la Repubblica, 22 dicembre 2019
Il mare è salito di 20 centimetri in 133 anni
In un casottino di cemento sul molo Ponte Morosini, accanto alle sedie di un bar e sotto le case rosse che si affacciano sul porto antico, uno strumento imperturbabile e silenzioso misura il livello del mare. Un galleggiante appeso a un filo attraverso il pavimento tocca la superficie dell’acqua all’interno di un pozzetto che lo isola dalle onde. Il filo sale e scende con le maree e un’apparecchiatura digitale trasmette i dati al forte San Giorgio, sede nazionale dell’Istituto Idrografico della Marina, che registra il livello medio del mare dal 1884 a oggi. A guardare il grafico sembra di leggere la cartella clinica di un malato grave. Il mare è salito di 20 centimetri in 133 anni. E il problema è che la febbre non passa, ma cresce sempre più in fretta.
I dati del mareografo di Genova, uno dei più longevi al mondo, smentiscono anno dopo anno i negazionisti che non credono al riscaldamento globale e allo scioglimento dei ghiacci, causa principale dell’innalzamento delle acque. C’è chi ha messo in dubbio i numeri e le previsioni dell’Ipcc, il foro scientifico dell’Onu per lo studio dei cambiamenti climatici, che lancia un nuovo allarme nel rapporto speciale del 2019 sugli oceani e la criosfera. Gli esperti scrivono che se non verranno raggiunti gli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi per limitare a 1,5° l’aumento della temperatura globale rispetto all’era preindustriale, il mare nel 2100 sarà fra i 43 e gli 84 centimetri più alto rispetto alla media 1986-2005. È una previsione esagerata? Repubblica ha chiesto all’Istituto Idrografico della Marina, che gestisce il mareometro di Genova, di interpretare una delle più lunghe e complete serie di dati disponibili in Italia. «Questa curva documenta l’effetto integrato delle variazioni climatiche di lungo periodo», spiega Paola Picco, docente di Oceanografia fisica distaccata all’Istituto. In uno studio firmato nel 2007 da Maurizio Demarte e altri autori, l’Idrografico calcolava che fra il 1928 e il 2006 l’innalzamento medio annuo del mare è stato di 1,1 millimetri. Ma se consideriamo l’intervallo 1999-2015, il ritmo di crescita tendenziale misurato a Genova sale a 3,2 millimetri l’anno, in linea con quello calcolato dall’Ipcc nel mondo e tre volte l’andamento dei decenni precedenti. La curva decolla pericolosamente. La “massima” è stata raggiunta nel 2010: 26 centimetri sopra la “minima” del 1894. Nel solo 2018 il mare si è alzato di 6 centimetri rispetto all’anno precedente: un picco, certo, come se ne vedono anche in senso contrario, ma la tendenza è ancora a salire.
Genova ha sempre fatto scuola per queste misurazioni. Nel 1954 la Commissione geodetica nazionale decise di prendere a riferimento il mareografo di allora, un Thomson 1887, come “livello zero” su cui misurare le altitudini di tutte le montagne italiane. La cima del Monte Bianco, per esempio, è 4.810 metri sul livello medio del mare registrato a Genova fra il 1937 e il 1946 e segnato su una piastrina di riferimento ancora saldamente fissata nel casottino di ponte Morosini. Dal febbraio 2012, dopo 113 anni di servizio, il vecchio e glorioso strumento di ottone è stato sostituito da un nuovo mareometro digitale, controllato da un’apparecchiatura radar. Lo gestisce Luca Repetti, capo ufficio piani e sviluppo scientifico del reparto geofisica marina e oceanografia dell’Istituto Idrografico della Marina.
I dati sono inconfutabili, insomma. Ma vanno ripuliti da tutti i “rumori” che li condizionano. La pressione atmosferica, in primo luogo: ogni millibar in meno fa salire la superficie dell’acqua di un centimetro circa e viceversa. Poi ci sono fenomeni estremi, anch’essi legati ai cambiamenti climatici, che spostano grandi masse d’acqua e alterano le misurazioni sia pure per poco tempo. La burrasca del 29 ottobre 2018 che distrusse il porto di Rapallo, per esempio, fece salire di 76 centimetri il livello del mare nel porto di Genova. È lo storm surge, in italiano “onda di tempesta”.
In un lavoro del 2017 pubblicato da Earth-Science Reviews, Susanna Zerbini, Fabio Raicich e altri studiosi hanno comparato i dati dei più vecchi mareografi nel Mediterraneo: oltre a Genova, quelli di Ravenna Porto Corsini dell’Ispra (1873), Trieste dell’Ismar-Cnr (1869), Venezia, Alicante e Marsiglia. Al netto delle variazioni barometriche e di altri “rumori”, tutti gli strumenti raccontano più o meno la stessa storia: tra la fine dell’Ottocento e il 2012 il Mediterraneo si è innalzato di 1,2-1,3 millimetri l’anno. Ma negli ultimi decenni il ritmo di crescita è aumentato. E all’orizzonte non si intravede nulla di buono.