Corriere della Sera, 21 dicembre 2019
Intervista e Eleonora Abbagnato (che se ne va in pensione)
«Sto preparando quest’addio come se organizzassi il mio matrimonio. Verranno a festeggiarmi i miei partner storici, da Nicolas Le Riche a Benjamin Pech e Manuel Legris, arriveranno i pullman dalla Sicilia…», ride Eleonora Abbagnato da un taxi che, nel traffico parigino, la sta portando a ritirare la medaglia di Ufficiale dell’Ordine delle Arti e delle Lettere per i servizi resi alla Francia, la seconda onorificenza assegnatale dal Ministro della Cultura dopo il titolo di Chevalier dans l’ordre national du Mérite conferitole nel 2010, voluto da Sarkozy per la sua carriera all’Opéra di Parigi.
Sarà la ciliegia sulla torta della festa in suo onore programmata per lunedì prossimo al Palais Garnier, leggendario tempio del balletto, sempre che lo sciopero che sta paralizzando la Francia per la riforma delle pensioni non annulli la recita: nel qual caso, la serata d’addio avverrà entro il 30 giugno, data in cui scade il contratto parigino in coincidenza del 42° compleanno della bionda e volitiva Eleonora. Così Parigi si prepara a salutare l’italienne, la prima ballerina del nostro Paese ad aver raggiunto il vertice della carriera tersicorea, crescendo all’interno della storica istituzione francese, da petit rat (il soprannome affettuoso degli allievi) dell’École al rango di étoile del Ballet de l’Opéra, guadagnato «sul campo», al termine della Carmen di Roland Petit, suo pigmalione, nel 2013.
Per lei si chiude un ciclo: andrà in pensione a 42 anni, limite della carriera a Parigi sia per le donne che per gli uomini.
«Sì, è l’età giusta per salutare il pubblico parigino, anche se molti di noi sono così in forma che potrebbero andare avanti fino a 45 anni. In questi giorni, i ballerini dell’Opéra stanno scioperando contro la riforma nazionale delle pensioni: come potrebbero continuare a danzare fino a 65 anni?».
Tra i momenti indimenticabili che la legano a Parigi quale le sta più a cuore?
«Ricordo l’emozione che ho provato quando Pina Bausch mi scelse per la sua Sagra della Primavera. Avevo 18 anni ed ero nel corpo di ballo: fu un fatto rivoluzionario perché Pina non rispettò la gerarchia interna della compagnia e scelse in base alla personalità dei danzatori».
Danzerà «Le Parc» di Angelin Preljocaj. Nel momento clou, i due innamorati vorticano in un bacio surreale: lei si solleverà come in un quadro di Chagall. Il bacio più copiato della danza…
«Si chiama l’“envol”, il volo. Difatti volo verso un’altra strada… Un balletto perfetto su musica di Mozart, creato per una grande interprete, Isabelle Guérin: lo interpreterò in coppa con Stéphane Buillon».
L’addio parigino è una svolta, come è stato per Bolle lasciare, pochi mesi fa, l’American Ballet Theatre di New York…
«Ora mi dedicherò al cento per cento all’Italia, ho mille progetti tra cui un nuovo balletto, Lucrezia Borgia, regia e coreografia di Giuliano Peparini, e un film sulla mia infanzia e il mio inizio a Parigi: si intitolerà Étoile, diretto da Irish Braschi: stiamo facendo le audizioni per trovare una bambina di solida formazione classica che interpreterà me da piccola. Mi auguro che questo film contribuisca ad avvicinare tante bambine al balletto».
Ha però già recitato sul grande schermo, in «Il 7 e l’8» di Ficarra e Picone.
«Sono vecchi amici palermitani, ci siamo divertiti. Certo, il cinema mi tenta. Intanto, però, c’è l’impegno della direzione del Balletto dell’Opera di Roma, un ruolo che mi appassiona: adoro stare in sala ballo a lavorare con la compagnia».
Un ruolo in cui è stata riconfermata fino al 2021, ma che comporta anche insidie e tensioni.
«Ogni rosa ha le sue spine: è così ovunque, perché i ballerini vorrebbero essere sempre in scena. Non mi spavento: mi piace che nella vita ci siano tensioni da affrontare, mi tengono viva».
A una bambina che sogna di diventare ballerina cosa consiglierebbe?
«Le darei lo stesso consiglio che ho ricevuto dalla direttrice dell’École Claude Bessy: essere forte dentro per andare per la propria strada, essere un po’ ribelle e fare anche di testa propria. E sapersi difendere, perché non è facile essere al centro dell’Opéra. Senza aspettare, come dice il grande Jirí Kylián, che qualcuno ti ringrazi nel mondo della danza. È la gente per strada a ringraziarti».