UN ESTRATTO DEL SUO MONUMENTALE DIZIONARIO DI GIUSTI SULLA COMMEDIA SEXY, 22 dicembre 2019
COMMEDIA SEXY FOREVER! – RECENSIONE BY STEVE DELLA CASA DEL MONUMENTALE DIZIONARIO DI MARCO GIUSTI SULLA COMMEDIA SEXY: “LA FORZA DEL CINEMA ITALIANO CONSISTEVA NELLA MANCANZA DI BARRIERE TRA ALTO E BASSO. ERANO DUE MONDI CONTIGUI, CHE INTERAGIVANO” – LANDO BUZZANCA PRETENDEVA LO STESSO CACHET DI VOLONTÈ FRESCO DI OSCAR, LA FENECH E GLORIA GUIDA GUADAGNAVANO... – LA FINE DELL’IDEA DEL SESSO COME TRASGRESSIONE NEGLI ANNI DELL’EDONISMO REGANIANO – VIDEO + FOTOGALLERY DEI BEI TEMPI -
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/giusti-commedia-sexy-estratto-suo-monumentale-dizionario-215183.htm DOVE VAI SE IL DOPPIOSENSO NON LO FAI Steve Della Casa per “la Stampa – Tutto Libri”
Con il Dizionario stracult della commedia sexy, appena uscito per i tipi di Bloodbuster, Marco Giusti aggiunge un ulteriore tassello alla sua personale rilettura del cinema italiano. Il volume fa seguito infatti a quelli sul western, sulle imitazioni di 007, sui film mitologici e sugli horror: quindi sui generi cinematografici con i quali l’industria di Cinecittà si è alimentata negli anni d’oro. Negli anni Sessanta e Settanta, infatti, in Italia si giravano anche 400 film all’anno, si facevano coproduzioni e soprattutto i nostri film (anche quelli più miseri e raffazzonati) erano venduti in tutto il mondo perché avevano una forza e una originalità che li rendevano unici.
E’ però evidente che alla commedia sexy Giusti ha dedicato una particolare attenzione. Il dizionario dettagliato di tutti i film inscrivibili in questo genere sono preceduti da una documentatissima introduzione nella quale si ripercorrono quegli anni con un’ottica nuova e decisamente non banale. La commedia sexy è infatti considerata da Giusti una sorta di cartina di tornasole per raccontare come si evolveva il costume in Italia.
Sono registrati con precisione i sequestri, le cause intentate, i pretori moralisti che riempivano le pagine dei giornali; ma anche la nascita delle riviste sexy e soprattutto la presenza sempre più importante di scene di sesso spinto anche nel cinema d’autore. Non si parla solo di Edwige Fenech e di Barbara Bouchet, ma si analizza anche come Pier Paolo Pasolini e Bernardo Bertolucci abbiano loro malgrado influenzato le commedie fescennine (quando il primo diresse il Decameron, innescò una gara a chi faceva uscire imitazioni povere e destituite di ogni ambizione che non fosse quella di strappare qualche risata e di mostrare qualche nudità; quanto al secondo, Ultimo tango a Zagarol con il solitario Franco Franchi e la conturbante Martine Beswick è diventato negli anni un titolo quasi altrettanto famoso del plurisequestrato Ultimo tango a Parigi).
Il punto di partenza di Giusti è lo stesso dei suoi volumi precedenti dedicati al cinema popolare: negli anni Sessanta e Settanta la forza del cinema italiano consisteva nella mancanza di barriere tra il cinema «alto» (intellettuale, ricco, ben curato) e il cinema «basso» (girato in fretta, senza troppe pretese). Erano due mondi contigui, che si parlavano e che interagivano molto più di quanto si pensasse (e di quanto la critica tradizionale, sempre molto ideologica e altezzosa, si accorgesse).
E il sesso diventa una componente sempre più importante per il nostro cinema. Come scrive lo stesso Marco Giusti, «tra la fine degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta l’Italia, sia quella povera e cattolica del dopoguerra sia quella più ricca e non troppo meno cattolica e democristiana del boom economico, grazie alla rivoluzione culturale del 1968, agli acidi, a Jean-Luc Godard, a Carosello, a Wilhelm Reich, al PCI, alla minigonna, al rock inglese scopre il sesso, il peccato e l’erotismo».
Un’onda che coinvolge in primo luogo il cinema ma anche le edicole: e infatti Giusti fornisce ampia documentazione su rotocalchi e fumetti sempre più spinti che escono contemporaneamente. La forza del suo ragionamento è nel saper coniugare i successi di Fellini, di Pasolini e di Bertolucci con quelli di Edwige Fenech e di Barbara Bouchet: e questo partendo dalla constatazione che il pubblico che vedeva i film degli uni e delle altre era in gran parte sovrapponibile. Le attrici, in effetti, sono molto importanti.
Titoli ormai mitici come Quel gran pezzo della Ubalda tutta nuda e tutta calda e La signora gioca bene a scopa? vedono Edwige Fenech protagonista assoluta. I film sono prodotti da Luciano Martino, un genio nel creare titoli con il doppio senso ma anche un intellettuale sorprendentemente raffinato. Aveva iniziato scrivendo sceneggiature impegnate assieme a Pier Paolo Pasolini e forse a quel suo passato allude il personaggio interpretato da Oreste Lionello nel secondo dei due film citati: è infatti uno sceneggiatore politicamente impegnato che afferma sicuro: «Io scrivo film di rottura» con la cameriera che gli termina beffarda la frase: «…di coglioni!».
Le attrici avevano cachet abbastanza elevati (la Fenech si aggirava sui 70 milioni di lire a film, Gloria Guida ne prenedeva circa 50, più in basso troviamo le altre tra le quali spicca Femi Benussi, che si spogliava per 20 milioni ma che aveva al suo attivo anche un ruolo importante proprio per Pasolini). Oggi la Fenech, come la Bouchet o la Guida, sono considerate delle signore dello spettacolo. E la stessa sorte è capitata ad alcuni dei loro colleghi maschi dell’epoca, primo tra tutti Lino Banfi che è diventato un po’ il nonno degli italiani.
Banfi, come molti dei suoi colleghi che vediamo in ruoli di varia pezzatura in queste commedie, si era formato in una scuola importante quale era l’avanspettacolo: si faceva la fame, si dormiva in pensioni infime mangiando solo piatti di pasta cucinata clandestinamente su un fornelletto, ma se superavi quella scuola poi sapevi fare di tutto.
Anche Lando Buzzanca ricorda gli inizi caratterizzati dalla fame più nera: poi sotto la guida di Marco Vicario diventerà Homo eroticus, vantandosi di prendere per ogni suo film un cachet che non doveva essere inferiore a quello che percepiva Gian Maria Volontè fresco di premio Oscar. La maggior parte dei nomi che troviamo nelle commedie sexy diventeranno poi negli anni Ottanta, quando il genere si esaurisce, i protagonisti delle televisioni private, in particolare di Mediaset.
Quando Colpo grosso di Umbero Smaila attizza gli italiani, l’idea del sesso come trasgressione appartiene al passato: negli anni dell’edonismo reaganiano (mai definizione fu più beffarda ma anche più felice) i Peccati in famiglia (altro titolo indimenticabile) non hanno più senso, la morale è cambiata e con essa anche il senso comune del pudore. Però pensiamoci: quel filone prende il via dalla Antonelli di Malizia, diretto dal regista sessantottino Salvatore Samperi, mentre nel decennio successivo i moralisti diventano proprio alcuni eredi del ’68…