la Repubblica, 22 dicembre 2019
Sodano esce di scena
CITTÀ DEL VATICANO – La sua nomina nel 1991 alla guida della Segreteria di Stato vaticana rappresentò il ritorno Oltretevere della realpolitik, l’epoca del consolidamento dopo le spinte verso i confini del mondo mosse da Agostino Casaroli nei primi ruggenti anni del pontificato di Giovanni Paolo II. È un’immagine che Angelo Sodano, 92 anni, piemontese ma cittadino vaticano d’adozione, ha continuato ad alimentare anche una volta lasciata la segreteria di Stato nel 2006, nei pontificati vissuti quasi da pensionato di Ratzinger e Bergoglio, fino alla rinuncia all’ultimo incarico che gli era rimasto, l’addio annunciato ieri da Francesco al ruolo di decano del collegio cardinalizio, seconda rivoluzione papale in pochi giorni dopo l’annullamento del segreto pontificio per i crimini di abusi sessuali su minori. Certo, quello di Sodano era un incarico poco più che onorifico, ma di un’onorificenza che pesa se si pensa che fu anche grazie al fatto che spetta al decano presiedere le esequie funebri del Papa quando muore, che Ratzinger (con un’omelia memorabile pronunciata da decano innanzi alla bara di Wojtyla) si lanciò candidato principe nel Conclave del 2005. Francesco ha salutato ieri Sodano con gli onori del caso. E paradossalmente la lettera apostolica con la quale ha stabilito che d’ora in avanti l’incarico del decano non sarà più a vita ma avrà durata quinquennale (eventualmente rinnovabile), rende la figura del porporato piemontese un qualcosa di irripetibile, nonostante nella sua stagione curiale accanto alle luci vi siano state delle ombre. Di queste, del resto, lo stesso Sodano ha avuto modo per primo di ripensare in questi anni quando, colbacco in testa, è uscito per delle passeggiate dall’appartamento di un nobile palazzo che condivide con l’amico piemontese Giovanni Lajolo nel cuore dei giardini vaticani. Queste, ancora, gli sono state ricordate anche da alcuni confratelli cardinali, su tutte l’accusa che nel 2010 gli fece l’arcivescovo di Vienna Schönborn di aver offeso le vittime degli abusi sessuali, definendo la vicenda «un chiacchiericcio». Il porporato accusò Sodano di aver insabbiato a suo tempo l’inchiesta sui crimini compiuti dall’allora capo della diocesi viennese, Hans Hermann Groër. Fu davvero così? Difficile rispondere. Sodano, questo è certo, non è stato altro che un fedele esecutore della linea della Chiesa. Allora era costume diffuso non riconoscere la gravità degli abusi, minimizzare, e quindi colpevoli furono tanti. Amici di Marcial Marcel Degollado, ad esempio, il prete abusatore seriale e fondatore dei Legionari di Cristo, erano in diversi. Oltre a Sodano, anche Wojtyla e il suo segretario Stanislaw Dziwisz. Per molti, naturale successore di Casaroli in Segreteria di Stato doveva essere Achille Silvestrini. Ma come ricordano Giacomo Galeazzi e Gianfranco Svidercoschi in “Chi ha paura di Giovanni Paolo II” (Rubbettino), il Papa polacco sparigliò le carte nonostante per molti Sodano fosse stato colpevole di una delle pagine più nere del pontificato. Era il 2 aprile 1987. Durante il viaggio di Wojtyla in Cile era prevista la visita di cortesia al palazzo presidenziale. Nelle prime ore del mattino Pinochet fece trasportare sulla piazza antistante al palazzo presidenziale quasi 7-8 mila persone, tutti sostenitori del governo. Alla fine del colloquio con Pinochet, il Papa venne portato al balcone centrale del palazzo. Venne immortalato insieme a Pinochet in una foto che fece il giro del mondo. Sodano, che era nunzio in Cile, venne accusato di scarsa vigilanza. Ma anche in questo caso è difficile dire se le cose andarono effettivamente così. Probabilmente fu ingannato anche lo stesso porporato. E la nomina a segretario di Stato avvenuta tempo dopo suggerisce che di ciò fu convinto anche Wojtyla. Sodano, per il Papa, fu un uomo d’ordine e tanto bastava. Chiuse la conduzione della segreteria di Stato cercando di avvisare Ratzinger della crisi che avrebbero potuto aprire col mondo islamico la citazione a Ratisbona di un passo di Manuele II Paleologo. Non venne ascoltato. Fu in quel momento che iniziò la conduzione di Bertone nella stessa Segreteria di Stato, una nuova epoca anch’essa contraddistinta da luci e ombre insieme.