Libero, 21 dicembre 2019
Piazza Affari è crescituta del 31%. Era da più di vent’anni che non succedeva
Fa sempre più rumore un albero che cade, rispetto a una foresta che cresce. Infatti le nostre attenzioni sono focalizzate su Alitalia, Ilva, Popolare di Bari e su altre 150 crisi aziendali aperte e mai chiuse in Italia. Non guardiamo invece ai rigogliosi alberi che compongono il parco di Piazza Affari. Da inizio anno la nostra piccola Borsa è cresciuta del 31%. Bisogna tornare indietro di 20 anni, tipo al +41% del 1999, per godere di performance simili. All’epoca era appena nata la cosiddetta new economy, internet. Ora invece gli ingredienti del rally sono altri: in primis il costo del denaro sotto zero. Le nostre aziende possono ottenere denaro a gratis per investimenti e riacquisto titoli e se poi avessero dei debiti, beh..., costano meno. Inoltre con tassi di interesse nell’area euro negativi, i titoli di Stato – sì, addirittura i nostri – rendono sempre meno. Esempio: se ora investi 10mila euro su un bond decennale tedesco, nel 2029 porterai a casa più o meno 9500 euro. Ci perdi. Se acquisti un Btp tricolore, sempre con i soliti 10mila, fra dieci anni incasserai 10.500 euro circa. Però fra tasse e inflazione persa, in pratica ci hai leggermente rimesso. E allora, vai col rischio. La Borsa è per antonomasia il terreno finanziario più volatile, tuttavia è fra i più sicuri, nel senso che in maniera trasparente ogni secondo, ogni ora, ogni giorno, puoi controllare come si stanno comportando i tuoi soldi. Mentre le azioni delle società non quotate, vedi le banche venete o la Popolare di Bari potrebbero – com’è capitato – rimanere congelate. E bruciare tutti i risparmi. A Piazza Affari si perde, certo, ma le perdite si possono limitare, mentre fuori dalla Borsa, in caso di crisi aziendale, sei certo di vedere in fumo l’investimento. GLI AVVOLTOI? Che poi non è vero che Piazza Affari è un posto infestato da lupi mannari e avvoltoi privi di scrupoli. Semplicemente chi compra vuole certezze di guadagnare, chiede roba buona, che renda dividendi. E a Milano è pieno di società che distribuiscono generose cedole (l’altro giorno abbiamo letto che Fiat darà ai soci 6,6 miliardi), da Intesa Sanpaolo fino alle classiche Generali, Eni, Enel. Vogliamo parlare poi di autentici gioielli come Luxottica, ora Essililux, oppure di Amplifon, che non sente crisi? La regina comunque quest’anno è Azimut, società di gestione del risparmio: +130% circa. D’altronde, se il listino tira, vola anche chi vende ai propri clienti il listino stesso. Il boom di Piazza Affari deve farci riflettere: 1) Non siamo un Paese da buttare. Anzi, se usciamo dalle blue chips, ovvero i primi 40 titoli per capitalizzazioni, scopriamo un mondo meraviglioso: lo Star, il quale come dice il nome stesso è una stella. Dentro questo paniere scoviamo parecchie società che tengono in piedi l’Italia, nonostante le folli regole Ue, le tasse imposte dai governi e la burocrazia scandalosa che ci circonda. E poi c’è l’Aim, il mercato delle piccole piccole, il quale causa grillini si era leggermente bloccato. L’anno scorso i gialloverdi misero dei paletti ai Pir, ovvero i fondi che per legge investono proprio nelle aziende made in Italy. Adesso, grazie all’interessamento di Forza Italia, si sono rimediati agli errori e si prospettano nuovi investimenti azionari (e quindi rialzi) sulle sane imprese di piccola-media dimensione che si quoteranno. Con i soldi dei risparmiatori italiani. Un circolo virtuoso. 2) La Brexit, le minacce di Trump, il pericolo populista, i dazi... tutte queste litanie che ci propinano i soloni sui mass media sono ridicole. I soldi vanno dove si pensa si potranno generare altri soldi. Se Donald fosse un pericolo, sarebbe crollato tutto dopo la sua elezione, mentre Wall Street colleziona un record dopo l’altro. E la City londinese non è andata in malora per colpa di Johnson o degli “ignorantoni” che desideravano scappare dall’euro gabbia. Anzi. 3) Se Milano è la terza Borsa mondiale per performance, dopo il Nasdaq e la cinese Schenzen, significa che i politici nostrani contano nulla. Abbiamo assistito in questo 2019 a ribaltoni e nozze improbabili tra partiti. Tuttavia Piazza Affari è andata per la sua strada. Questo perché comandano sempre meno i governi e sempre più le banche centrali. QUANTO DURERÀ? Ecco, durerà questa luna di miele a Piazza Affari? La storia insegna che durante i rialzi si formano le bolle. L’anno scorso parecchi esperti erano pessimisti sul 2019, ed è andata al contrario. In tanti adesso sono ottimisti sul 2020. Diffidare dunque. Dopo 11 anni di rally, Wall Street potrebbe tirare il fiato. Ci sono le elezioni Usa e i candidati democratici, sbilanciati a sinistra, fanno paura al mercato. E poi attenti ai robot: oltre la metà dei fondi americani è gestito da algoritmi, robot. Nel caso di una discesa degli indici, le macchine potrebbero amplificare i ribassi, generando un vero e proprio crollo. Resta il fatto che finché il denaro in giro per il mondo occidentale è gratuito, è difficile prevedere un crac. Una cosa è sicura: non esistono disastri annunciati. Come non esistono i rally annunciati. Chi è salito sul treno della Borsa quest’anno festeggerà meglio il Natale. Chi invece, attratto da soldi facili, salirà sulle carrozze in corsa, rischia di rimanere quello che paga per tutti. Occhio.