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 2019  dicembre 22 Domenica calendario

Biografia di suor Maria Simona Petra (Maria Luisa Galli)

Suora, parlamentare radicale, e poi di nuovo suora. Contestatrice tanto da abbandonare il velo, politica attiva per i diritti civili, e poi monaca di clausura. Suor Maria Simona Petra è morta pochi giorni fa dietro le mura del convento benedettino «Mater Ecclesiae» sull’isola di San Giulio a Orta (in provincia di Novara), dove si era ritirata da 32 anni, e con lei se ne è andata Maria Luisa Galli, negli anni Settanta bandiera del partito di Marco Pannella.
«Non ci ardeva forse il cuore nel petto?» è la dedica che le hanno rivolto ieri mattina durante il funerale le consorelle, ricordando la sua vita «movimentata», ma sempre rivolta a fare il bene del prossimo. «È stata una donna dalla religiosità granitica che andava oltre i luoghi comuni, e dal carattere altrettanto forte» racconta chi la conosceva bene.
Un carattere così forte che nella vita l’aveva portata a fare scelte decisamente fuori dal comune. Nata a Inverigo (Como) il 6 agosto nel 1930 sin da bambina manifestò il suo impegno umanitario dedicandosi alla preparazione di indumenti per i soldati al fronte che spediva insieme a bottigliette di cognac. Laureata in Filosofia a Urbino, entrò nella congregazione delle Minime oblate del Cuore immacolato di Maria e fu missionaria in Africa. Nei primi anni Settanta fu una delle esponenti del dissenso cattolico: da direttrice di una casa religiosa prese come educatori cinque obiettori di coscienza e nel 1974 si schierò per il «no» al referendum abrogativo del divorzio. Poi l’incontro con Marco Pannella, la battaglia per la legalizzazione dell’aborto, le manifestazioni anticlericali del Fronte unitario omosessuale rivoluzionario, i digiuni per i diritti dei carcerati. Le sue dichiarazioni, le critiche al Vaticano e l’apertura al sacerdozio femminile facevano scalpore: «Anch’io sono anticlericale, un vero cristiano non può non esserlo se con ciò si intende la lotta contro l’aspetto temporale e magico-sacrale della Chiesa».
Lasciò la congregazione e per dieci anni sedette in tailleur sui banchi di Montecitorio. Preparò il debutto in Aula studiandosi a memoria il regolamento della Camera. «Noi Radicali andiamo sempre a spulciare per trovare la possibilità di non essere zittiti dopo il primo round» raccontava sorridendo a chi le chiedeva della sua nuova vita. A Roma viveva sola in un appartamento di due stanze perché «non potrei vivere in una comune di compagni, la sera mi ritiro in me stessa». Furono anni di battaglie ma anche di grandi difficoltà. Da una parte c’era chi voleva strumentalizzarla, dall’altra chi cercava di delegittimarla. «Torna in convento» era una delle espressioni che spesso le venivano rivolte nei corridoi della politica o nelle manifestazioni di piazza.
Nel 1980, non condividendo più alcune posizioni di Pannella, passò nel gruppo parlamentare degli «indipendenti di sinistra» e si candidò con Democrazia proletaria. «Sono entrata in contatto con tanto dolore umano, un dolore diverso da quello dei miei mutilatini di guerra – scriveva descrivendo il suo impegno politico -, ma era pur sempre dolore crocifiggente e, spesso, degradante della dignità umana». Nel 1986 era pronta per una nuova svolta, ispirata dall’allora arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini. «In lei era tornato forte il desiderio della vita contemplativa – ricordano le monache che le sono state accanto -. Fece un periodo di riflessione in Terra Santa e poi, su suggerimento del cardinale Martini, venne a visitare il nostro monastero». Entrò la prima volta nell’abbazia circondata dalle acque del lago d’Orta il 6 agosto del 1987, stregata dal carisma della fondatrice Anna Maria Cànopi e l’anno successivo rivestì l’abito monacale. Per lei venne scelto il nome di Maria Simona Petra, in onore dell’apostolo Simon Pietro. «Portò in monastero la sua straordinaria testimonianza di fede che l’aveva sempre sorretta e ci fece condividere il dolore provato per i fratelli più deboli» ricordano ancora le consorelle. Ai giornalisti che le domandavano che fine avesse fatto l’onorevole Galli rispondeva declinando l’invito a farsi intervistare. E firmando con il suo nuovo nome.