Corriere della Sera, 21 dicembre 2019
Sulle casalinghe della Napoli bene
Antropologia light. Nel corso degli anni, Real Time ha dato vita a una fisiologia della Napoli contemporanea, viva e colorata, capace di contemplare i molti umori della città, giocando con i cliché senza restarne mai imprigionati. Dopo aver a lungo esplorato il «basso», si passa ora all’alto: dalla Sonrisa di Sant’Antonio Abate, in provincia, ci s’innalza ora verso Chiaia e Posillipo, con le vite patinate delle Real Housewives di Napoli, nuovo programma che racconta la vera quotidianità di cinque donne dei «quartieri alti», molto ricche, molto rifatte, molto spregiudicate, con una dose di autostima parecchio sopra la media (le prime puntate sono in esclusiva streaming su Dplay Plus).
Osservando il cast, si capisce che le cinque hanno provenienze molto diverse, l’alta società si mischia con una ricchezza dalle origini ben più recenti (matrimoni, business azzeccati, e via così) generando curiosi incroci. Tra le cinque c’è anche Noemi Letizia e la vera notizia è che del suo passato importa ben poco alla luce dell’eccentricità del presente. Rispetto ai promessi sposi della Sonrisa, cambiano la cartografia urbana e gli stili di vita, ma gli immaginari e le aspirazioni delle Casalinghe (che in realtà lavorano tutte, forse per hobby) restano in fondo gli stessi, in un trionfo di paillettes, di case baroccheggianti dove il minimalismo milanese non è mai arrivato, di arredi sfarzosi e di fuochi d’artificio. Dopo aver osservato le cinque fare shopping, massaggi, punturine vitaminiche, tutto condito da ricchi gossip, tra qualche fragilità di scrittura di troppo, resta l’impressione che sia molto più difficile narrare in modo convincente l’alto che il basso.
Real Housewives di Napoli, cui occorre ancora una messa a punto, è tratto da un celebre format americano la cui versione più importante è ambientata in California: che Napoli sia la Los Angeles d’Italia?