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 2019  dicembre 22 Domenica calendario

Intervista a Laurent Simons, il bambnio più intelligente al mondo

Il bambino più intelligente del mondo si alza a mezzogiorno, fa i capricci per non mangiare l’insalata e si diverte un sacco a premere, per scherzo, tutti i tasti dell’ascensore dell’università di Eindhoven. Del resto ha nove anni. E se a questa età hai già dato 38 esami della facoltà di Ingegneria elettrica, hai un quoziente intellettivo di 145, fabbrichi prototipi di chip cerebrali e sei ricercato dai migliori atenei del pianeta, le bizze si tramutano in sfumature di genialità.
«Sono Laurent Simons, sono nato a Ostenda in Belgio, il 26 dicembre compirò dieci anni e sì, so di avere qualcosa di molto speciale». Quel qualcosa, cioè una memoria surreale (legge un tomo di 300 pagine di fisica nell’arco di un pomeriggio, e se lo ricorda tutto) unita a una prodigiosa capacità di connettere numeri e formule, lo ha fatto diventare un caso internazionale. Dottori e psicologi non sanno spiegare l’origine del suo talento, che va ben oltre la categoria dei gifted children, gli alunni plusdotati riconosciuti dalle Accademie. Per tutti è il “nuovo Einstein”. Forse lo è, forse non lo è ma lo diventerà, o forse un giorno mollerà i libri per fare il pilota della Ferrari, «l’unica cosa per cui potrei smettere di studiare».
Qualunque sia il destino che lo aspetta, è un bambino con una meravigliosa storia da raccontare. Lo incontriamo insieme ai genitori Alexander e Lydia – lui dentista belga, lei assistente odontoiatra olandese – nella casa del produttore Pietro Valsecchi, che vuole girare un documentario e un film sulla sua vita.
«È la seconda volta che vengo a Roma – dice Laurent – mi piacciono il Vaticano e il Colosseo. Vorrei incontrare Papa Francesco per fargli benedire la mia intelligenza e per dirgli che è al servizio dell’umanità: se un giorno inventerò qualcosa di grandioso, lo metterò in rete a disposizione di tutti».
Cosa vuoi inventare?
L: «Organi artificiali che sostituiscano quelli reali. Così anche i miei nonni potranno vivere più a lungo».
Padre: «Siamo una famiglia molto religiosa, di fede battista. Crediamo nel karma. La benedizione del Papa potrà mantenere il dono di Laurent puro come è adesso».
Già lavori al tuo progetto?
L: «Non ancora. Prima di lasciare l’università di Eindhoven stavo costruendo il prototipo di un chip in grado di monitorare e stimolare, uno per uno, i neuroni del cervello. Serve per studiare gli effetti dei medicinali sul corpo umano».
Cos’è successo con l’università?
P: «Mio figlio ha iniziato a frequentarla nel marzo del 2019, e la direzione dell’Ateneo ci aveva assicurato che avrebbe potuto ottenere il bachelor’s degree (il diploma di laurea triennale, ndr ) in dieci mesi. Un paio di settimane fa, invece, quando ormai gli mancavano due esami minori, gli hanno spostato il termine a metà del 2020: sei mesi dopo quanto ipotizzato».
Perché?
P: «Non ci hanno dato spiegazioni plausibili. Sospetto che sia dovuto al fatto che Laurent ha detto loro di voler fare il dottorato in America».
Ma perché tanta fretta? Per battere l’attuale record detenuto da un ragazzo laureatosi a 10 anni?
Mamma: «So che gira questa voce ed è offensiva. Del Guinness non ce ne importa niente, è roba per chi mangia 20 hamburger in un minuto».
P. «Ci può anche impiegare cinque anni, se viene bocciato o se smette di frequentare. Non però per una decisione unilaterale della Facoltà. Se avesse voluto solo battere un record, non avrebbe fatto una vacanza di sei mesi nel 2018, dopo aver concluso in appena 18 mesi la scuola superiore».
C’è il rischio di soffocare la sua infanzia col peso emotivo delle aspettative, non credete?
P: «Ma chi gli sta mettendo davvero pressione? Noi, che gli diciamo di uscire di casa e godersi la vita, o chi lo voleva far rimanere altri 6 mesi all’università?»
Adesso cosa farai, Laurent?
L: «Credo che andrò negli Stati Uniti, e sono molto contento...»
P: «Stiamo valutando tre offerte, ma attraverso Valsecchi stiamo per entrare in contatto anche con un ateneo italiano. Chissà, forse nostro figlio sceglierà il vostro Paese».
Laurent è un bambino davvero educato e lo dimostra al ristorante, durante la cena. Siede composto, ordina timidamente una margherita su cui poi svuota la bottiglia di tabasco («sono goloso di pizza, pasta e hamburger»), addirittura ci chiede il permesso di usare il telefonino (ha un profilo Instagram con 60 mila follower, sullo smartphone ha scaricato una quindicina di app di giochi, tra cui Minecraft, il preferito). Ha macinato esami di Ingegneria elettrica grazie alla sua personale “routine dei cinque giorni”.
L: «Il lunedì vado all’Università per l’introduzione al corso, il martedì lo passo in laboratorio, il mercoledì lo dedico allo studio, il giovedì pongo domande ai professori, il venerdì faccio il test scritto».
Studi un’intera materia in un giorno solo?
L: «Sì»
P: «Lo so, è incredibile... Gli altri studenti impiegano dalle 8 alle 12 settimane per prepararsi, lui invece è come una fotocopiatrice: le pagine gli si stampano nella mente»
Come fa con le lezioni a frequenza obbligatoria?
P: «Le segue online, accelerando i filmati delle spiegazioni al doppio della velocità normale».
Quanto ci metti a imparare un libro di 300-400 pagine?
L: «Più o meno cinque ore. Mi ricordo tutto ciò che mi piace».
E cosa non ti piace?
L: «Studiare le lingue (parla inglese e fiammingo, ndr ) e la letteratura.
Anche l’esame di Etica non mi piace. I romanzi, le favole... non mi piacciono proprio. Per me gli scacchi sono il gioco più noioso al mondo. Non suono neanche uno strumento musicale. Però mi piacciono i fumetti di Paperino».
Cosa fai quando non ti prepari per l’esame?
L: «Mi sveglio tardi, verso le undici o mezzogiorno. E vado a letto tardi, all’una di notte. Gioco coi miei amici, con i miei due cani Sammy e Jo.
Quando posso guido i go-kart: la velocità mi emoziona. Faccio il tifo per Vettel della Ferrari».
M: «Ha cinque amici cui è molto legato, quando sono insieme è un bambino come gli altri: non parla mai di matematica o di università con loro. Riesce a tenere le sue due vite separate».
Quando vi siete accorti di avere un genio in famiglia?
M: «Prima di noi, lo hanno capito le maestre dell’asilo. Pensavamo che fosse solo molto intelligente...».
P: «Lo abbiamo iscritto alla scuola primaria a quattro anni, invece che a sei. Però litigava con i compagni, perché li riteneva troppo lenti per cui si annoiava. Allora gli insegnanti lo hanno messo da solo in un’aula separata. Agli altri davano da studiare un capitolo al giorno, a lui un libro al giorno».
Come ti vedi da grande, Laurent?
L: «Voglio un laboratorio tutto mio»