il Giornale, 21 dicembre 2019
I Dem vogliono regalare 15mila euro ai ragazzi che compiono 18 anni. Ma i 9 miliardi che servirebbero non ci sono
Gli esponenti del Pd non perdono occasione per ricordarci che, alla fine, sono i soliti comunisti di un tempo appena un poco «aggiornati» nel linguaggio. Ne è l’ennesima riprova la proposta avanzata da Maurizio Martina, che vorrebbe introdurre un’eredità di cittadinanza per tutti i diciottenni, così da sostenere la loro autonomia e realizzare un’autentica cittadinanza. L’idea è che, al compimento dei 18 anni, ogni ragazza e ogni ragazzo ricevano una somma di 15mila euro che permetta loro di guardare al futuro con serenità. Questi soldi potrebbero servire per gli studi universitari oppure per avviare un’attività. Martina è talmente innamorato di questa eredità finanziata con i soldi altrui da sostenere che «maggioranza e governo dovrebbero partire proprio da qui».
Tutto bene? Non proprio. Secondo i conti dello stesso «Forum Disuguaglianze e Diversità», che ha ispirato il progetto, l’iniziativa costerebbe 8,8 miliardi di euro e questi soldi non ci sono proprio, come s’è visto nelle scorse settimane quando le forze di maggioranze si sono scontrate di continuo per mettere assieme un bilancio che, comunque, disegna prospettive cupe per l’economia, soprattutto in virtù di una tassazione tanto alta.
Gli eredi del partito che fu fondato nel 1921 da Togliatti, Bombacci e Gramsci non capiscono che, quando si mina la proprietà, a patire le conseguenze peggiori sono proprio i più deboli. La proposta è quindi per metà figlia di un’ideologia fallita, ma per l’altra metà risponde a logiche di bassa politica. Se i Cinquestelle hanno conquistato voti con il reddito di cittadinanza, ora gli ex-comunisti replicano con questa sorta di eredità di Stato. Di continuo sollecitati a «dire qualcosa di sinistra», ora hanno tirato fuori questo progetto che non ha alcuna possibilità di essere varato, ma serve a scaldare i cuori di quanti detestano il mercato e vorrebbero politicizzare ogni cosa.
È comunque preoccupante che in Italia permangano visioni tanto liberticide. Anche senza avvedersene del tutto, infatti, i fautori di questa «eredità di cittadinanza» non solo intendono estendere ancora di più l’area del pubblico a scapito di quella degli individui, ma si propongono di minare ancor più la famiglia. Sul piano economico, in effetti, l’eredità è uno degli istituti che più rafforza le relazioni tra i genitori e i figli.
L’idea di un’eredità sganciata dai rapporti familiari implica non solo un ulteriore attacco alla proprietà e quindi alla libertà dei singoli, ma comporta pure una marginalizzazione del legame tra genitori e prole. D’altra parte, da Jean-Jacques Rousseau a John Rawls vi è tutta una linea di pensiero che in nome della giustizia sociale tende a costruire un primato della società e dello Stato sui nuclei familiari.
Per fortuna, i soldi non ci sono. Lo stesso bonus cultura riservato a quanti compiono 18 anni, che in un certo senso anticipava (anche se in tono minore) questa proposta, è stato ridimensionato. Quando si deve grattare il fondo del barile, è ovvio che riforme come questa vengono avanzate solo per occupare qualche pagina di giornale e cercare qualche cliente. Non chiamatelo, però, voto di scambio: per la sinistra, si sa, il voto di scambio è solo quello degli altri.