva ragione. […] non avevamo lo stesso pubblico di Germi o di Rosi. Non potevamo peccare di intellettualismo, dovevamo differenziarci”. Piovvero dunque sulle grazie di Edwige Fenech quasi settanta film in poco più di dieci anni. Soldatesse, insegnanti, poliziotte, dame del castello, zie, vedove inconsolabili, strani vizi, cosce lunghe, peccati di nome Ubalda, Giovanna o Antonia, improvvisi calori, docce, nudità e giochi di parole» (Pagani) • «Si creò così un cinema basato su piccole storie nostrane e dialettali con dialoghi e scene boccacceschi di una comicità quasi sempre volgare» (Martinelli) • «Non era solo una questione di donne nude e erotismo casereccio. I film della commedia sexy proiettano, come sempre, i desideri, le frustrazioni e le abitudini degli spettatori che li (ri)guardano. […] Il Paese in quegli anni ha il sesso in testa. I corpi sono bellissimi, a volte leggermente imperfetti ma più veri e sensuali. A portata di mano, come si dice. La censura è occhiuta e più morbosa degli sceneggiatori, la critica militante fatica parecchio a capire, gli spettatori neppure si sforzano di farlo, gli bastano collant e scollature, il politicamente corretto non era ancora nato (e si poteva intitolare un film Elena sì, ma... di Troia), le femministe protestavano, ma anche loro senza reggiseno, e comunque solo nel 1974 si produssero 176 film e le sale erano 9.089. Di quell’anno, peraltro, si ricorda La signora gioca bene a scopa? con la più bella battuta dell’intero filone (Oreste Lionello, che interpreta uno sceneggiatore, rivendica: “Io faccio un cinema di rottura!”, cui la cameriera risponde: “Di coglioni”), e una scena di nudo memorabile della Fenech. La pellicola fece 718 milioni di lire di incassi» (Luigi Mascheroni) • «“La lavorazione non durava mai più di quattro settimane, spesso si svolgeva fuori città, e la nostra era una sorta di trasferta, di villeggiatura aziendale, di tournée teatrale. Qualche volta, fra me e me, ho litigato con i titoli che la distribuzione imponeva e che mi sembravano troppo volgari. Per esempio non andai a vedere Quel gran pezzo dell’Ubalda, tutta nuda tutta calda. L’ho visto per la prima volta quando l’hanno trasmesso in tv, dopo aver letto una noterella di Walter Veltroni, in cui scriveva che avevo “la dolcezza di un personaggio di Truffaut” […] Allora gli ammiratori mi scrivevano lettere molto carine, in cui, di solito, si offrivano di sposarmi e di far da padre a mio figlio […] Per strada venivo fermata dalle donne, che si tiravano dietro il marito, impacciato e rosso come un peperone, e mi chiedevano di dargli un bacio “così lo fa contento. Dice che se la sogna anche di notte!”» (Patrizia Carrano, Sette n. 41/1999) • «A Cinecittà Fellini aveva una cuoca che si chiamava Ubalda. […] Così per Federico ero Ubaldina: “La mia Ubalda e la mia Ubaldina”, diceva quando lo andavo a trovare. Ci eravamo conosciuti a un provino per il Satyricon, avevo diciott’anni. Mi disse: “Questo non è un film per te, ma stai certa che ne faremo uno insieme”. Nel ’72 mi chiamò per Amarcord, la parte di Gradisca. Pranzavo con lui, passeggiavamo per Cinecittà mano nella mano, era molto affettuoso, senza malizia però. Alla fine scelse Magalì Nöel, che allora aveva l’età di mia madre. “Mi sarebbe piaciuto, capisci”, mi spiegò, “ma sei ancora troppo giovane e, purtroppo, troppo magra. Guarda che non ti ho preso in giro, veramente avevo pensato a te per quel ruolo”. Presa in giro? Per me quei mesi erano stati un sogno, l’essere stata lì con lui era già il mio film. Era un uomo strepitoso» (Solinas) • «Spogliarmi davanti a gente che non conoscevo era terrificante. Io sono sempre stata una persona discreta, anche nel modo di vestire. Sono sempre stata minimalista, mai in giro scollata o trasparente, mai topless» • «Ho sempre pensato che non avevo... come dire, non avevo le basi per essere un sex symbol. Guardavo le mie colleghe, Barbara Bouchet, Karin Schubert, loro sì che mi sembravano esplosive, poi guardavo me e trovavo di essere ordinaria, normale» (a Corona) • «Io non avevo tante scene d’amore nei film. Tante docce ma poco amore. Ero una delle attrici che si lavava di più nei film. Una doccia dietro l’altra» (a Massiliano Jattoni Dall’Asén) • «Ho recitato fino alla saturazione. Non ero soddisfatta di quel che facevo, la routine mi stava ammazzando e nonostante con fatica fossi arrivata nel tempo a dividere lo spazio con Tognazzi, Sordi, Steno, Festa Campanile e Risi, mi ritrovavo sempre nel ruolo della bella ragazza. Non mi facevano invecchiare interpretando altro, cominciavo ad annoiarmi e qualcosa si era rotto. Mi sentivo disonesta, con me stessa e con il pubblico. Aspettai l’arrivo di una proposta che mi entusiasmasse e poi, stanca di attendere, dopo un paio di stagioni di pausa volontaria, dissi definitivamente basta. Misi un punto. Mi ritirai e cominciai a dire no» (a Pagani) • «La lunga e prolifica stagione cinematografica si chiude in qualche modo nel 1984 con la felice interpretazione della madre apprensiva di Gianmarco Tognazzi in Vacanze in America di Carlo Vanzina: Edwige […] mantiene il suo ruolo di seduttrice, tentando anche Don Buro-Christian De Sica (“Lei che è così buono, mi sblocchi”. “Te sblocco? Ma pe’ chi m’hai preso, pe’ padre Ralph?”), ma è uno dei pochi film in cui usa la sua voce e il suo affascinante accento senza essere doppiata» • Negli ultimi anni non è più davanti alla macchina da presa: organizza, produce, dirige. «Dopo aver interpretato più di cento film – a volte arrivavo a farne anche otto in un solo anno – so ormai giudicare un copione “a peso”. Per questo credo di essere una buona produttrice» (alla Carrano) • La sua casa di produzione però fallisce: «Sono stata tre anni senza produrre un metro di pellicola, non lavoravo più e anche lì, siccome ferma troppo a lungo non so stare e detesto chiedere, ho ribaltato il tavolo e sono andata per conto mio. Ho detto ‘va bene, tiriamo i remi in barca […]’. E così è andata”. È vero che adesso vive in Portogallo? “Vivo in tanti posti, viaggio moltissimo. Mio figlio Edwin si era trasferito a vivere in Cina. Sono andata a trovarlo sei volte in un anno» (Pagani) • «Avrei voluto un’altra carriera. Altri film. Facile dirlo adesso. Eppure quelle pellicole mi hanno dato da mangiare, mi hanno fatto vivere, mi hanno fatta ricordare. Non li rinnego, l’ho detto altre volte e non ho più voglia di ripeterlo» (a Dario Cresto-Dina, la Repubblica 11/11/2007).
Amore Nessun matrimonio, ma relazioni con il produttore Luciano Martino (dal 1971 al 1979), fratello del regista di molti suoi film, con Luca Cordero di Montezemolo (per 18 anni, da metà anni 80), con Angelo Bucarelli, con Massimo Bernardi, proprietario di un locale a Porto Santo Stefano, sull’Argentario («una donna insaziabile. Una che pretendeva di fare all’amore anche sette volte al giorno») • «Ho amato poche volte, con grande intensità» (a Cresto-Dina) • «Io per natura sono fedelissima» • «Lei ha mai tradito?
“Sì. Quando ho avuto il sentore di un tradimento dentro casa, ho avuto bisogno anche io di sapere chi ero e che cosa valevo in quel momento. Cercavo una persona che mi facesse provare quelle cose che dentro casa non provavo più. Il tradimento di reazione è come un check up”» (a Sabelli Fioretti).
Famiglia Il figlio Edwin Fenech (n. 1971), guru del settore vendite e prima guida del mercato Ferrari negli Stati Uniti, la nuora Camille, una nipotina di nome Asia (n. 2013).
Omaggi Quentin Tarantino è un suo fan. L’ha fatta recitare in Hostel II, di cui era produttore, e in Bastardi senza gloria compare un generale Ed Fenech • «Avevo dieci anni ma pensavo già alle donne / e chiuso nel mio bagno amavo Edwige Fenech» (il cantante Brunori Sas, nella canzone Italian Dandy, 2009).
Cattiverie «Ci sono molti pregiudizi nei confronti delle donne carine…
“Quando facevo Domenica In c’era un presentatore invidioso che convinceva i suoi amici giornalisti a scrivere, ogni domenica, che io facevo Domenica In grazie a Montezemolo. Era diventato una barzelletta”.
Vogliamo il nome di questo gentiluomo.
“Mai”.
Poi l’ha fatta Domenica In?
“Si, c’è riuscito. Fu l’anno in cui Domenica In andò malissimo”» (Sabelli Fioretti).
Rivoluzionaria «Sono stata una femminista senza saperlo, una rivoluzionaria sessuale inconscia».
Riservata? «Ho mostrato le tette in cinquantaquattro film».
Curiosità È alta 1 metro e 75, pesa 57 chili • Misure: 89-63-91 • Fenech a Malta è un cognome molto diffuso • La parte del proprio corpo che preferisce sono i piedi: «Sono perfetti, anche se penso che nessuno al cinema li abbia mai guardati» • Impazziva per David Bowie: «Quando uscì il film L’uomo che cadde sulla Terra, in cui recitava lui, mi presentai per prima al cinema, alle 15» • «Ha rimpianti? “Per due volte mi proposero di lavorare in America. La prima avevo vent’anni, non potevo far venire i miei genitori, ero pagata come un’impiegata degli studios. Tra i progetti c’erano due film con Clint Eastwood e Fiore di cactus, il ruolo che fu affidato a Goldie Hawn. Chissà se sarei mai arrivata a girarli… Non ci ho più pensato. Il giorno in cui prendi una decisione mai voltarsi indietro”» (Fumarola) • «Esco poco, amo i miei segreti, sono discreta, non pettegola e forse sono anche un po’ noiosa» • «Non ho neppure una cassetta dei miei film. Debbo decidermi a comprarle. Per i miei nipoti» (a Solinas, nel 2003) • «Oggi le scene d’amore sono molto esplicite. I film americani sono belli tosti con le scene d’amore. Cose che io non ho mai fatto. Io facevo docce, docce, docce» • «Quei miei film ora sembrano opere da educande».
Titoli di coda «La mia fortuna? Essere nata di 24 dicembre, un giorno in cui si festeggia un evento ben più importante che ha sempre messo in secondo piano il mio compleanno. Così, quando arriva la data fatidica, posso dire: “Che bello domani è Natale!”» (alla Mercuri).